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Aumenti spese bancarie per finanziare i salvataggi: sono legittimi? Attenti solo ai fritti misti
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Articolo di Anna D'Antuono
30 settembre 2016 10:50
 

 Negli ultimi tempi, alcuni istituti stanno inviando ai correntisti una proposta unilaterale di modifica delle condizioni che prevede l'applicazione, o l'aumento, delle spese connesse alla tenuta e/o alla liquidazione periodica del rapporto.
Il motivo addotto è il recupero, anche parziale, dei contributi versati al neo-costituito Fondo Nazionale di Risoluzione, per intenderci quello che ha “salvato” le quattro banche fallite nello scorso mese di novembre: Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti.
L'articolo 118 del Testo Unico Bancario consente che il contratto possa prevedere, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste, qualora sussista un giustificato motivo. In base alla Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico del 21 febbraio 2007, il motivo posto alla base della proposta di modifica, che riguardi la sfera del cliente o della banca, deve essere di comprovabile effetto sul rapporto e deve essere indicato in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione proposta dalla banca rispetto alla motivazione che la sorregge. In altre parole, la legge vuole assicurare una correlazione stretta fra motivo, da una parte, e variazione, dall'altra in modo che al cliente sia possibile sindacare la correttezza dell'operato della banca. Molto spesso, l'Arbitro Bancario Finanziario ha dichiarato inefficaci delle proposte di modifica giudicando ad esempio troppo sintetica e generica una motivazione che si richiama alla crisi economica e finanziaria o alle condizioni di mercato. Un esempio tra i tanti: il Collegio di Roma, nella decisione 2202/13, ha trattato il caso di un cliente che si era visto diminuire il tasso applicato ad un conto di deposito in virtù “dell'andamento del mercato dei tassi”. Il Collegio ha ritenuto insussistente il giustificato motivo per la evidente carenza di specificità della motivazione ed ha quindi considerato le variazioni proposte dalla banca inefficaci e non opponibili al cliente, disponendo che allo stesso fossero riconosciuti gli interessi al maggior tasso originariamente previsto. All'argomentazione della banca che il cliente non era receduto dal contratto, il Collegio ha replicato considerandola non pertinente.

Sono legittime queste proposte di modifica? Anche se sgradevoli, possiamo affermare che appaiono rispondenti alla norma. Il giustificato motivo addotto è di comprovabile effetto sul rapporto ed è indicato in maniera precisa. Sussiste, quindi, il nesso causale la cui esistenza gli stessi Collegi dell'Arbitro Bancario Finanziario hanno in determinate occasioni negato. Ed è anche logico che nei costi a carico della clientela rientri qualsiasi onere sostenuto dall'azienda. Le banche non sono Onlus, sebbene ancora oggi pare in molti non lo abbiano compreso.

Non ci uniamo, pertanto, alle solite lamentele dei soliti soggetti in cerca di facile pubblicità. Leggiamo di immancabili "azioni collettive" e di inviti a denunciare in massa le banche per appropriazione indebita, questioni fuori dal mondo che comportano solo perdite di tempo e di soldi da parte di chi ascolta certi suggerimenti strampalati.

Molto più concretamente, invitiamo i clienti a valutare la validità del rapporto con la banca nel suo complesso e, se del caso, rivolgersi altrove. Ci sono tante banche, specie on line, con costi assenti o molto limitati. Se il trasferimento di utenze ecc. pare complicato, ricordiamo che esiste l'apposito servizio di cambio conto tramite la nuova banca dove ci si reca. Altro aspetto di cui molti dimenticano l'esistenza: in banca è possibile negoziare le condizioni.

Un caso particolare: Unicredit. La comunicazione che perviene ai clienti Unicredit è invece sotto certi aspetti opinabile. I rincari sono, tra l'altro giustificati, con l’aumento dell’aliquota Iva avvenuto tre anni fa, con l’accordo intergovernativo Facta attuato lo scorso anno, oltre con le disposizioni in materia di disaster recovery e adeguamento del sistema informativo ed alle diverse commissioni sulla carte di credito. Un fritto misto di motivazioni, insomma, per le più datate delle quali si potrebbe considerare che il tempo trascorso ha interrotto il collegamento funzionale con le decisioni odierne. 

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