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No, i pesticidi non sono necessari per nutrire il Pianeta
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Articolo di Redazione
11 marzo 2017 16:09
 
 No, i pesticidi non sono necessari per nutrire il Pianeta. E’ un mercato che vale 50 miliardi di dollari all’anno (47 miliardi di euro), che l’industria non vuole lasciare andare, al punto di veicolare un “mito”: i pesticidi sono essenziali alla sicurezza alimentare di una popolazione mondiale che dovrebbe superare il 7 miliardi di oggi, arrivando nel 2050 a 9 miliardi.
E’ totalmente falso, dimostra un rapporto presentato l’8 marzo al consiglio dei diritti dell’uomo della Nazioni Unite, che accusa le multinazionali (Syngenta, Monsanto, Bayer…) di negare i rischi sanitari e ambientali legati all’uso di questi prodotti tossici. Per vendere sempre piu’ pesticidi, questi grandi gruppi si battono contro ogni restrizione o limitazione d’uso con delle campagne di lobby presso i governi nazionali e con delle “strategie di marketing aggressive e contrarie all’etica”.
Per gli autori del rapporto, Hilal Elver, relatrice speciale per il diritto all’alimentazione, e Baskut Tuncak, relatore speciale sulle sostanze tossiche, “l’uso sempre maggiore di pesticidi non ha niente a che vedere con la riduzione della fame nel mondo. Secondo la FAO (organizzazione ONU per alimentazione e agricoltura) noi potremmo nutrire oggi 9 miliardi di persone. La produzione aumenta, ma il problema e’ nella poverta’, nelle ineguaglianze e nella distribuzione”.
Inoltre, il apporto sottolinea che “le aziende non lavorano per la riduzione della fame, ma per una crescita dell’attivita’ agricola in larga scala”. Una grande quantita’ di pesticidi e’ anche utilizzata per coltivazioni come l’olio di palma e la soia. Un pratica che non serve a nutrire direttamente le popolazioni vulnerabili e che porta a delle deforestazioni.
200.000 morti all’anno
Si aggiunga a questo mito industriale, l’aspra constatazione delle conseguenze “catastrofiche sull’ambiente, la salute umana e la societa’”. Gli esperti dell’ONU valutano a 200.000 le morti provocate dai pesticidi ogni anno. Elver e Tuncak spiegano che esiste “un legame tra esposizione regolare ai pesticidi e la malattia di Alzheimer, la malattia di Parkinson, i disturbi endocrini, i disturbi dello sviluppo e la sterilita’. I pesticidi possono anche avere numerose ripercussioni sul piano neurologico, come perdite di memoria, mancanza di coordinamento ed anche cecita’ e mobilita’ ridotte. L’asma, le allergie e l’ipersensibilita’ sono altri effetti possibili”.
Gli autori sono anche preoccupati per gli avvelenamenti dovuti all’ingestione diretta di questi prodotti tossici. Due episodi drammatici tra gli altri: in India nel 2013, 23 bambini di 4-12 anni sono morti dopo aver consumato un pasto contaminato da un pesticida, il monocrotofos; l’anno seguente in Cina, la storia si e’ ripetuta per 39 bambini che avevano ingerito del cibo contenente dei residui di THP. Altri drammi simili hanno avuto ugualmente luogo in Peru’ o in Bangladesh, ricordano i ricercatori che fanno sapere che in alcuni Paesi in via di sviluppo, il numero di decessi dovuti a questi avvelenamenti diretti e’ “superiore a quello dovuto alle malattie infettive”.
Conseguenze disastrose sull’ambiente
E senza sorpresa, l’ambiente non ne e’ risparmiato: “L’uso eccessivo e in abuso di pesticidi porta ad una contaminazione dei terreni e delle risorse di acqua negli spazi circostanti, con risvolto sulla riduzione della biodiversita’, la distruzione di popolazioni di insetti benefici che sono i nemici naturali dei parassiti e una base di valore nutrizionale degli alimenti”. In Cina, per esempio, 26 milioni di ettari di terre agricole, cioe’ tre volte la superficie del Portogallo, sono contaminati da pesticidi, e circa il 20% delle terre che potrebbero essere arate, non possono essere coltivate.
