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L'esposizione universale di Milano, un cantiere all'italiana
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Articolo di Redazione
1 maggio 2015 15:23
 
Riportiamo un articolo che il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato per presentare l'avvio dell'Expo di Milano. Scritto dal corrispondente a Roma del quotidiano parigino, articolo tutt'altro -e ovviamente- non tenero nei confronti dell'Italia, a partire dal titolo che abbiamo utilizzato anche noi. Lo riportiamo integralmente perche' ci sembra uno spaccato importante di uno dei maggiori media “opinion leader” del Pianeta, di un Paese -la Francia- con diverse affinita' e aspirazioni culturali, sociali, economiche e politiche con il nostro. Quello stesso Pianeta che e' il protagonista dell'esposizione di Milano, e che dovrebbe rappresentare l'ambizione territoriale dell'offerta che attraverso gli stand e le iniziative cerca di unire coloro che talvolta sono in guerra fra loro: cio' che politica, amore, interessi e ideologie non hanno unito, lo potra' essere grazie al cibo? Boh!
Certo, il giornalista Philippe Ridet non e' tenero nei confronti dell'Italia, e alcuni pregiudizi e luoghi comuni sul Belpaese non mancano. Basta essere consapevoli di questi aspetti per farsi un'opinione rispetto alla lettura che “nel mondo” si fa delle vicende italiane (e crediamo che, a buon ragione, cio' che viene scritto sul quotidiano Le Monde, possa essere considerato “lettura nel mondo” dei nostri fatti).
Infine, crediamo sia importante la ricostruzione con occhi e penna non-italiani di come, fin dall'avvio della vicenda, si e' arrivati all'inaugurazione di oggi. Quell'oggi in cui stiamo vivendo un momento mediatico in cui tutto e' “rosa e fiori”, con interviste, presentazioni (dirette e di eventi collegati) in cui -piu' che talvolta- la diffusa goffaggine, auto-esaltazione, ricerca del personaggio famoso e possibilmente straniero che elogia l'iniziativa, corrono il rischio di mettere in seconda luce i non pochi elementi positivi che comunque ci sono nell'esposizione.

V.D.

Gli inviti erano pronti a partire. Mercoledi' 29 aprile avrebbe dovuto tenersi una visita per i media dell'Esposizione mondiale di Milano. L'occasione, per gli organizzatori, di levare il velo sui risultati finali di questo gigantesco cantiere che si estende su piu' di un milione di metri quadrati e che, durante sette anni, ha “affumicato” migliaia di pagine della stampa italiana, con architettura, giustizia e consumi. Alla fine siano andati a scoprire questo Decumano e questo Cardo, nomi di antiche vie romane dove ci sono gli stand di 145 nazioni. Per sapere a cosa servono 1,2 miliardi di euro di denaro pubblico, 300 milioni di investimenti privati, 350 milioni di sponsor e 1 miliardo degli Stati che vi partecipano. Circa 3 miliardi di euro spesi per le due bretelle autostradali all'ingresso nord-ovest del capoluogo lombardo -per una molto nobile causa: nutrire il Pianeta.
Ma la visita e' annullata. Motivo: bisogna lasciar lavorare ventiquattro ore su ventiquattro i 9.000 operai presenti sul sito, fino all'ultimo secondo dell'ultimo giorno. Le cazzuole e i pennelli non saranno rimessi nei loro contenitori se non quando le autorita', le delegazioni e i primi dei 20 milioni di visitatori attesi vedranno il nastro tagliato, venerdi' 1 maggio. Non si possono fare domande ad un gruista. E' passato un mese da quando i responsabili della logistica dell'evento hanno fatto fatto un'ultima gara per un totale di 2 milioni di euro per trovare un'azienda specializzata nel “camuffamento” dei cantieri in corso.
I responsabili del padiglione francese sono comunque riusciti ad organizzare in extremis una visita, mercoledi' 29 aprile, per i media francesi. L'invito precisa che “le immagini del resto del sito non sono autorizzate”. “Non tutto sara' pronto”, riconosce Giuseppe Sala, commissario generale dell'evento. “Dopo tutto, c'e' tempo, l'Expo dura sei mesi”, relativizza il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni.
