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Lotta contro il cambiamento climatico. Ocse: una cosa buona da fare subito
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Articolo di Redazione
25 maggio 2017 10:33
 
 Ecco un rapporto tempestivo, alla vigilia del summit del G7 di Taormina, dove la questione del cambiamento climatico sara’ apertamente dibattuta. Investire a favore della transizione energetica dovrebbe portare beneficio alla crescita: questo e’ quanto pensano all’Organizzazione della cooperazione e dello sviluppo economico (OCSE-OECD) in un rapporto di piu’ di 300 pagine indirizzato lo scorso 2 maggio ai G20. “Lungi dall’essere un freno, l’integrazione dell’azione climatica alla politica a favore della crescita, puo’ avere un effetto economico positivo”, ha detto il segretario generale dell’OCSE, Angel Gurria, presentando il rapporto. Un insieme di misure ben calibrate dovrebbe anche permettere di far crescere il 2,8% del prodotto interno lordo (PIL) dei Paesi del gruppo dei 20 entro il 2050. L’aumento netto potrebbe anche raggiungere il 5% tenendo conto dell’eliminazione di alcuni effetti nefasti del riscaldamento, cosi’ come i danni causati dalla moltiplicazione di episodi climatici estremi.
“Passare subito all’azione”
“Il problema e’ cosi’ urgente che dobbiamo subito passare all’azione”, ha ancora esortato Gurria. Un’allusione completa alle tergiversazioni della nuova amministrazione americana sull’accordo di Parigi, adottato nel 2015 per imbrigliare il riscaldamento (l’accordo prevede di contenere l’aumento delle temperature “ben al di sotto di 2 gradi" rispetto alla situazione preindustriale). Un processo che Donald Trump, presidente del secondo Paese che a livello mondiale emette gas ad effetto serra, ha minacciato di ritirarsi promettendo di “mettere fine alla guerra contro il carbone”. La questione e’ una delle prime a dover essere affrontata nell’ambito del summit del G7, nel corso del quale i partner degli Usa aspirano ad ottenere dei chiarimenti.
Nel suo rapporto, l’OCSE insiste sul costo che comporterebbe ogni ritardo nella realizzazione degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Un’azione troppo tardiva porterebbe alla fine alla necessita’ di interventi piu’ radicali, con rischi di perturbazioni economiche ed ambientali profonde. Le infrastrutture legate alle energie fossili o a forte presenza di carbone, diventerebbero bruscamente obsolete, con la conseguente di rilevanti deprezzamenti.
L’organizzazione economica che ha sede a Parigi, al Château de la Muette, fa appello perche’ gli Stati del G20 su assumano la guida nella lotta contro il riscaldamento. Se essi rappresentano il 95% del PIL mondiale e l’80% delle emissioni di CO2, i Paesi sono anche “collettivamente in un punto di transizione”, sottolinea l’OCSE. Le venti principali economie del Pianeta riuniscono insieme il 98% delle capacita’ gia’ esistenti di energia eolica, il 97% di quella fotovoltaica e il 93% dei veicoli elettrici.
Investire piu’ apertamente nelle infrastrutture
Qualunque siano le loro previsioni di budget, i Paesi possono agire sopprimendo ogni forma di sovvenzione alle energie fossili, aumentando la tassazione sul carbone e riorientando la politica di ricerca e sviluppo a favore dell’innovazione verde. L’OCSE fa appello anche ad investire piu’ apertamente nelle infrastrutture. Questo tipo di “ingiunzione” non e’ nuova. Da due/tre decenni, i Paesi avanzati con economie emergenti -con l’eccezione della Cina- soffrono di un sotto-investimento cronico che pesa sulla crescita.
In questo, l’OCSE valuta in 6.300 miliardi di dollari (5.600 miliardi di euro) all’anno, fino al 2030, i bisogni di investimenti dei Paesi del G20 in trasporti, energia, acqua o telecomunicazioni. Uno sviluppo che bisognera’ aumentare del 10% se questi investimenti saranno sistematicamente diretti verso infrastrutture rispettose del clima. Ma questo avra’ un risvolto altamente compensato dai benefici in materia di innovazione, economie energetiche, sanita’ e benessere delle popolazioni…
L’OCSE riconosce tuttavia che “la transizione non riuscira’” se essa non sara’ “inclusiva”. Cioe’, il sostegno politico e sociale a queste iniziative di ampiamento, sara’ compromesso se i lavoratori, le imprese e la collettivita’ dovranno dipendere da attivita’ inquinanti e non ne saranno direttamente coinvolti.

(articolo di Marie de Vergès, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 25/05/2017)
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