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Come creare prodotti d'investimento a capitale REALE garantito
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Articolo di Nicola Zanella
18 febbraio 2009 0:00
 
L’obiettivo di ogni risparmiatore dovrebbe essere quello di ottenere dai propri investimenti un rendimento reale positivo al netto delle tasse.
Sono davvero pochi gli strumenti attualmente a disposizione dei risparmiatori che permettono di conoscere il rendimento reale prima delle tasse al momento dell’acquisto. Questo perché solo le obbligazioni indicizzate all’inflazione garantiscono un ritorno reale prima delle tasse positivo, indipendentemente dal livello dell’inflazione. Infatti i bond reali sono in grado di proteggere i risparmi di chi li detiene sia dall’inflazione attesa dal mercato, ma soprattutto dall’inflazione inattesa. 
Le altre tipologie di strumenti finanziari, quali le obbligazioni convenzionali o le azioni non garantiscono alcun rendimento reale. E’ vero che le azioni nel lungo periodo possono essere in grado, come è accaduto spesso in passato, di offrire rendimenti reali maggiori di qualunque altro asset finanziario, però tale rendimento non è affatto garantito. Può infatti accadere, anche per periodi di tempo molto lunghi, ad esempio 30 o 40 come in Italia, che le azioni registrino un rendimento reale negativo, in grado di erodere nel tempo il potere d’acquisto dei risparmi. 
D’altronde anche le obbligazioni tradizionali a tasso fisso nominale in periodi di alta inflazione inattesa non si sono rivelate in grado di fornire rendimenti reali positivi. 
Quindi nel lungo periodo, se non esistessero le obbligazioni indicizzate all’inflazione, non ci sarebbe proprio scelta: l’unica opzione d’investimento possibile sarebbero le azioni. 
Per fortuna per i risparmiatori, i bond reali sono ora di fatto una vera e propria asset class e possono non solo sostituire in un portafoglio di lungo termine le obbligazioni convenzionali, ma, sotto determinate ipotesi, erodere quote anche alla componente azionaria. 
Nonostante le azioni, soprattutto nel lungo periodo e grazie alla potenza del tasso composto, siano un formidabile metodo per incrementare la propria ricchezza, purtroppo molti risparmiatori non hanno le caratteristiche necessarie per potervi investire. 
Spesso però, come accade nella vita, il tutto o niente non piace molto, per cui è facile spiegare, anche chiamando in causa una forte spinta da parte dell’offerta bancaria, il successo che dall’inizio del nuovo secolo, hanno incontrato le cosiddette obbligazioni strutturate.
Questa particolare tipologia di obbligazioni sono una sorta di compromesso, per chi non vuole lasciare i lidi sicuri dell’investimento obbligazionario, ma aspira anche al raggiungimento di obiettivi ambiziosi in termini di rendimento che solo le azioni possono fornire. 
Le obbligazioni strutturate sono di solito composte da una obbligazione zero coupon, ossia che non distribuisce cedole durante la sua vita e da una componente derivativa che permette di legare il rendimento del titolo a qualche indice o paniere di riferimento, che può essere l’indice dei prezzi al consumo, ma anche l’indice S&P MIB della Borsa Italiana. 
In questo articolo non ho intenzione di parlare dei problemi o dei limiti che si possono talvolta riscontrare nelle obbligazioni strutturate preconfezionate collocate dalle banche e dalle Poste, ma solo della loro struttura. 
Questa premessa è doverosa in quanto ritengo che queste obbligazioni siano, analizzando solo la loro struttura, una scelta d’investimento che può aiutare i risparmiatori meno preparati finanziariamente a ricercare quel compromesso, tra sicurezza e aspirazione di alti rendimenti, di cui ho discusso in precedenza. Questo perché si compra l’obbligazione zero coupon ad un prezzo minore di 100, ma si investe 100, per cui la differenza viene investita in altri assets che potrebbero essere in grado di far ottenere un ritorno a metà via tra quello obbligazionario e quello dell’asset in questione.
