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Intese Stato/confessioni religiose. Ratifica del Parlamento per quelle firmate nel 2007! L'interrogazione Malan
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Articolo di Annapaola Laldi
9 aprile 2010 7:54
 
Un’interrogazione del senatore valdese del PdL, Lucio Malan, rivolta al Presidente del Consiglio il 16 marzo scorso, mi suggerisce di affrontare in modo diretto un problema, che nei miei annuali aggiornamenti sull’Otto per mille ho toccato solo di sfuggita.
Si tratta del fatto che, dal 1996, dopo le sei prime Intese (con Valdesi, ADI, Battisti, Luterani, Avventisti ed Ebrei) non è stata più ratificata dal Parlamento nessuna nuova Intesa, anche se, già il 20 marzo del 2000, al termine del lungo e severo iter previsto dalla normativa vigente, arrivarono alla firma del Presidente del Consiglio (allora era Massimo D’Alema), due nuove Intese, quella con l’Unione Buddista Italiana e quella con la Congregazione dei Testimoni di Geova. Che caddero evidentemente nel dimenticatoio e, a quanto si è saputo di recente, furono invalidate dall’avvento dell’Euro (1 gennaio 2002). Solo dopo cinque anni,  il 4 aprile 2007, furono rinnovate e firmate dal Presidente del Consiglio (Romano Prodi)  insieme con altre quattro nuove Intese (con la Chiesa apostolica in Italia, la Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni, la Sacra Arcidiocesi d’Italia –Esarcato ortodosso per l’Europa meridionale e l’Unione induista italiana) e due modifiche, una all’Intesa con la Tavola valdese e l’altra all’Intesa con l’Unione delle Chiese avventiste del 7.o giorno.
Nel giugno 2009, a distanza di oltre due anni da quella data, sono state ratificate dal Parlamento soltanto le due modifiche: quella relativa agli Avventisti con la L. 8.6.2009, n. 67 e quella riguardante i Valdesi con la L. 8.6.2009, n. 68, entrambe pubblicate sulla G.U. n. 140 del 19 giugno 2009. Sulle nuove Intese, invece, neanche una parola.
Al contrario, adesso, a 3 anni esatti dalla loro firma, le sei nuove Intese risultano ancora ignorate dal Governo che è l’organo che deve redigere e presentare al Parlamento il necessario disegno di legge di ratifica. Una inerzia inammissibile e giuridicamente ingiustificata che fa strame del diritto al concreto e perfetto godimento della libertà religiosa solennemente sancito sia dalla nostra Costituzione (articoli 3, 8 e 19) sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948 (art. 18). Ma perché accade tutto ciò? Che cosa ostacola la predisposizione di un disegno di legge estremamente semplice? E perché, se è insorto qualche problema nei confronti di una o più Intese –di qualunque natura esso sia- il Governo non ha il coraggio di dirlo e di chiedere, in tal caso, una pausa di riflessione, presentando però alla ratifica le altre Intese? Oppure portare i dubbi in aula e farne discutere le assemblee legislative? Perché è questo che deve fare un Governo che si rispetti e abbia il coraggio delle proprie azioni.
Di questo problema, come accennato all’inizio, si è fatto carico, il 16 marzo scorso, il senatore valdese del PdL Lucio Malan, il quale ha rivolto proprio al Presidente del Consiglio un’interrogazione, chiara e circostanziata nella sua cronistoria di fatti e adempimenti, che riporto qui sotto con l’aggiunta di qualche intervento redazionale (sottolineature e link). Spero che il senatore Malan non me ne voglia perché rendo più fruibile la sua interrogazione (tecnicamente: atto di sindacato ispettivo) ai lettori non addetti ai lavori. Che spero siano tanti e interessati e facciano sentire la loro voce nelle sedi che ritengono idonee.

“Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01227

Atto n. 3-01227

Pubblicato il 16 marzo 2010
Seduta n. 352

MALAN - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -

Premesso che:
la libertà religiosa è sancita in modo inequivocabile dall'articolo 19 della Costituzione, e l'articolo 3 afferma l'eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione;

pertanto, le intese con le confessioni religiose diverse dalla cattolica previste dall'articolo 8 della nostra Carta fondamentale, oltre ad essere un diritto in sé e un dovere dello Stato, inverano anche i principi della libertà religiosa e dell'uguaglianza dei cittadini, stante la particolarità dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, riconosciuti all'articolo precedente;

l'articolo 15 del trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947 tra le potenze alleate e l'Italia, dopo la Seconda guerra mondiale, tuttora in vigore, prevede anch'esso la piena libertà religiosa e l'eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione, ciò che rese comunque inevitabile la scelta dell'Assemblea costituente, nella quale, peraltro, non emersero voci contrarie a questi principi;

in applicazione della Costituzione, anche a seguito della modificazione dei Patti Lateranensi - prevista peraltro dallo stesso articolo 7 della Costituzione, al secondo comma - dal 1984 al 1993 furono firmate sei intese; in due casi il disegno di legge di ratifica fu approvato definitivamente nell'anno stesso della firma; comunque, il Governo presentò sempre alle Camere il disegno di legge di ratifica entro i 18 mesi dalla firma, anche in caso di cambio di legislatura e di compagine di Governo;

successivamente, salvo alcune modifiche a quelle precedenti, nessun'altra intesa è giunta al termine del suo cammino, nonostante gli importanti atti compiuti da diversi Governi: nel 1999 il Presidente del Consiglio dei ministri Massimo D'Alema firmò quelle con l'Unione buddhista italiana e la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova; nel corso della XIV Legislatura il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta siglò preliminarmente le modifiche alle due intese suddette, resesi necessarie a causa di modifiche legislative, come l'introduzione dell'euro, e quattro nuove intese: con la Chiesa apostolica in Italia, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, la Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia - Esarcato ortodosso per l'Europa meridionale e l'Unione induista italiana; il 4 aprile 2007 il Presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi provvide alla firma di tutte e sei;

tuttavia, gli indispensabili disegni di legge di ratifica non sono stati presentati né dal secondo Governo Prodi negli 11 mesi in cui restò ancora in carica, né fino ad oggi dall'attuale Esecutivo, nei successivi 22 mesi;

la procedura attraverso la quale hanno dovuto passare le confessioni religiose per la stipula di un'intesa è lunga e complessa: ciascuna di esse ha dovuto innanzitutto ottenere il riconoscimento della personalità giuridica ai sensi della legge n. 1159 del 24 giugno 1929, per il quale è indispensabile il parere favorevole del Consiglio di Stato; solo a seguito di questo, ciascuna confessione ha formulato una richiesta che è stata sottoposta preventivamente al parere della Direzione centrale degli affari dei culti del Ministero dell'interno; ottenuto anche questo parere favorevole, ha rivolto un'istanza al Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha affidato le trattative al competente Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri; il Sottosegretario si avvale della Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, della quale fanno parte rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze (con riferimento al Dipartimento della Ragioneria dello Stato e Agenzia delle entrate), della difesa, dell'istruzione, università e ricerca, per i beni e le attività culturali e della salute; nel corso della trattativa la Commissione predispone la bozza di intesa unitamente alle delegazioni della confessione richiedente; sulla bozza occorre poi il parere preliminare della Commissione consultiva per la libertà religiosa; a conclusione delle trattative, l'intesa è siglata dal Sottosegretario e dal rappresentante della confessione religiosa; solo a questo punto può avvenire l'esame del Consiglio dei ministri per autorizzare il Presidente del Consiglio alla firma; tutti questi passaggi sono però inutili senza il disegno di legge di ratifica e la sua successiva approvazione da parte del Parlamento;

non risulta che nel lungo iter descritto (che peraltro ha coinvolto Governi di diverso colore politico) siano emersi problemi di alcun genere nei confronti delle sei confessioni interessate o dei loro fedeli in quanto tali;

il sito Internet del Governo, dal quale si desume la procedura di cui sopra, non menziona alcun ulteriore adempimento preliminare alla presentazione dell'intesa alle Camere;

