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Arrivederci presidente Obama
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Articolo di Vincenzo Donvito
18 gennaio 2017 11:42
 
 Novembre 2015. Il presidente Barack Obama e’ sulla copertina di Out, mensile punto di riferimento della comunita’ omosessuale. Una primizia per un presidente Usa. Il titolo: “Il nostro presidente, alleato, eroe, icona”.
4 agosto 2016. Sul settimanale femminile Glamour (versione Usa), Barack Obama, per festeggiare i suoi 55 anni e’ il protagonista di un editoriale. “Continuiamo a trovare incredibile un uomo che cambia un pannolino”. E saluta coloro che hanno combattuto per passare da una "manciata di posti di lavoro sottopagati" a posizioni dominanti. E loda i progressi compiuti nella vita delle donne in "questi cento, cinquanta e anche gli ultimi otto anni." Troppo fresco questo Obama? Si’! Soprattutto quando ricorda di non aver mai nascosto -in gioventu’, ovviamente- di aver provato marijuana e cocaina. E poi, sempre in questo editoriale di Barry, si ricordano le sue posizioni a favore dei gay e della comunita’ Lgbt e delle femministe.
Anche se nel 2008 diceva ancora “io credo che il matrimonio, sia tra un uomo e una donna. Per me, in quanto cristiano, si tratta di una unione sacra”, l’uomo e’ andato avanti. Rispetto al suo predecessore Bill Clinton che sui gay nell’esercito fece approvare il decreto “don’t ask, don’t tell” (“non chiedere nulla, non domandare nulla”). E infatti, quando a giugno del 2015 la Corte Suprema disse ok al matrimonio gay (che fino ad allora era legale solo in 36 dei 50 Stati dell’Unione), non nascose la sua gioia: “Vittoria storica per l’America (…). Quando tutti gli americani sono trattati nello stesso modo, noi siamo tutti piu’ liberi”.
Con le donne. Il 1 dicembre 2008 nomina Hillary Clinton segretario di Stato, e Valerie Jarret all’Ufficio esecutivo del presidente, dove Jarret diviene il principale consigliere della Casa Bianca. Inoltre crea un’ambasciarrice itinerante nel mondo sui problemi delle donne: Melanne Verveer. E poi, nel 2009, la legge che facilita’ le procedure giudiziarie per delle lavoratrici che sono vittime di discriminazioni basate sul sesso (legge Lilly-Ledbetter sull’uguaglianza salariale). E poi il Consiglio della Casa Bianca sulla condizione delle donne, per assicurare che gli organismi federali facciano il loro dovere per l’eliminazione della violenza di genere. Poi una donna alla guida della Federal Reserve, Janet Yellen. Quindi Samantha Power ambasciatrice alle Nazioni Unite, e Susan Rice consigliere alla sicurezza nazionale. Alla fine di questo suo mandato, la parita’ e’ perfetta, 50 e 50, rispetto ai due terzi di uomini del suo primo mandato.
E veniamo alla cannabis. Nel 2014 viene legalizzata anche per fini ludici in Colorado e nello Stato di Washington, mentre a New York e in altri 20 Stati e’ legale quella medica. Obama, che si era tenuto in disparte, tranne ricordare che l’FBI aveva cose piu’ importanti da fare che non correre dietro a chi si faceva una canna, si confida al giornale The New Yorker. La cannabis, signor presidente? “Io non penso che sia piu’ pericolosa dell’alcool”, dice sottolineando che fumare “non e’ una cosa molto sana”.
“Yes we can. Yes we did”. E’ piu’ che un discorso di addio quello dello scorso 10 gennaio a Chicago. Obama ha fatto una sorta di inno alla democrazia. Ha dato un nuova credibilita’ al progressismo e all’attivita’ di un governo, modernizzando l’America e rendendola piu’ giusta: 15 milioni di posti di lavoro sono stati creati in 75 mesi (un record dal 1939), una storica riforma della sanita’, una fiscalita’ piu’ progressiva e la lotta contro il cambiamento climatico sono diventati realta’. 3,5 milioni di persone sono uscite dalla poverta’ nel 2015, un record dal 1968. Per lo storico Robert Dallek, Obama “ha umanizzato il sistema industriale americano”. Ci sono problemi: la mobilita’ sociale e’ debole nelle minoranze, dove anche la “white working class” ha poco accesso a buoni posti di lavoro. Gli indigenti continuano a prosperare ed una epidemia di oppioidi colpisce i bianchi di questa categoria. Mentre la questione razziale e’ emersa proprio nel periodo del presidente afro-americano. E infine c’e’ il probabile errore del suo totale appoggio alla campagna presidenziale di Hillary Clinton contro Donald Trump, e nel non aver lasciato eredi della stazza e con il carisma di Bernie Sanders. Ci e’ rimasto l’ottimismo di un uomo che si chiama Barack Hussein Obama negli Usa post 11 settembre, che ha parlato di speranza e progresso cosi’ come aveva fatto Martin Luther King.
Arrivederci presidente.
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