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Le lacrime della stampa turca. Il presidente dello stato Erdogan la fa da padrone sull’80 percento circa dei media
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Articolo di Redazione
5 aprile 2018 9:08
 
Quel giorno [dell’agosto 2013] non lo dimenticherò mai: il magnate, che aveva comprato il giornale, sul quale io scrivevo, invitò i colonnisti nella sede della holding e annunciò così la nuova politica editoriale: “Da questo momento non voglio più una riga che sia contro Erdogan”.
Quando io protestai: “Ma come può essere, nessuna critica al regime su un giornale socialdemocratico come il “Milliyet”?”, lui replicò: “Lo conosce il mio rischio d’impresa? Io dipendo in tutto e per tutto dalla parola del governo”.
E io fui licenziato.
Poi scappò fuori una registrazione telefonica. Il mio capo telefonava al suo “Capo”, cioè all’allora premier Erdogan. Poiché un servizio del giornale lo aveva fatto adirare, Erdogan aveva fatto una ramanzina al proprietario. “Perché mi sono messo in questa faccenda!?”, piangeva il magnate al telefono. Sì, il settantanovenne imprenditore piangeva davvero.
Proprio questo imprenditore, Erdo?an Demirören, uno dei più grossi industriali turchi, è diventato la scorsa settimana il massimo magnate dell’informazione della Turchia. Aydim Dogan, il “Murdoch della Turchia”, che aveva dominato quasi completamente da quarant’anni a questa parte i principali media, ha venduto a sorpresa al suo concorrente Demirören tutta la sua azienda, compresi i giornali più venduti, “Hürrieyet” e “Posta”, e la popolarissima emittente televisiva “Kanal D” e “CNNTürk”, per 1,2 miliardi di dollari. E’ chiaro a tutti che l’operazione, che va contro la legge antimonopolio, non è una vendita, ma una “confisca”. Erdogan non ha mai dimenticato il giornale “Hürrieyet”, che vent’anni fa pubblicò su di lui un articolo dal titolo “La sua vita politica è alla fine”, e il suo proprietario. Appena arrivato al potere, dimostrò apertamente la sua ostilità. Aydin Dogan ebbe una penale fiscale della incredibile somma di 2,5 miliardi di dollari. Per abbassarla a 700 milioni di dollari, dovette mandar via tutta una serie di caporedattori e giornalisti. Vendette i giornali “Milliyet” e “Vatan” e mise fine alla critica al governo in tutti gli organi del suo gruppo mediatico. Springer , il partner tedesco di Dogan, decise di ritirarsi, dato che la libertà di stampa era “calpestata”. Tutto ciò non fu abbastanza per Erdogan. Aydin Dogan si vide costretto a vendere tutto quanto, e alcuni pensano che lo abbia fatto per il timore di essere messo in carcere.
In questo modo, il presidente dello Stato turco, prima delle elezioni, in cui si vota sul suo destino e quello del suo Paese, detiene la poltrona di massimo barone dei media d’Europa. Egli decide su circa l’80 percento dei media. I giornali che non dipendono da lui rischiano di essere proibiti.
Orbene, questa vendita, che rafforza la macchina della propaganda delle elezioni, influenzerà il risultato delle elezioni?
E’ difficile. Perché i media lealisti hanno perso da tempo il loro pubblico. Continuano a pubblicare solo per compiacere una singola persona, e pregano tutto il giorno per la sua rielezione.

(Articolo di Can Dündar, da “Die Zeit” n. 14/2018 del 27 marzo 2018)
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