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Eradicare la poverta' entro il 2030? Difficile!
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Articolo di Redazione
19 maggio 2016 9:54
 
  I progressi realizzati nella riduzione della poverta' nel mondo nel corso degli ultimi decenni, rischiano di finire male grazie ai nuovi deterioramenti economici in diverse regioni, essenzialmente in Asia, e la penuria di lavoro di qualita' a livello mondiale. La questione del lavoro rappresenta quindi una garanzia contro la poverta'. Il salariato, diffuso nei Paesi sviluppati, non e' piu' un baluardo: “piu' dell'80% dei lavoratori poveri e' un salariato”.
Questo e' il nuovo risultato del rapporto dell'Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO) “Lavoro e questione sociale nel mondo 2016”, presentato a Ginevra, ieri 18 maggio, alla vigilia dell'apertura della 105ma Conferenza internazionale sul lavoro. Quest'ultima, si tiene dal 30 maggio al 10 giugno, e riunira' i rappresentanti dei governi, dei lavoratori e degli impiegati di 187 Paesi.
L'ILO, nei suoi rapporti, non cessa di allertare su un nuovo degrado della situazione economica e sociale: piu' di un lavoratore su due nel mondo non e' salariato, fa sapere l'organizzazione da un anno a questa arte. Piu' recentemente, e' l'aumento del numero di disoccupati, 200 milioni complessivi nel 2016, che preoccupa questa agenzia delle Nazioni Unite,
Metter l'accento sulla qualita' dell'impiego
Nella loro edizione 2016, gli esperti dell'ILO hanno scelto di insistere sull'estrema difficolta' a raggiungere l'obiettivo dell'eradicazione della poverta'. A settembre del 2015, le Nazioni Unite hanno adottato una nuova agenda di sviluppo durevole con diciassette punti di cui il primo e' quello di fare sparire la poverta' da oggi al 2030. “Se prendiamo sul serio questo programma di sviluppo durevole, se vogliamo mettere un termine al flusso della poverta' che si trasmette di generazione in generazione, allora dobbiamo porre l'accento sulla qualita' dell'impiego nei Paesi”, stima Guy Ryder, direttore generale dell'organizzazione.
Come fare per non compromettere gli sforzi gia' realizzati, che hanno permesso tra il 1990 e il 2015 di ridurre della meta' il tasso di persone che vivono con meno di 3,10 Usd al giorno (2,75 euro)? Nel 2016, stima l'ILO, circa due miliardi di persone sono in questa situazione, e questo rappresenta il 36% della popolazione totale dei Paesi emergenti e in via di sviluppo. Nel corso del medesimo periodo, l'estrema poverta' -le persone che vivono con meno si 1,25 Usd (0.9 euro) al giorno- e' fortemente calata e non riguarda, nel 2012, che il 12% della popolazione di questi Paesi.
Secondo gli autori del rapporto, circa mille miliardi di dollari (8.900 miliardi di euro) sarebbero necessari per eradicare la poverta'. Questo rappresenta qualcosa come 600 miliardi all'anno di trasferimenti sociali, di pensioni e di aiuti, cosa che non e' assolutamente realista” spiega Raymond Torres, consigliere speciale dell'ILO sulle questioni economiche e sociali, nonche' responsabile del rapporto. “Occorre quindi scommettere sul lavoro e sugli impieghi di qualita'”.
Le politiche sociali non sono pertanto state aggiunte per far calare la poverta'. I programmi messi in atto, come in Brasile o in Cile, nei confronti delle famiglie piu' demunite hanno portato i loro frutti. In Etiopia, per esempio, il tasso molto elevato di poverta' e' diminuito dal 97% del 1999 al 67,7% del 2012. Dei programmi organizzati per la protezione sociale e rurale -la poverta' si concentra nel mondo rurale piu' spesso raggiunto dai programmi di aiuto- sono stati messi in opera quando il tasso di crescita del PIL era del 6,3% all'anno in media, in quel periodo.
I giovani corrono piu' rischi di essere poveri
Nello stesso tempo, quando l'Angola beneficiava di un tasso di crescita medio superiore, 6,6%, il calo della poverta' e' stato minore in questo Paese, dal 54,4% del 1999 al 53,3% del 2012. “Quando la crescita e l'attivita' economica fa affidamento ad una base troppo stretta, il funzionamento e l'esportazione delle materie prime, questo non va a profitto dei piu' poveri, spiega Torres. In alcuni Paesi, la crescita economica ha nello stesso tempo fatto crescere la poverta'”.
Il rapporto sottolinea la responsabilita' dei piu' ricchi, sia Paesi che persone, nella continuita' della poverta'. “In un mondo dove le risorse sono limitate, come i benefici della crescita che vanno a vantaggio dei piu' ricchi, il margine di manovra per ridurre la poverta' ne risulta limitato”, scrive l'autore del rapporto. Questo non aiuta: nei Paesi sviluppati, l'1% dei piu' ricchi accaparra il 10,7% del reddito totale, nel 2013, rispetto al 9,6% del 2000.
Altra forte tendenza sottolineata dall'ILO, e' che i giovani sono maggiormente vittime della poverta' rispetto alle persone di eta' maggiore. Infatti, il rischio di cadere nella poverta' e' aumentato per le categorie di eta' inferiore ai 24 anni, mentre e' rimasto stabile per le persone di eta' maggiore. E nell'Unione europea questo rischio e' uguale, per i 16-24enni, dal 20% del 2005 al 23,8% del 2014, mentre resta stabile al 22% per le persone con piu' di 55 anni. “La disoccupazione e' sicuramente la causa, ma bisogna considerare la precarieta' degli impieghi, e il livello molto debole dei primi salari, nettamente inferiori al livello di venti anni prima”, dice Torres.
Da qui il continuo appello dell'ILO di non cessare di combattere a favore di un impiego decente, nei Paesi sviluppati come negli altri, e per la lotta contro il lavoro informale nelle regioni in via di sviluppo.

(articolo di Remì Barroux, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 19/05/2016)
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