Sostanzialmente con questi strumenti si può cercare di ottenere un rendimento superiore a quello offerto dai titoli obbligazionari, senza rischiare in modo eccessivo il capitale. Infatti questi titoli sono collocati presso i risparmiatori pubblicizzando il fatto che si tratta di prodotti a capitale garantito. 
Evidentemente ciò non ha nulla di speciale, in quanto anche le obbligazioni emesse dallo Stato italiano “garantiscono” il rimborso del capitale a scadenza, così come le obbligazioni sottostanti alla struttura rimborsano a 100. 
L’idea dunque di cercare di ottenere qualcosa in più di quanto offerto dalle obbligazioni senza però rischiare di perdere parte del capitale investito, soprattutto per molti risparmiatori che non si possono permettere di perdere anche solo una minima parte dei loro risparmi e non hanno le caratteristiche per investire in azioni, è più che lecita e la soluzione di investire la differenza tra 100 (valore di rimborso dell’obbligazione) e il prezzo dell’obbligazione zero coupon è adatta a questo scopo. 
I miliardi di euro collocati negli ultimi anni solo in Italia in questi prodotti finanziari potrebbero portare a pensare che in effetti i risparmiatori italiani abbiano capito e apprezzato questa struttura. Personalmente ritengo che l’offerta di questi prodotti da parte delle banche abbia avuto la meglio sulla domanda, ma è innegabile che ciò che attira i risparmiatori verso questa tipologia di obbligazioni sia la promessa, come già detto ovvia e minima, di avere a scadenza almeno il capitale investito.
Quello che credo sfugga ai più è che a scadenza si riavrà, se tutto va bene, il valore del capitale che si era investito, ma solamente in termini nominali; cioè ad esempio, si investe 5.000 euro per 10 anni e a scadenza si riavrà almeno i 5.000 euro. Ovviamente non c’è alcun problema per quei risparmiatori che hanno obiettivi di investimento in termini nominali, mentre quelli, forse la maggioranza tra coloro che acquistano le obbligazioni strutturate, che desiderano unicamente mantenere il potere d’acquisto dei loro risparmi nel tempo, rimarranno di certo molto delusi. Infatti è utile ricordare che se nel corso di quei 10 anni il tasso di inflazione è in media del 2%, quei 5.000 euro a scadenza del titolo per mantenere il medesimo potere d’acquisto dovrebbero diventare 6.095 euro. Chiaro che chi invece riceve a scadenza solo i 5.000 euro iniziali perde ben 1.095 euro, anche se è “felice” di avere avuto come rimborso la cifra inizialmente investita.
Quindi per coloro che desiderano almeno mantenere il potere d’acquisto dei propri risparmi nel tempo, le soluzioni delle obbligazioni strutturate che garantiscono a scadenza almeno il capitale inizialmente investito non è il massimo. E’ vero che spesso le obbligazioni offrono un rendimento minimo, ma questo è talmente basso da ritenere ex-ante la probabilità che esso sia almeno pari all’inflazione davvero trascurabile. 
Come si può dunque cercare di guadagnare qualcosa in più dei tassi obbligazionari essendo ragionevolmente certi di avere comunque a scadenza quanto investito in termini reali?
Per mia conoscenza, questa è la prima volta che in Italia vengono proposte le seguenti soluzioni di investimento, utili a creare prodotti di investimento a capitale REALE garantito. 
Non essendo disponibili obbligazioni zero coupon indicizzate all’inflazione ed è un vero peccato in quanto sarebbero gli strumento più sicuri al mondo, gli unici titoli utili a garantire in termini reali il capitale investito sono le obbligazioni indicizzate all’inflazione, che hanno dunque cedola reale. 
Un prodotto d’investimento a capitale REALE garantito può essere strutturato tramite un semplice fai da te anche dai risparmiatori con una cultura finanziaria medio-bassa, ossia gli stessi che in questi anni hanno comprato i miliardi di euro in obbligazioni strutturate offerte loro dalla banche e dalle Poste.
