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Brexit: la rivincita dei tabloid?
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Articolo di Redazione
23 gennaio 2017 17:37
 
 Mentre e’ in calo di presenza mediatica, la stampa scandalistica britannica si e’ ripresa grazie alla sua vittoria nella lotta contro l’Europa. Essa si vanta di fare e disfare i governi, attacca chiunque osi dubitare della Brexit. Tra intimidazione e disinformazione, qual e’ il potere reale di questi giornali?
Il giorno dopo la vittoria dei conservatori alle elezioni del 1992 in Gran Bretagna, il quotidiano The Sun si era vantato con un grosso titolo lanciato sulla sua prima pagina: “E’ il Sun che le ha vinte”. Venti anni dopo, coinvolto nello scandalo delle intercettazioni telefoniche a grande scala messe in atto dai suoi giornali, il suo proprietario, Rupert Murdoch lo ripudiava come “uno scherzo di cattivo gusto”. Ma, ad un giornalista che gli domandava perche’ se la prendeva tanto con l’Unione europea, il magnate australiano di 85 anni aveva confidato in precedenza: “E’ semplice. Quando io vado a Downing Street, loro fanno cio’ che io dico. Quando vado a Bruxelles, nessuno mi prende in considerazione”.
Il vecchio leone dei media tenta la sua rivincita. La vittoria della Brexit e’ un po’ la sua, come quella della stampa tabloid britannica nel suo insieme. In perdita di presenza mediatica in questi ultimi anni, resa vecchia da Internet, sopraffatta dagli scandali, ora puo’ di nuovo farsi sentire. Il braccio d'onore del popolo britannico verso l'Europa sancisce decenni di lotta anti-europea sulle sue pagine. Una nuova era si apre. Questa stampa celebra la sua “nuova dama di ferro”, Theresa May. Incoraggiata, piu’ combattiva che mai, parte in crociata contro chiunque osi minacciare la purezza della Brexit.
“Nemici del popolo”
Quanto tre giudici della Alta Corte britannica hanno deciso, a novembre, che un voto del Parlamento sarebbe necessario sull’articolo 50, che stabilisce la procedura di divorzio, il Daily Mail ha pubblicato le loro foto sulla prima pagina, con il titolo “Nemici del popolo”. Quando la Corte Suprema ha cominciato ad esaminare la richiesta del governo, i tabloid si sono messi a dissertare su tutte le vicende della vita privata degli undici piu’ alti magistrati del Paese. Uno di essi e’ stato vilipeso per essere “apertamente gay”, Dio sa cio’ che li attende dopo l’annuncio della loro decisione, attesa per il 24 gennaio. Quanto a Gina Miller, che gestisce le redini all’origine della denuncia, e’ diventata bersaglio di una indicibile campagna di denigrazione. Le sue origini della Guayana sono state messe all’indice come un segnale di antipatriottismo. Domenica scorsa, il Mail on Sunday l’attaccava ancora per la sua lotta giudiziaria in merito -deridendola- al tempo che dedica a sua figlia che soffre di presunte difficolta’ mentali.
La tradizione giornalistica di questa stampa “di scavare dei fossati”, non si fa indietro su nulla: intercettazioni telefoniche, investigatori privati, furto di documenti, trappole tese alle sue vittime -politici, celebrita’, sportivi- per prenderli con le mani nel sacco di una vicenda extraconiugale,.di uso di droghe, esporre i loro problemi di salute. Ma dopo lo scandalo di News of the World del gruppo Murdoch, questi metodi sono in evidenza e la supervisione dei controllori della stampa piu’ stretta. “A questi giornali non resta che l’intimidazione e la propaganda. Quando i fatti li contraddicono, la loro aggressivita’ raddoppia, come quando si osa evocare i rischi economici della Brexit, Essi si arrogano di incarnare la volonta’ del popolo ma vogliono di fatto imporre la loro volonta’ al popolo”, dice Peter Jukes, autore di un libro sulla vicenda delle intercettazioni.
Ex-redattore capo del Sun, David Yelland ha inviato diverse felicitazioni ai suoi ex-confratelli delle redazioni il giorno dopo il referendum. “I tabloid hanno vinto contro l’establishment. E’ come se il piu’ asino in fondo alla classe, che passava il suo tempo a gettare le matite al professore, si e’ ritrovato d’un tratto incaricato di tenere la lezione”, dice il nostro. Specialista di media all’universita’ di Loughborough, David Deacon ha canalizzato nei particolari i contenuti della stampa prima del referendum. “I loro articoli erano all’80% per la Brexit”, constata il professore, Egli mette in evidenza il ruolo dei tabloid nella focalizzazione del dibattito sull’immigrazione in corso nelle ultime settimane di campagna. Voce del partito eurofobico Ukip (United Kingdom Independence Party), il Daily Express ha moltiplicato da alcuni anni le prime pagine del tipo “Gli invasori”, “2 milioni di migranti minacciano i nostri lavori”, o “l’Ue apre la porta a 79 milioni di turchi”. Un settimana prima dello scrutinio, il Daily Mail mostrava sulla sua prima pagina dei migranti irakeni sbarcati da un camion in Gran Bretagna sotto il titolo: “Lasciateci entrare, noi siamo europei”. Prima di riconoscere qualche giorno dopo di non aver mai detto una cosa del genere. Pertanto, “non si puo’ automaticamente dedurre che la stampa abbia influenzato il voto, dice David Deacon, ma “le sue parole d’ordine si sono mescolate con quelle dei politici dello schieramento Leave”.
