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Non-vedenti e cumulo pensioni. Cassazione: legittimo
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Articolo di Lorena Campagna *
28 novembre 2012 15:44
 
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15646 del 18 settembre 2012, si è pronunciata in materia di cumulo pensionistico per i non vedenti ed ha precisato ed ampliato la portata della propria precedente sentenza a Sezioni Unite n. 3814 del 24 febbraio 2005.
La Suprema Corte ha stabilito, infatti, che un non vedente titolare di pensione di cecita' civile (ex L. 66/1962) può conservare tale pensione anche se, svolgendo un attività lavorativa, gode di un reddito annuo superiore al limite previsto dalla legge.
Infatti, secondo la Cassazione, il reddito da lavoro del non vedente, anche se superiore al limite previsto per legge per l'ottenimento della trattamento previdenziale,  non comporta la perdita del diritto alla pensione, in quanto il fine del trattamento pensionistico è quello "di favorire il reinserimento sociale, non distogliendo l'invalido dall'apprendimento e dall'esercizio di un'attivita' lavorativa".
Con tale sentenza possono dirsi superati gli orientamenti presenti in alcune pronunce giurisprudenziali, che avevano condotto ad una disparità di trattamento tra non vedenti lavoratori e titolari di pensione d'invalidita' ex l. n. 222/1984 e non vedenti neo assunti e già percettori di pensione di cecità civile ex l. n. 66/1962,  in relazione al mantenimento del trattamento pensionistico in caso di superamento del limite di reddito da lavoro.
Nella sentenza si fa riferimento, come nella precedente pronuncia delle Sezioni Unite del 2005, alla "irrilevanza totale" del requisito reddituale in materia di pensione di invalidità dei non vedenti, irrilevanza volta a garantire il reinserimento sociale del cieco.
Al riguardo la Cassazione ha, infatti, fatto riferimento al caso in cui un cieco che abbia ottenuto il beneficio pensionistico, riesca a trovare un lavoro, e ha giustificato il diritto alla conservazione del trattamento pensionistico anche nella circostanza di superamento del tetto di reddito massimo previsto dalla legge.
Ciò in quanto deve essere "particolarmente tutelato l'affidamento riposto dal cittadino non vedente sull'ammontare del beneficio previdenziale riconosciutogli, sul quale egli fa affidamento per costruire il proprio tenore di vita e coltivare i propri progetti, e che non può subire mutamenti in ragione dell'attivita' lavorativa che viene a spiegare: tale attività deve, infatti, essere agevolata ed invogliata in attuazione dei principi costituzionali volti alla promozione delle condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro per tutti i cittadini (art. 4 Cost.)‚ alla elevazione professionale ed al doveroso rispetto dei diritti inviolabili del cittadino e della dignita' della persona (artt. 2, 3 e 38 Cost.)".
Pertanto, alla luce di tale sentenza, si può parlare di una deroga in favore dei non vedenti al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità civile con il limite reddituale e, dunque, di un generale principio di irrilevanza totale del requisito reddituale nel regime di invalidità dei ciechi.

* consulente legale Aduc


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