Matteo Renzi, il presidente del Consiglio italiano, vuole credere che ancora una volta gli italiani si mostreranno all'altezza della loro reputazione e che un ultimo colpo di reni evitera' al suo Paese di fare un brutta figura. Specialmente perche' i ritardi piu' importanti non si sono accumulati nella costruzione del padiglione italiano. Prudente invece, il nuovo presidente della Repubblica, il saggio Sergio Mattarella, che ha scelto di non partecipare all'inaugurazione. E pertanto, tutto e' cosi' ben cominciato…
Su 1,55 miliardi di euro di lavori attributi nel 2014, 474 lo sono stati grazie a delle deroghe delle regole del mercato.
Il 6 aprile 2008, alcune decina di migliaia di milanesi festeggiavano il loro trionfo con il loro Sindaco, Letizia Moratti (destra). Il Sindaco, sostenuto dalla Regione e dal Governo allora diretto da Romano Prodi (centrosinistra), aveva depositato la candidatura del capoluogo della Lombardia per l'organizzazione dell'Esposizione universale due anni dopo, per rimarcare il centenario del primo Expo di Milano. “Sara' meglio dei Giochi Olimpici o dei mondiali di calcio”, hanno giurato in coro i promotori di questo successo per il quale 6 milioni di euro erano gia' stati spesi in una campagna di informazione/pubblicita'.
Cinquantamila alberi saranno piantati, chilometri di piste ciclabili create, i vecchi canali della citta' ritorneranno navigabili, nuove linee di metropolitana saranno aperte, 70.000 posti di lavoro assicurati. L'autore de “Il ragazzo della via Gluck”, che gia' cinquanta anni fa denunciava la cementificazione della sua citta', scrive sul suo blog: “Questa potrebbe essere una grande occasione per il mondo intero, se il progetto fosse stato affidato ad altre mani...”.
“Tre anni perduti”
E' la crisi economica, quella del 2008, la prima ad invitarsi all'Expo 2015, buttando acqua sugli entusiasmi dei primi tempi. E' anche l'anno in cui Silvio Berlusconi ritorna per la terza volta al potere, accompagnato dall'inamovibile Giulio Tremonti al ministero delle Finanze. Quest'ultimo, che non e' favorevole a questo progetto da lui giudicato dispendioso nel nuovo contesto di austerita', riduce la partecipazione dello Stato.
Nel 2011, e' la volta di Letizia Moratti a cedere il passo al suo concorrente Giuliano Pisapia (sinistra), che modifica il progetto iniziale. Infine, due anni dopo, la Lega Nord, anch'essa poco favorevole all'avvenimento, riconquista la presidenza della Regione. “Dal 2008 al 2011, i politici non hanno in senso stretto fatto nulla. Tre anni persi”, spiega il giornalista Gianni Barbacetto che, che con il suo collega Marco Maroni, ha pubblicato un libro intitolato “Il gran ballo dell'Expo” (Chiarelettere).
Un esempio. La scelta del sito. Sono finalmente Rho e Pero, due Comuni dei sobborghi di Milano, che sono designati per accogliere i padiglioni. “Il luogo piu' brutto del mondo”, assicura il populista Beppe Grillo, fondatore del Movimento 5 Stelle. Questi terreni agricoli appartengono alla fondazione Fiera di Milano (coi bilanci in rosso), di cui la Regione Lombardia e la citta' di Milano sono azionisti.
Gianni Barbacetto stima il loro costo tra 20 e 25 milioni di euro. Sotto la pressione dell'Ufficio Internazionale delle esposizioni, che ha sede a Parigi, le organizzazioni creano una societa' mista che finisce per acquistare questi terreni, nel 2011, per un importo di 142,6 milioni di euro. Venditore ed acquirente nel medesimo tempo, la Regione si rimborsa il proprio investimento, nonche' a trarne dei benefici dalla rivendita dei terreni ormai bonificati, alla fine dell'esposizione. Una scommessa rischiosa.
Passiamo ora alla scelta della persona, mezzo demiurgo e mezzo sovrintendente, che dovra' coordinare e far procedere il piu' grande cantiere d'Italia. Non facile in un Paese dove nessuna nomina di una certa importanza non puo' non passare da una soluzione politica. Per primo una fedele di Letizia Moratti. “Non capisce niente di aziende”, dicono i detrattori. Poi un ex-ministro dell'Innovazione di Silvio Berlusconi. Questo ha delle esigenze: installare i propri uffici in un palazzo storico con vista sul Duomo di Milano. L'affitto e' modesto: 1 milione di euro all'anno. Viene rifiutato con un “no grazie”. Arriva, infine, l'attuale responsabile della macchina Expo, Giuseppe Sala. Il 25 luglio 2011, viene lanciata la prima gara per la bonifica del sito. Tre anni e quattro mesi dopo la scelta di Milano.