“I tabloid fanno il bello e cattivo tempo. Essi determinano l’agenda politica e mediatica", sostiene l'ex del Sun David Yelland, ora alla guida di un’agenzia di relazioni pubbliche, Kitchen Table Partners”. “Quando dirigevo il Sun, spiegavo ai politici che, contrariamente a loro, io dovevo farmi eleggere dal pubblico tutti i giorni”, racconta. Secondo lui, i politici hanno “lungamente sottovalutato i loro rapporti con le masse del Sun”. Qualunque redattore capo della stampa popolare avrebbe potuto dire a David Cameron che stava per perdere il suo referendum, dice Yelland. E questo in una virata completa verso colui che avevano sostenuto alle elezioni generali di un anno prima. Il Sun e il Mail hanno sostenuto con tutto il loro peso Theresa May, contro i suoi rivali tory Boris Johnson e Michael Gove. E' stata lei che ha vinto dopo una guerra lampo sanguinosa.
I tabloid “hanno solo il potere che i politici danno loro”, relativizza l’ex-consigliere alle comunicazioni di Tony Blair, Alastair Campbell. Leader del New Labour aveva ancora risparmiato le sue energie per ottenere il sostegno, eccezionale per un candidato di sinistra, dai titoli del gruppo di Murdoch. “Ci hanno sostenuto perche’ ci guadagnavano, non hanno guadagnato grazie al loro sostegno”, dice Campbell. Nei suoi uffici ministeriali, non si annuncia mai un provvedimento senza averla fatta soppesare al “test del Daily Mail”; quale sara’ il titolo del giornale il giorno dopo? “Theresa May lo fa molto spesso. Si tratta di riflettere sull’impatto sul pubblico, spesso riflesso, e’ vero, dai tabloid, dice lo spin doctor. Il problema e’ che essi influenzano anche il resto dei media, in particolare la BBC”. Bestia nera della stampa di scarto, il gigante delle telecomunicazioni pubbliche vive sotto l’ossessione di essere accusato di una simpatia sinistrorsa da questi giornali. D’un tratto, le sue antenne hanno presentato le bugie del campo “Leave” come argomenti degni di fede durante la campagna elettorale.
“Se i tabloid avessero perso il referendum, ci sarebbe stata una maggiore crisi esistenziale. Al contrario, essi si sentono galvanizzati e raddoppiano la loro aggressivita’”, dice David Yelland. Per Alastair Campbell, la Brexit e Trump hanno manifestato “le loro reazioni razziste, anti-immigrazione, omofobe: tutto cio’ che da’ loro un tornaconto commerciale”.
La deputata conservatrice (pro-Europa) Anna Soubry, accusa “una stampa scandalistica e brutale, che si rode per la possibilita’ di vedere che la vittoria potrebbe venirle meno”, di “soffiare sul fuoco del nazionalismo”. L’avvenimento dell’epoca delle fake news consacra il suo savoir-faire appassionato in materia. Per quanto tempo?
“I dinosauri ruggiscono piu’ forte prima dell’estinzione della specie, colpiti dalle meteoriti di Google e Facebook”, prevede Peter Jukes. Giornale piu’ venduto al mondo nel 1950 con 4 milioni di copie, il Daily Express ne diffonde dieci volte meno oggi. Raggiunto l’obiettivo della Brexit, il suo proprietario lo ha messo in vendita. Il gruppo Trinity Mirror, che e’ proprietario del tabloid di sinistra Daily Mirror (800.000 copie), e’ interessato. La diffusione del Sun si e’ dimezzata in dieci anni, “cascando” a 1,7 milioni di copie. Mucca da mungere del gruppo Murdoch, il quotidiano ha perso piu’ di 62 milioni di sterline (71 milioni di euro) l’anno scorso. La fine di un’epoca. Il Daily Mail (1,6 milioni di copie) non ne esce meglio. E’ il solo ad essersi saputo imporre su Internet, con il sito di informazione (MailOnLIne) piu’ consultato al mondo. Questo non impegna il suo proprietario, il visconte Rothermere, nipote del fondatore, di lasciare anche lui una porta aperta per la vendita. “Non ci sono delle vacche sacre”, dice l’amministratore del gruppo, Paul Zwillenberg. “Ci sono dei venditori che ora e’ l’occasione o mai, perche’ ci sono degli acquirenti pronti ad offrirsi al condizionamento politico”, spiega Alex DerGroote, analista finanziario specialista di media presso il broker Peel Hunt.
Ironia della sorte: la vittoria della loro campagna per la Brexit costera’ molto ai tabloid. Il calo della lira sterlina di circa il 20% dopo il referendum ha fatto diventare piu’ costoso l’acquisto di carta, che loro pagano in dollari e in euro. “E’ il loro secondo costo dopo quello dei salari e questo pesera’ sui loro margini per i prossimi due anni”, dice Alex DeGroote.
Essi sostengono di incarnare la volonta’ del popolo, ma di fatto vogliono imporre la loro volonta’ al popolo.

(articolo di Florentin Collomp, pubblicato sul quotidiano Le Figaro del 23/01/2017)
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