gli aderenti alle suddette confessioni nel nostro Paese sono numerosi: gli ortodossi in Italia sono stimati in circa 1.200.000, di cui una parte rilevante fa capo alla Sacra arcidiocesi che ha sottoscritto l'intesa; la congregazione che li raccoglie in Italia afferma che i testimoni di Geova che svolgono attività di predicazione almeno una volta al mese sono 240.000; i buddhisti sono circa 200.000 e gli induisti circa 100.000, gran parte dei quali fanno capo alle unioni che hanno firmato le intese; i mormoni (come comunemente vengono definiti gli aderenti alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni) già nel 2007 dichiaravano 22.000 fedeli; la Chiesa apostolica, infine, stima in 20.000 il numero dei propri aderenti e simpatizzanti; il numero degli aderenti a queste confessioni tende ad aumentare, sia a causa dell'immigrazione, sia a seguito di scelte individuali;

oltre, naturalmente, a quelli dei rappresentanti delle confessioni interessate, sono numerosi gli appelli levatisi a favore del completamento della procedura di stipula di queste sei intese;

il 13 giugno 2009 si è tenuta a Roma una manifestazione che per la prima volta dagli anni '20 del secolo scorso ha visto riuniti i rappresentanti di pressoché tutte le confessioni protestanti-evangeliche d'Italia (forti di oltre 500.000 aderenti), avente ad oggetto la libertà religiosa nella nostra Repubblica e la sollecitazione della ratifica delle sei intese; in tale occasione, i presenti, inclusi rappresentanti di minoranze non protestanti, il Vice Presidente del Senato Vannino Chiti, il senatore Ceccanti e l'interrogante - presenti come invitati - hanno sottoscritto un appello al Governo, in seguito sottoscritto da molte decine di migliaia di persone, al quale a tutt'oggi non è giunta alcuna risposta;

il giorno 8 luglio 2008 è stata presentata l'interrogazione 4-00281 a firma dei senatori Ceccanti, Bianco, Incostante e Negri per sapere se il Governo intendesse presentare i disegni di legge di ratifica delle intese firmate;

il 23 febbraio 2009, il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, dava risposta (fare nostro il documento qui linkato http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_16/showXhtml.Asp?idAtto=1731&stile=6&highLight=1 all'atto di sindacato ispettivo suddetto riferendo che i disegni di legge non erano stati presentati tempestivamente dal Governo Prodi a causa di problemi sollevati dalla Ragioneria generale dello Stato sulla copertura finanziaria, risolti con l'approvazione della legge finanziaria per il 2008 e che l'anticipata fine della XV Legislatura aveva poi impedito il proseguimento dell’iter legislativo; per quanto riguarda la XVI Legislatura, il Ministro scriveva che il Governo manteneva alta l’attenzione nei confronti delle esigenze delle diverse confessioni, nonché l’intenzione di sottoporre all’esame del Consiglio dei ministri i testi dei disegni di legge di approvazione,

si chiede di sapere, a oltre 12 anni dall'inizio della procedura di alcune delle intese in questione, a quasi tre anni dalla firma, a oltre un anno dall'incoraggiante risposta del Ministro per i rapporti con il Parlamento, quando il Governo intenda presentare i disegni di legge relativi alle intese già stipulate ovvero quali difficoltà ostino ad un tale fondamentale adempimento”.

N.B. IN questa interrogazione mi risulta errato l’anno della firma delle intese con l’Ubi e i Testimoni di Geova; è il 2000 (20 marzo) e non il 1999.


NOTA

I testi degli articoli sulla libertà di religione:

dalla Costituzione della Repubblica italiana:

art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese
”.

art. 8: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento politico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze
”.

art. 19: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associate, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

Dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo (ratificata anche dalla Repubblica italiana):
art. 18:
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.

Solo per la cronaca, ma senza entrare nel merito della questione –che è molto spinosa-, va ricordato che quanto sancito dall’articolo 19 della Costituzione non è stato ancora (dopo oltre 60 anni!!!) articolato in una legge ordinaria. Ragion per cui, la libertà di religione è ancora disciplinata dalla Legge 24.6.1929, n. 1159  (Disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi ...), varata subito dopo il Concordato con la Chiesa cattolica, che, con l'avvento della Repubblica, è stata semplicemente ritoccata dal punto di vista verbale (al posto del termine "Re" è stata messa la dizione "Presidente della Repubblica"). Nonostante si siano avuti molteplici tentativi di fare arrivare alla discussione delle Camere un disegno di legge adatto ai nuovi tempi, bisogna registrare anche qui una renitenza intollerabile da parte di molti.
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