Fuoco di sbarramento
Ma un nuovo stop si verifica il 20 marzo 2014. Quando le prime gru si stanno levando in cielo, sono i carabinieri, visitatori inattesi, che arrivano. Dopo tre anni di stagnazione, l'evento e' diventato cosi' urgente come fosse un terremoto o un'inondazione. E chi dice urgenza, dice meno controlli delle gare. Una prima inchiesta e' condotta dal 2012. Alcune aziende propongono di fare per 50 milioni di euro dei lavori stimati di un valore di 100. Batti il cinque! Queste si impegneranno per recuperare il ritardo dei contratti di sistemazione ma si accorgeranno che l'offerta era troppo bassa e il tempo troppo breve, come per il padiglione italiano il cui costo e' passato da 60 a 90 milioni di euro.
La mattina del 20 marzo 2014, i carabinieri arrestano, tra gli altri, tre uomini importanti accusati di aver pilotato, mediante mazzette/commissioni, l'attribuzione di alcuni lavori per farne beneficiare imprese amiche. Due di essi sono conosciuti: Gianstefano Frigerio, ex-deputato di Forza Italia, e Primo Greganti, ex-membro del Partito Democratico, che gia' aveva svolto l'opera di “facilitatore” di affari all'epoca dell'operazione “Mani Pulite” agli inizi degli anni 1990.
Il terzo non e' altri che Angelo Paris, responsabile dell'Ufficio contratti dell'Expo, altrimenti detto direttore dei lavori, il braccio destro di Giuseppe Sala. “Quello che io voglio -dice uno dei corruttori ad un imprenditore- e' di essere l'arbitro per i prossimi sette o otto anni. Per questo ti daro' tutti i cantieri che tu vuoi”. “Quello che piu' colpisce -sottolinea Gianni Barbacetto- e' che la corruzione sia ordinaria, quasi naturale”.
Solo il padiglione italiano restera'
Immediatamente, Matteo Renzi va a Milano e tira per la giacchetta Giuseppe Sala, perche' vuole che si dimetta. Il primo ministro, che vuole fare dell'Expo la vetrina della nuova Italia dinamica ed onesta, si ritrova di fronte ai vecchi demoni italiani. Subito rassicura gli investitori, gli sponsor e i Paesi invitati. “Noi arresteremo i ladri, non i lavori”, dice. Dopo, cerca di metter su un fuoco di sbarramento. Il capo del governo nomina “tutore” dell'Expo l'incorruttibile magistrato Raffaele Cantone, direttore dell'Autorita' nazionale anticorruzione (Anac), nuovamente tornato in auge dopo lo scandalo dei lavori della gigante diga di Venezia (Mose).
Sotto la sua autorita', diverse decine di persone “fanno le bucce” (ndr: controllano con pignoleria) tutte le gare prima di ricevere l'imprimatur da un giudice. Un po' tardi, puo' darsi: su 1,55 miliardi di euro di lavori gia' attribuiti nel 2014, 474 milioni lo sono stati grazie a deroghe del codice dei mercati… Tuttavia, il magistrato rimane prudente. “Noi abbiamo fatto tutto cio' che e' in nostro potere -dice-. Ogni volta che abbiamo avuto un dubbio, gli organizzatori ci hanno seguito, Ma io non posso garantire oggi che l'Expo sia al 100% indenne da imbrogli”.
Il 31 ottobre prossimo, quando l'evento chiudera' e gli operai cominceranno a smantellare le installazioni, non resteranno che due vestigia dell'Expo universale. Nel 1906, l'Italia aveva lasciato in eredita' il tunnel del Sempione, sempre funzionante tra Valais (Svizzera) e il Piemonte. Nel 2015, l'Expo lascera' in eredita' il padiglione italiano, il solo che restera' montato. E l'Autorita' nazionale anticorruzione, d'ora in poi ben agguerrita. Essa puo' sempre servire: Roma e' candidata ai Giochi Olimpici del 2024.

(articolo di Philippe Ridet, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 30/04/2015)
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