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Leoni coi forti e cerbiatti con i deboli - Lettera aperta ad Antonio Manzini
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Articolo di Annapaola Laldi
7 dicembre 2018 9:43
 
Caro signor Antonio Manzini,
seguo le storie della vita e delle inchieste del Suo vicequestore Rocco Schiavone sin dall’inizio del suo trasferimento dalla natia Roma alla Questura di Aosta. Quindi, da cinque anni, visto che la prima di queste avventure, Pista Nera, è del 2013.
Non so niente, invece, della trasposizione televisiva di questi Suoi romanzi, non solo perché non ho la televisione, che trovo noiosa e invadente, ma anche e soprattutto perché mi piace immaginarmi i personaggi a modo mio. Quando si identificano in un interprete, secondo me, vengono come fossilizzati, e noi non possiamo usare e incrementare quei preziosi beni che sono, appunto, l’immaginazione e l’esercizio della lettura.
Il Suo vicequestore è, certamente, un personaggio inquietante; molto fuori dalle regole, che ci piace immaginare seguano almeno gli “eroi” dei romanzi e dei film, che vorremmo sempre “buoni”. Senza stare a farla troppo lunga, posso riassumere le sue ombre dicendo che non ha un comportamento esemplare, proprio nel senso che in diversi atteggiamenti e azioni è meglio non seguirlo. Eppure proprio queste sue criticabili debolezze concorrono a farne una persona completa, a mettere meglio in luce la sua virtù precipua, quella che Lei, signor Manzini, sottolinea quando dedica il Suo più recente libro Fate il vostro gioco a coloro che sono “leoni coi forti e cerbiatti coi deboli”. 
Perché, a ben pensarci, questo è il motivo conduttore della vita di Rocco Schiavone; motivo conduttore che mi pare sia molto ben percepibile in questa storia, che non finisce con la soluzione perfetta del caso, ma che ci confronta con problemi drammaticamente attuali come la ludopatia vissuta da persone che, in qualche modo care a Schiavone, vengono sostenute da lui con tutta quella rudezza, che gli conosciamo bene.
Una rudezza che è la scorza forse necessaria per continuare a vivere una vita che gli ha riservato difficoltà di partenza e tragedie, che nessuno può augurare a sé o ad altri (aggiungo: “neppure ai peggiori nemici”).
E proprio qui, in questo suo vivere ancora con decisione, con forza e coraggio, c’è, la vera e profonda esemplarità di questo personaggio che, con tutte le prove, a cui la vita lo ha sottoposto e continua a sottoporlo, rimane un essere umano che non crea falsi nemici e che sa prendersi la responsabilità senza dare la colpa agli altri. Che, anzi, soccorre chi si trova in difficoltà, spendendosi per loro, si tratti di un cucciolo di cane o di un adolescente un po’ sbandato, o, appunto, di persone possedute dal demone del gioco.Una sensibilità, dunque, che possiamo, anzi dobbiamo augurare a noi stessi.
Di tutto ciò voglio ringraziarLa, signor Manzini, augurando lunga vita al vicequestore Rocco Schiavone, e, a Lei, una vita ricca di soddisfazioni e interiormente vicina al personaggio che così felicemente ha creato.
Annapaola Laldi
 
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