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Diminuire il consumo di carne per salvare l'ambiente e noi stessi
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Articolo di Redazione
23 febbraio 2013 14:21
 
Gli umani producono e usano troppi fertilizzanti nel mondo, tutti destinati alle colture, l'80% dei quali finiscono nel mangime per il bestiame e nello stesso bestiame che serve per nutrire gli umani. Per Mark Soutton, autore di un rapporto sulla nutrizione per conto del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (PNUE), gli umani mangiano troppa carne. E se i consumatori dei Paesi ricchi riducessero i propri consumi del 50%, questo farebbe bene ai terreni, al clima e al loro corpo.

D. Perche' si e' interessato alla alimentazione nel mondo?
R. Il PNUE ha una visione globale sull'uso di azoto e di fosfato nel mondo. Abbiamo constatato che i due fertilizzanti piu' utilizzati erano nel contempo troppo utilizzati in alcune regioni, provocando inquinamento dell'aria, dell'acqua, riscaldamento climatico... e mal ripartiti sulla superficie della Terra, mettendo quindi in pericolo la sicurezza alimentare in zone fragili dal punto di vista agricolo.
La sfida del XXI secolo sara' di produrre di piu' inquinando meno.
D. Cosa avete rilevato?
R
. Che l'80% dell'azoto, e tra il 25 e il 75% del fosforo consumati, finiscono nell'ambiente. La maggior parte dei danni non viene mai valutata. Per cui, continuare ad utilizzare i fertilizzanti cosi' come lo si fa, accresce gli effetti del sovrariscaldamento climatico grazie all'aumento del protossido di azoto (N2O), una situazione in cui si degrada l'acqua, l'aria, il terreno e minaccia la biodiversita'. Tutto questo ha un costo, essenzialmente per i riflessi sull'ecosistema, di circa 127 miliardi di euro.
D. Lei ha studiato azoto e fosfato per giungere ad una conclusione di notevole rilievo...
R
. Non piu' di tanto! L'agricoltura mondiale produce delle colture ma queste non sono direttamente rivolte agli umani. L'80% di esse serve a nutrire gli animali che gli umani mangiano. Raggiungendo una tappa del nostro canale alimentare, noi destabilizziamo molto l'ambiente. In Europa l'umano mangia in media il 70% di proteine in piu' in rapporto ai propri bisogni. Soltanto noi, nei Paesi ricchi, mangiamo troppo, ma i nostri agricoltori utilizzano anche troppi fertilizzanti. Da un lato gli operatori e l'industria chimica possono agire sviluppando metodi di dispersione piu' sobri, oppure dedicarsi a metodologie agricole senza ingressi (i fertilizzanti, prodotti fitosanitari, etc..), ma ognuno ne e' coinvolto, essenzialmente grazie al proprio regime alimentare.
D. Da qui l'idea di mangiare meno carne?
R.
Proprio cosi'. Io stesso ho inventato una parola per questo: “demeatarian”, che indica le persone che hanno deciso di diminuire i propri consumi di carne. Al contrario del vegetariano, che vi ha rinunciato totalmente, il “demi-..” (ndr "semi-...") mangia ancora proteine animali ma due volte meno. Se per alcuni e' inimmaginabile rinunciare all'agnello per motivi culturali o di gusto, molti di noi possono consumarne meno. Occorre che la carne ridivenga una alimento “speciale”, da offrire con della qualita' sostenendo le agricolture locali e consumando meno bistecche e salsicce, nonche' i piatti trasformati con alla base carne di bassa qualita' non costosa.
D. Non e' oggi la strada che viene seguita dall'umanita'... Se il consumo di carne diminuisce leggermente nei Paesi ricchi, esso esplode in Brasile o in Cina.
R
. Esatto. Circa la meta' dei maiali del mondo -cioe' 476 milioni di capi- sono attualmente allevati in Cina. Questo Paese produce gia' il 29% della carne mondiale e ne ha importati 1,38 milioni di tonnellate nel 2009 per colmare le lacune. La domanda mondiale di carne dovrebbe ancora aumentare del 40% entro il 2025. Tutto questo non va nella giusta direzione, ma se noi, nei Paesi ricchi, potessimo invertire la tendenza, questo sarebbe un segnale interessante.

(intervista raccolta da Laure Noualhat, pubblicata sul quotidiano Le Monde del 23/02/2013)
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