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Missioni umanitarie in Mediterraneo. A bordo dell'Aquarius: 'quando la crisi sarà nei libri di storia, ne avremo vergogna'
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Articolo di Redazione
18 settembre 2018 11:35
 
 Ha questa analogia in testa. A bordo dell’Aquarius, che fa rotta verso il Mediterraneo centrale, quando Carlos Jaramillo pensa ai migranti che si appresta a soccorrere in mare, si rivede le immagini dell’11 settembre 2001. Quelle di queste donne e di questi uomini che saltano dalle finestre del World Trade Center, i loro corpi lanciati in un caduta vertiginosa e senza sbocco. “Dovevano avere l’inferno dietro quelle finestre per gettarsi nel vuoto”, dice. "Come queste persone che scelgono di tentare la traversata del Mediterraneo con delle imbarcazioni di fortuna". “Sono veramente disperati per rischiare la loro vita in mare”.
E’ la prima volta che questo medico di 43 anni, americano-colombiano, sale a bordo dell’Aquarius. Fa parte di tre nuovi arrivi in seno all’équipe di dieci volontari di Médecins sans frontières (MSF) imbarcati sulla nave della ONG SOS Méditerranée. “Ero già salito su una nave, ma per delle crociere turistiche, nei Caraibi e tra l’Italia e la Spagna”, prosegue Carlos Jaramillo. Anche lei nuova a bordo, Liza Courtois, infermiera francese di 29 anni, ha a suo vantaggio l’esperienza di due missioni per MSF in Ciad e Repubblica Centrafricana, ma non in mare.
L’Aquarius piuttosto che Iraq o Libia
Entrambi ci tenevano a salire a bordo dell’Aquarius. E’ un’operazione “unica” secondo Carlos Jaramillo. “Quest’anno mi è stato proposto di dare una mano per delle missioni in Iraq e in Libia, ma ho scelto quella dell’Aquarius perché penso si tratti di un imperativo morale quello di rispondere a questa crisi umanitaria”, si giustifica. “E da un punto di vista più personale, la questione dei rifugiati mi tocca poiché in Colombia, da dove vengo, c’è stata sempre una crisi interna dovuta ai migranti interni”.
Liza Courtois si prepara anche ad un’esperienza singolare, “non in termini di vite salvate ma di umanità”, tenta di spiegare. “Un domani questa crisi sarà nei libri di storia e ne avremo vergogna”, dice l’infermiera. Quando era ancora nella Repubblica Centrafricana, in una sua precedente missione, ricorda di aver molto sentito parlare dell’Aquarius con i suoi colleghi. “Quello che accade è terribile -spiega. Normalmente le persone guardano con benevolenza ai lavoratori umanitari ma, nei casi di salvataggio nel Mediterraneo, le ONG sono state criminalizzate, si sono fatte considerazioni politiche quando invece, per me, si tratta solo di vite da salvare”.


Liza Courtois è, a bordo della nave, la persona di riferimento per reperire le persone particolarmente vulnerabili tra quelle che vengono soccorse in mare: vittime di torture o di violenze sessuali, minori da soli, donne incinte… Lei, durante il suo percorso professionale, ha essenzialmente lavorato nei servizi di pronto soccorso ospedaliero, in Francia, in Quèbec -dove abita- poi in Repubblica Centrafricana. “Da quando ho 15 anni, ho MSF in testa -dice la giovane donna. Mi piace il modo in cui questa ONG è cresciuta, il principio di neutralità, quello di ricostruire la dignità delle persone, di venire incontro alle loro sofferenze...”.
“Vorrei che nessuno annegasse”
Carlos Jaramillo aveva da molto tempo, “in un angolo della sua testa”, la voglia di lavorare del MSF. In Pennsylvania, dove vive, il medico lavora in un ospedale come specialista di malattie infettive. E’ andato nella sua prima missione con MSF in Uzbekistan nel 2016. “Quando ho avuto 40 anni, ho cominciato a dirmi che se non avessi realizzato alcune cose in quel momento, non lo avrei probabilmente fatto mai -ricorda. Ne ho parlato alla mia donna e mi sono buttato”.
Sul ponte della nave, lunedì 17 settembre, le équipe di MSF e di SOS Méditerranée si esercitano in uno scenario di crisi. La nave si trasforma in un ospedale da campo e le patologie più probabili in caso di salvataggio sono passate in rivista: ipotermia, arresto cardiaco, bruciature, disidatrazione… “Ho rotto molte costole, non arrabbiatevi, non è un problema”, dice Liza Courtois per rassicurare coloro che non hanno ancora familiarità con la pratica del massaggio cardiaco e le sue indesiderabili conseguenze. In casi urgenti, si dovrebbe andare con la mano pesante.
Mentre l’Aquarius dovrà battere martedì sera la sua zona di pattuglia, al largo della Libia, Carlos Jaramillo pensa: “Sono in attesa in un modo ambiguo”, si confida. “Una parte di me non vede l’ora di trovare delle persone da salvare ma, nello stesso tempo, non vorrei che queste persone si mettessero in pericolo prendendo il mare. Vorrei che nessuno stesse per affogare”.
 

(articolo di Julia Pascual, pubblicato sul quotidiano Le Monde del 18/09/2018)
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