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Narcoguerra messicana. I 'nodi al pettine' della politica dell'ex-presidente Calderon
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19 aprile 2013 20:09
 
La liberazione questa settimana di due alti responsabili della sicurezza, messi in galera nel periodo del governo di Felipe Calderon (2006-2012), per presupposti legami con i narcotrafficanti, da' il suo contributo a rimettere in discussione il bilancio dell'ex-presidente messicano nella lotta contro la delinquenza organizzata. L'ex-capo del servizio specializzato nella lotta contro il crimine organizzato (SIEDO), Noé Ramírez Mandujano, arrestato nel 2008, e l'ex- numero due dell'esercito messicano, il generale in pensione Tomas Angeles Dauahare, arrestato nel 2012, sono stati rimessi in liberta' rispettivamente lunedi' 15 e mercoledi' 17 aprile per mancanza di prove. I due uomini erano stati arrestati nel quadro di grandi operazioni organizzate dal governo Calderon contro presupposte infiltrazioni del crimine organizzato nei piu' alti livelli dello Stato. Mandujano e Angeles sono stati arrestati in due momenti diversi. Ma in entrambi i casi sulla base comune di denunce fatte da “testimoni protetti”, criminali che avevano scelto di collaborare con le autorita'. “Il progetto centrale del governo Calderon e' stato quello -chiamato- di guerra contro i narcotrafficanti e che non si e' concluso con una vittoria. Ma noi ora sappiamo non solo che e' stato inefficace, ma anche di piu', cioe' ingiusto, violando la legge e creando vittime innocenti”, ha detto all'agenzia France Press (AFP) l'analista politico Lorenzo Meyer. Piu' di 70.000 persone sono state assassinate in Messico per questioni relazionate al crimine organizzato durante i sei anni della presidenza Calderon. L'ex-presidente ha difeso la sua strategia, e in particolare la sua decisione di utilizzare in modo massiccio l'esercito nella lotta contro il crimine organizzato, col risultato che una ventina dei 32 criminali catturati, considerati i piu' pericolosi, sono stati catturati o uccisi nel corso del suo mandato. Calderon all'inizio aveva beneficiato del sostegno dell''opinione pubblica ma, via via, “il risultato in termini di costo di vite umane e' stato cosi' alto che il bilancio e' stato subito messo in discussione”, dice Nicolas Loza, della Facolta' latinoamericana di Scienze Sociali (Flacso).
Capri espiatori
“E' stata una farsa. Si e' preso in giro il popolo messicano”, ha detto Ramirez Mandujano sulla stampa il giorno dopo la sua liberazione. Il primo capo della lotta contro il crimine organizzato di Calderon, fu arrestato nel novembre del 2008, qualche mese dopo aver lasciato il suo incarico, nel quadro di una “Operazione pulizia”, messa in opera contro decine di alti funzionari -la maggior parte oggi gia' liberati- incriminati di legami con il cartello di narcotraffico dei fratelli Beltran Leyva. Il generale Angeles, invece, era stato imprigionato a maggio del 2012 con altri cinque alti responsabili militari, e accusato di aver ricevuto importanti somme di denaro per la protezione del cartello Beltran Leyva, un'organizzazione criminale in guerra coi suoi vecchi alleati del cartello di Sinaloa, la piu' importante organizzazione criminale messicana. Il governo Calderon “aveva bisogno di far vedere dei risultati e, siccome non riusciva a raggiungere un risultato di peso contro il reale nemico, si li era inventati nei propri ranghi per dare un'impressione di efficienza”, dice Meyer, professore del prestigioso Collegio del Messico. “Hanno cercato dei capri espiatori”.
Fabbricatori di prove?
Esperti in sicurezza, giudici ed ora anche il ministero della Giustizia, sotto la direzione del partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) del nuovo presidente Enrique Pena Nieto, criticano l'uso che e' stato fatto dei testimoni protetti all'epoca del governo conservatore di Calderon. Nel caso di Mandujano, come in quello di Angeles, la polizia giudiziaria messicana si e' appoggiata essenzialmente su un testimone conosciuto con lo pseudonimo di “Jennifer”. Il giudice che ha deciso la liberazione del primo ha aperto un'inchiesta sui funzionari che avevano raccolto le sue dichiarazioni per “una possibile fabbrica di prove”. “Se il PRI vuole che si veda la differenza rispetto al governo precedente, occorre individuare i responsabili di questo spettacolo di falsi colpevoli”, dice Meyer. Che ricorda il caso di Florence Cassez, liberata a gennaio dalla Corte suprema del Messico dopo essere stata condannata per rapimento nel periodo di Calderon che, pubblicamente, ha espresso il proprio convincimento della colpevolezza della donna francese e la propria opposizione alla sua liberazione.

(articolo di Guillermo Barros, per l'agenzia AFP)
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