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Effetto serra. Un sesto delle emissioni e' del bestiame. Come ridurle. Rapporto FAO
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Articolo di Redazione
27 settembre 2013 11:25
 
Rappresenta da solo circa un sesto delle emissioni mondiali di gas a effetto serra. Il bestiame, con 7,1 gigatonnellate di CO2 ogni anno nell'atmosfera, e' il 15% di tutte le emissioni di origine antropica, oggetto di molte critiche, essenzialmente da parte di istituzioni internazionali e da ONG che fanno appelli per ridurre il consumo di carne.
Secondo un nuovo rapporto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), pubblicato ieri 26 settembre, e' possibile ridurre del 30% queste emissioni, facendo un uso migliore delle numerose pratiche tecnologiche esistenti.
Produzione di foraggio e digestione dei bovini
Lo studio, secondo l'agenzia il piu' esaustivo realizzato fino ad oggi, ha preso in esame tutti gli stadi del ciclo di vita del bestiame: produzione e trasporto del cibo per gli animali, uso dell'energia in fattoria, emissioni per la digestione e la fermentazione del letame, nonche' trasporto, refrigerazione e aria condizionata dei prodotti animali dopo l'abbattimento.
Principali fonti di emissione: la produzione e la trasformazione del foraggio (45%) -essenzialmente a causa degli ingredienti utilizzati nelle coltivazioni-, la digestione del bestiame (39%) -i peti e i rutti delle mucche emettono metano, un gas 25 volte piu' potente del CO2- e la decomposizione del letame (10%). Il resto e' imputabile alla trasformazione e al trasporto dei prodotti animali. In base ai tipi di bestiame, le emissioni provengono essenzialmente dai bovini (prodotti di carne e latte), che rappresentano il 65% delle emissioni. Seguiti dai maiali (9%), i volatili e la produzione di uova (8%) e i bisonti (8%). In tutto, queste bestie emettono il 44% del metano (CH4), il 29% dell'ossido di azoto (N2O) e il 27% di anidride carbonica (CO2).
Gestione del letame
Come ridurre le emissioni? Secondo la FAO, una diminuzione dal 18 al 30% sarebbe possibile se gli allevatori adottassero le pratiche gia' esistenti che consentono minori emissioni, pratiche che pero' attualmente sono poco diffuse, usate da solo il 10% dei produttori. Si tratta di migliori pratiche sull'alimentazione degli animali (fieno che si digerisce meglio, con piu' fibre), di sanita' (la genetica potrebbe dare il proprio contributo per la crescita di specie che emettano meno gas) e di allevamento (gestione del pascolo). La FAO raccomanda ugualmente una migliore gestione del letame (tempi di stoccaggio piu' lunghi, per esempio), cosi' come lo sviluppo di tecnologie attualmente poco utilizzate (produttori di biogas grazie alla metanizzazione, meccanismo per produrre economicamente energia).
“Questi guadagni in efficacia' potrebbero essere ottenuti migliorando le pratiche esistenti, e non e' pertanto necessario di sconvolgere il sistema di produzione. Abbiamo bisogno di migliori politiche e, soprattutto, di un'azione comune”, dice Wang, vice-direttore generale della FAO incaricato all'agricoltura e protezione dei consumatori.
Con una domanda crescente di prodotti dell'industria agroalimentare, essenzialmente da parte dei Paesi in via di sviluppo, “e' imperativo che questo settore cominci a lavorare subito sulla riduzione delle emissioni di gas, si' da contribuire a compensare l'aumento di emissioni mondiali, che condizionera' la crescita futura della produzione animale”.
Potenzialita' di miglioramento nei Paesi del sud
Se importanti riduzioni delle emissioni possono essere ottenute presso tutte le specie, in tutti i sistemi e in tutte le regioni, secondo il rapporto della FAO, il piu' grosso potenziale di progresso e' nella filiera dei ruminanti in Asia del sud, in America latina e nell'Africa sub-sahariana, dove la produzione potrebbe essere, nello stesso tempo, aumentata.
Nei Paesi sviluppati -dove l'intesita' delle emissioni e' relativamente bassa, ma dove il volume totale e' alto grazie ad una forte produzione- anche delle leggere diminuzioni dell'intensita' potrebbero produrre importanti guadagni. E' il caso, per esempio, del bestiame da latte in Europa e America del nord.

(articolo di Audrey Garric, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 27/09/2013)
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