Il primo metodo consiste nell’acquistare, magari all’emissione, un bond reale, quale i BTPei emessi dallo Stato italiano, in grado dunque di proteggere il capitale fino a scadenza in termini reali, ma anche di distribuire cedole reali nel corso della sua vita. 
Se si acquistano i bond convenzionali e se si decide di usufruire poi delle cedole che essi distribuiscono, si riceve a scadenza un capitale rimborsato pari a 100 in termini nominali; per cui con queste obbligazioni l’unico modo per cercare di proteggere i risparmi dall’inflazione è quello di non spendere le cedole ed eventualmente, se possibile, reinvestirle. 
Con i bond reali invece, dato che il capitale è protetto dall’inflazione, è possibile godere delle cedole reali che essi distribuiscono senza preoccuparsi di perdere parte del capitale investito a causa dell’inflazione del periodo. E’ dunque facile capire che queste cedole potrebbero in effetti essere di volta in volta investite in un altro asset finanziario, ad esempio azioni o addirittura per i più sofisticati in opzioni di azioni.
Quindi la prima soluzione di investimento che propongo è la seguente: l’acquisto di bond reali più l’investimento delle cedole ricevute in ETF azionari, possibilmente che reinvestano i dividendi. 
Si tratta dunque di investire le cedole reali che si ricevono ogni sei mesi nel caso del BTPei attraverso una sorta di PAC (piano di accumulo del capitale) in un efficiente ETF azionario. Questa soluzione, grazie al fatto che l’acquisto minimo per gli ETF è di una sola quota, permette di strutturare tale prodotto anche con valori nominali dei bond reali non eccessivamente elevati. Inoltre per coloro che ritengono il PAC una valida forma di investimento, tale soluzione dovrebbe apparire ancora più conveniente. 
Se anche a scadenza del bond reale le azioni nell’ipotesi assai poco probabile abbiano perso tutto il loro valore, ossia nel caso l’ETF abbia perso il 100%, ci si ritroverà ad avere sempre il capitale nominale investito inizialmente aggiustato per l’inflazione, che ha mantenuto cioè il suo potere d’acquisto nel corso del tempo.
Il secondo metodo consiste nell’acquistare, magari all’emissione, un bond reale, quale i BTPei emessi dallo Stato italiano e contemporaneamente investire in azioni o opzioni di azioni una quota di denaro pari al totale delle cedole che il bond distribuirà nel corso della sua vita. Così se un bond reale di cinque anni distribuirà il 2% all’anno del valore nominale, approssimativamente si dovrà investire una quota pari al 10% del valore nominale in un ETF azionario. Questo perché nel corso dei cinque anni tale bond distribuirà la cedola stabilita all’emissione rivalutata per l’inflazione, per cui nel corso della vita dell’obbligazione si riceverà, in caso di inflazione, una quota di denaro pari almeno al 10% del valore nominale inizialmente investito. 
Quindi tale soluzione prevede l’investimento ex-ante delle cedole che il bond reale distribuirà attraverso un PIC (piano d’investimento del capitale), in cui cioè si investe in un’unica soluzione tutta la somma destinata all’investimento diverso da quello obbligazionario. 
La scelta di investire tutta la quota destinata alle azioni contemporaneamente all’acquisto del bond reale sarà particolarmente apprezzata da chi considera il PAC una soluzione non efficiente o comunque in grado di aumentare il rischio di un investimento. 
Ovviamente per poter creare questo secondo prodotto d’investimento è necessario disporre di una quota maggiore di 100, più precisamente, 100 più la somma delle cedole del bond reale; non dimentichiamoci che ciò accade anche con le obbligazioni strutturate che i risparmiatori conoscono, in cui invece che spendere solo ad esempio 800 euro per acquistare un’obbligazione zero coupon che vale 80, si decide di spenderne 1.000 per poter acquistare anche i derivati in grado di far aumentare il rendimento finale del prodotto nel caso in cui si sia fortunati.
