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Ghosn: la casa del tesoro, la casa della prigione
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Articolo di Redazione
20 novembre 2018 13:58
 
 Ecco cosa contribuirà a ripristinare il blasone del capitalismo internazionale… tutti i detrattori della mondializzazione liberale, sindacalisti rossi, militanti verdi, etc fustigano “una oligarchia”, che vive “in un altro mondo”, seduto su un potere smisurato con una quantità di oro da vertigini. Carlos Ghosn porta loro una ragione in più e ben corposa.
E’ Nissan, l’impresa del patron più mediatico al mondo dell’automobile che ha suonato la campana del morto. E in questa cerimonia si appresta a ringraziare colui che l’ha diretta da qualcosa come venti anni, con l’accusa di malversazione e frode fiscale. Roba da nulla… Se tutto questo sarà confermato – ci si immagina comunque male a vedere Nissan che si basa su un’indagine fragile o incompleta – questo patron già pagato “un braccio”, circa 15 milioni di euro all’anno, avrebbe rubato qualche centinaio di migliaia di euro supplementari sulle imposte ed avrebbe fatto pagare diverse sue spese personali alla sua azienda. A farci credere che stesse lottando per sbarcare il lunario…
Giove, ancora lui, fa impazzire chi vuole perdere. Carlos Ghosn, già in possesso di un SUV di dimensione gigantesche, dirigente autoritario che cumulava le funzioni più importanti, regolarmente ignorando le osservazioni che i suoi azionisti avrebbero potuto fare sulla sua avidità senza freni, avrebbe spinto con tracotanza per sbarazzarsi delle regole fiscali. Era in grado di volare alto nel mercato dell’automobile, ma ha planato al cospetto delle leggi. I suoi colleghi si contentano in linea di massima di sfruttare le leggi a loro vantaggio diventando campioni di evasione fiscale. Cosa che li mette a rischio di azioni giudiziarie. Ghosn avrebbe invece rotto questa linea rossa, sicuramente convinto della sua impunità.
Strana cecità: era riuscito a rimettere in piedi Nissan nonostante in molti non ci credessero, aveva fatto un difficile accordo con Renault e i suoi partner, portando il suo gruppo in prima fila tra i costruttori di automobili nel mondo. I suoi solidi emolumenti lo hanno messo a capo di una bella fortuna; il suo servizio come industriale lo facevano come una leggenda del mondo dell’automobile, proprio lui che aveva cominciato come semplice quadro presso Michelin. Un pedigree del genere gli sarebbe stato sufficiente. Bisogna credere che la morale del capitale non è quella del comune mortale. Chi guadagna milioni trova sempre che gli manchino 100.000 euro. Almeno su questo punto, il vecchio Marx aveva visto giusto: accumulate, accumulate!. E la legge e sono i profeti.

(articolo di Laurent Joffrin, pubblicato sul quotidiano Libération del 20/11/2018)
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