In questo ne e’ coinvolta tutta la biodiversita’. Vietata la vendita in Francia a partire da settembre del 2018, i neonicotinoidi, gli insetticidi piu’ utilizzati al mondo, sono responsabili della “sindrome del collasso delle colonie di api nel mondo intero. Il declino del 50% delle popolazioni di api da miele domestiche registrate in venticinque anni in Usa e Regno Unito, e’ ascritto all’uso massivo di questi insetticidi”. Queste api giocano un ruolo fondamentale nell’impollinazione delle coltivazioni. Una situazione pertanto piu’ preoccupante se si pensa che un terzo dell’alimentazione mondiale dipende da questa impollinazione. L’Unione europea ha ristretto l’uso di tre molecole di neonicotinoidi su sette nel 2013, ma questo non e' quanto accade nella maggior parte del mondo.
Legislazioni troppo lassiste
I primi a subire le conseguenze sanitarie ed ambientali sono sempre gli stessi, deplorano gli autori: “il 99% dei decessi si manifestano nei Paesi in via di sviluppo dove le regolamentazioni in ambito sanitario, sicurezza e ambientale sono piu’ soft e applicare in modo meno rigoroso”. Circa il 25% degli Stati non dispone di “legislazioni efficaci per regolamentare distribuzione e uso di questi prodotti, e l’80% non ha sufficienti risorse per applicare le leggi esistenti”. Succede spesso che dei pesticidi il cui uso e’ vietato in alcuni Paesi, sono esportati verso Paesi in via di sviluppo.
Secondo questo rapporto, un trattato mondiale sulla regolamentazione dei pesticidi pericolosi potrebbe evitare questo tipo di situazione grottesca che mostra “una grave lacuna nell’ambito della protezione dei diritti dell’uomo”. L’elaborazione di un simile trattato costituisce quindi la prima raccomandazione formulata da Hilal Elver e Baskut Tuncak, che suggeriscono che essa sia evidentemente “vincolante”.
“Promuovere l’agroecologia”
Per ottenere un tale accordo, occorre una notevole presa di coscienza da parte dell’opinione pubblica che sostenga i ricercatori a fronte di una industria chimica che minimizza i pericoli. L’obiettivo sara’ quindi di meglio informare le popolazioni che esse possano sostenere una legislazione piu’ restrittiva in tutto i Paesi. “La societa’ civile dovrebbe informare il grande pubblico sugli effetti nefasti dei pesticidi (…) e organizzare programmi di formazione sull’agroecologia”.
Giustamente gli autori fanno appello alla comunita’ internazionale per “promuovere l’agroecologia” e a breve, rinunciare all’agricoltura industriale e all’uso dei pesticidi dando “priorita’ alle soluzioni che non facciano riferimento all’uso di prodotti chimici”. Essi reclamano ugualmente “delle misure di stimolo come sovvenzioni e assistenza finanziaria e tecnica” per favorire “gli alimenti derivati dall’agricoltura biologica”. Si tratta anche di metter mani al portafogli delle multinazionali, cessando di sovvenzionare i pesticidi e istituendo “delle tasse, dei diritti di importazione e d’autore su questi prodotti”.
E’ chiaro -conclude il rapporto- “che e’ necessario rimettere in discussione le politiche agricole, i sistemi commerciali e l’influenza esercitata dalle imprese sulle politiche pubbliche, se vogliamo rinunciare ai sistemi alimentari industriali che fanno riferimento ai pesticidi”.

(articolo di Tom Rossi, pubblicato sul quotidiano Libération del 11/03/2017)
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