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Democrazia e fascismo. Confondere l’ideologia col museo
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Articolo di Vincenzo Donvito
4 agosto 2020 11:13
 
  Alcuni consiglieri della città di Roma avevano avuto l'idea di cosstruire un museo del fascismo. E’ subito partita un’onda di disgusto e dissenso cosiddetto antifascista che, anche la Sindaca della Capitale (dello stesso partito dei proponenti) è intervenuta (1) per far ritirare la richiesta. Tutto in nome dei valori dell’antifascismo. Il rischio paventato da più parti è che il museo porti ad una sorta di celebrazione di questo periodo storico che il nostro Paese ha vissuto nel secolo scorso.

Per capire di cosa stiamo parlando.
Prima di tutto riportiamo la definizione della Treccani per la parola museo:
“Raccolta di opere d’arte, o di oggetti aventi interesse storico-scientifico, etno-antropologico e culturale; anche, l’edificio destinato a ospitarli, a conservarli e a valorizzarli per la fruizione pubblica, spesso dotato di apposito corredo didattico…..” e nella definizione dei vari tipo di museo: “.. musei storici, contenenti documenti e cimelî d’interesse per la storia civile e politica;..”.

Poi facciamo un salto a Berlino, dove è nato il nazismo, ispiratore, fratello e commilitone del fascismo italiano. E’ notorio che il nazismo fu decisamente più truce e tragico del fascismo, e la sua eliminazione comportò sostanzialmente l’eliminazione di un Paese, anche in senso fisico, e il passaggio da due Germanie, DDR e RFT, fino alla caduta del muro di Berlino per arrivare alla Germania odierna, motore determinante della nostra democrazia ed economia in Ue e non solo (2).
A Berlino ci sono musei sul nazismo di tutti i tipi: da quelli che mostrano le atrocità, a quelli puramente storici. Tutti fatti con dovizia di particolari e informazioni che calano il visitatore dentro la realtà storica e politica. Alcuni dei più famosi: Museo Storico tedesco, Museo della storia di Berlino, lo Schwerbelastungskörper, il Museo delle Spie, i vari bunker in tutta la città compreso il giardino dove sorgeva quello di Hitler. Musei a cui si affiancano quello ebraico, delle varie vittime del nazismo come omosessuali e rom e sinti e tutti i musei dei vari campi di sterminio raggiungibili anche con la metropolitana dal centro della città. Insomma sono stati quello che sono stati e se lo raccontano e lo raccontano al resto del mondo.

Torniamo al nostro paventato museo romano sul fascismo.
Cosa c’è da non far sapere? Immaginiamo che tutti, pure i più virulenti antifascisti che si oppongono alla sua realizzazione, risponderanno: niente. Il problema sorge quando si deve capir come far conoscere questi fatti. Virtù culturale indica che dovrebbe essere il metodo museale con cui si parla della storia: che quando ha a che fare con narrazioni tragiche, non richiede necessariamente la condanna continua di queste tragedie, ma sono i fatti tragici in sé che dovrebbero stimolare il giudizio dell’osservatore. Ma questo metodo non piace alla Sindaca di Roma e a tutti quelli che, in diverse occasioni anche istituzionali, ci ricordano che siamo una repubblica antifascista, anche quando apostrofano i deliri anti-immigrati e sovranisti di alcuni esponenti di alcune destre. Metodo che induce a dire che del diavolo non se ne deve parlare, non bisogna farlo conoscere, anche se tutto il nostro Paese fino al 1943 andava a braccetto con questo diavolo. Un colpo di spugna e tutti allegri e contenti?

Noi crediamo che il metodo storico non sia mai negativo. E che la Germania ci dà in merito non poche indicazioni. Anche e soprattutto se consideriamo che in quel Paese i partiti di ispirazione nazista (e che poco hanno a che fare, per estremismo, coi nostrani nostalgici di Mussolini presenti anche nelle istituzioni) ci sono ed hanno anche un peso elettorale. Ma, come combattere i fantasmi che questi signor vorrebbero far tornare? Emarginandoli (e rendendoli più appetibili per alcuni curiosi) o facendo storicamente conoscere cosa hanno combinato quando erano al potere?

NOTE
1 – intervista al quotidiano La Repubblica del 04/08/2020
2 – Questo Paese, alla ritrosia degli scorsi decenni in cui anche solo far vedere una foto con una divisa nazista o trasmettere nella tv di Stato una fiction ambientata nel periodo nazista creava imbarazzo e tutti ritenevano fosse più opportuno ignorare… a questa ritrosia è ritornata l’abitudine che i tedeschi hanno insegnato a tutto il mondo: la memoria storica e i musei (note le sottrazioni di opere d’arte da parte dei tedeschi, ante-nazismo e durante il nazismo) come elemento base della cultura e della storia.

nella foto Il plastico che riproduce il bunker del Führer nel Museo della Storia di Berlino
 
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