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Apertura all'est: ciao vicino!
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Articolo di Redazione
21 febbraio 2012 13:43
 
C'è voluta una generazione per far accettare agli austriaci l'apertura dei confini all'Europa orientale, ma negli ultimi dieci anni l'umore è davvero cambiato. Lo evidenzia un nuovo studio.

Herbert Tumpel, presidente della Camera del lavoro, temeva per "la stabilità sociale" del Paese; Thomas Prinzhorn, ex portavoce economico di Freheitliche Partei Oesterreich (FPOe, destra), giudicava l'allargamento all'est del 1998 "assolutamente superfluo": non avrebbe ravvivato l'economia e in compenso avrebbe pesato sul mercato del lavoro; Joerg Haider, presidente di quel partito, metteva in guardia dall'afflusso di 300.000 immigrati.
Quattordici anni dopo, il quadro è molto diverso e gli scenari paventati non si sono avverati. Anche lo stato d'animo della popolazione è cambiato, secondo l'ultimo studio della Gesellschaft fuer Europapolitik (OeGfE). La "Società austriaca per l'Europa politica" aveva interpellato già dieci anni fa gli abitanti di qua e di là del confine con R.Ceca, Slovacchia, Ungheria. Se allora prevaleva lo scetticismo, oggi c'è un atteggiamento favorevole. Così, il 58% degli abitanti della Bassa Austria, confinanti con la Slovacchia, giudicano "positive" le conseguenze dell'apertura dei confini dopo la caduta della cortina di ferro -è il 19% in più rispetto al 2001. Anche nelle altre regioni di confine c'è stato un mutamento analogo. "Il cambiamento d'umore deriva dai sempre più numerosi contatti personali", spiega Paul Schmidt, Segretario generale di OeGfE. In effetti, il sondaggio conferma che la crescita della positività va di pari passo con l'aumento dei contatti personali.
Oggi gli austriaci trascorrono brevi periodi nelle regioni confinanti molto più spesso di dieci anni fa. E se loro scelgono soprattutto i luoghi turistici, gli abitanti di Cechia, Slovacchia e Ungheria entrano in Austria specialmente per fare acquisti, ciò che alimenta il potere d'acquisto nelle zone austriache economicamente più deboli. Non stupisce perciò che la popolazione locale ne tragga un bilancio positivo per il mercato del lavoro. Il 48% degli interpellati in Alta Austria, il 40% nel Burgenland, il 36% della regione della Bassa Austria confinante con la Slovacchia, e il 34% di quella al confine ceco, parlano di un buon andamento per il mercato del lavoro. Solo una minoranza lo vede come un fattore negativo.
Oltre confine la situazione è valutata ancora più favorevolmente, ad eccezione dell'Ungheria. Il 69% degli slovacchi residenti al confine con l'Austria riconosce che oggi ci sono più opportunità di lavoro. "Le regioni di confine dispongono di un alto potenziale economico e turistico". E' una situazione win-win per ambedue le parti", così Schmidt.
"Là c'è in attesa un milione di persone -disperate in quanto disoccupate", avvertiva il capo della FPOe, Heinz Christian Strache, prima dell'apertura del mercato del lavoro il primo maggio dell'anno scorso. Invece il sondaggio mostra che simili affermazioni non fanno più paura. Il 56% degli austriaci al confine slovacco, e il 63% di quello ceco, calcolano in "poche" ripettivamente "quasi nulle" le forze lavoro che dovrebbero fare i pendolari in Austria. Secondo gli ultimi dati della principale associazione degli operatori di assicurazioni sociali, dal primo maggio sono solo 1.644 ungheresi in più a lavorare nel Burgenland. E sono 1.018 gli slovacchi che hanno avuto un posto di lavoro in Bassa Austria.

Resta la paura della criminalità
Un neo è tuttora la criminalità: la maggioranza della popolazione residente ai confini continua a pensare che sia aumentata da quando c'è stata l'apertura all'est. Per Schmidt c'è "una discrepanza tra la percezione e i fatti reali". Il direttore di OeGfE lo dimostra con il numero di reati nelle zone di confine: tra il 2004 e il 2011 le denunce nei distretti di confine della Bassa Austria e del Burgenland sono decisamente diminuite. Ciò non toglie che i pregiudizi restino.

(articolo di Wolfgang Boehm per Die Presse del 19-02-2012. Traduzione di Rosa a Marca)
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