Questa soluzione sembra anche in grado di limitare i costi del primo prodotto di cui ho discusso, dato che invece che reinvestire le cedole di volta in volta ricevute nell’ETF azionario, si investe una sola volta nell’ETF azionario al momento dell’acquisto anche del bond reale e si disinveste tale quota eventualmente alla scadenza dell’obbligazione.
Anche se appare facilmente prevedibile quale delle due soluzioni proposte in un mercato azionario in crescita sia la migliore, ho deciso di confrontare questi due metodi di investimento ipotizzando di aver acquistato in passato i titoli di Stato inglesi indicizzati all’inflazione e di aver investito le cedole nell’indice azionario MSCI UK con dividendi lordi in sterline. Ho dovuto scegliere questi titoli, poiché essendo emessi in UK dal lontano 1981, molti di essi sono già stati rimborsati e quindi si è in possesso della totalità dei cash flow distribuiti. 
Ovviamente queste due soluzioni di investimento sono state confrontate con le due scelte base diametralmente opposte tra di loro, ossia con l’investimento semplice nell’obbligazione indicizzata all’inflazione e con l’investimento diretto dell’intera somma nell’indice azionario MSCI UK. 
Non ho tenuto conto dei costi ipotetici richiesti dalle varie strategie, né ho potuto utilizzare tutti i dati che sarebbero serviti per ottenere le somme finali rimborsate esatte; nel caso ad esempio dell’investimento semplice nel bond reale le cedole di volta in volta ricevute non sono state reinvestite nel medesimo bond, rendendo sicuramente il montante finale di questa strategia minore di quanto in teoria potrebbe essere stato. Mi sono permesso queste approssimazioni in quanto il mio obiettivo non è quello di confrontare le due soluzioni proposte con l’investimento di default nell’obbligazione indicizzata all’inflazione, ma il mio intento era quello di dimostrare, come soprattutto nel lungo periodo, queste due soluzioni di investimento riescano a far diminuire il gap con l’investimento diretto in azioni, creando una somma finale molto maggiore di quanto le obbligazioni indicizzate all’inflazione possono fornire singolarmente. Che per un risparmiatore che non può e non vuole investire direttamente in azioni, ma che non si accontenta dei rendimenti dei bond reali, è sicuramente un valido compromesso. 
Nel sito www.bondreali.it viene mostrato come si sarebbero comportate le varie soluzioni di investimento discusse in UK. 
Mi auguro che queste mie due proposte possano diventare familiari ai risparmiatori italiani e che d’ora in poi non si senta più solo parlare di prodotti a capitale garantito, ma anche di prodotti a capitale REALE garantito. Spero che gli operatori finanziari e coloro che “inventano” e poi collocano i prodotti finanziari ai risparmiatori, ossia le banche e le Poste, accanto alle obbligazioni strutturate a capitane nominale garantito, propongano ai loro clienti anche dei prodotti finanziari strutturati a capitale REALE garantito. 
Sarebbe un piccolo passo per il singolo risparmiatore, un gigante balzo in avanti per l’intero mercato finanziario italiano. 
 
Nicola Zanella, 26 anni, e’ un ricercatore finanziario. Ha fondato il sito www.bondreali.it. I suoi interessi di ricerca sono: la teoria dei mercati efficienti, la finanza comportamentale, l’equity premium e l’equity premium puzzle, la prevedibilita’ delle serie azionarie, l’effetto di diversificazione temporale delle azioni, l’asset allocation e le obbligazioni indicizzate all’inflazione. E’ autore dei papers pubblicati nel sito di Investire Informati di Aduc dal titolo “Le obbligazioni indicizzate all’inflazione, 2008”; “La distribuzione di probabilita’ dei ritorni azionari futuri sara’ la medesima del passato?, 2008”. Puo’ essere contattato all’indirizzo E-mail: n.zanella (c-h-i-o-c-c-i-o-l-a) aduc (p-u-n-t-o) it, oppure usando la form per le domande
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