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Il Paese di Alice. Dopo Venezia e la prossima Firenze. Vorrei vivere in un Paese diverso ma non è facile...
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Articolo di Vincenzo Donvito
14 novembre 2019 13:18
 
 Il nostro Paese è sulle prime pagine di tutti i media del Pianeta. Abbiamo vinto i campionati mondiali di calcio? Altri tempi… Abbiamo “solo” Venezia sott’acqua. Come già tanto tempo fa, il 4 novembre 1966. Solo che all’epoca Venezia fu “fregata” da Firenze che conquistò alla grande le prime pagine di tutto il mondo. Una gara? Non credo piaccia a nessuno, ma a posteriori ne possiamo anche parlare in questi termini. Il problema è che non c’è la parola “fine” ad eventi del genere. Per due ordini di motivi: il primo è il cambiamento climatico con la conseguenza (nella fattispecie veneziana) dell’innalzamento dei livelli dei mari; il secondo è l’inezia umana.

Non dissertiamo facendo il tifo per “Friday for future” e i viaggi in barca a vela della giovane Greta Thunberg o sul mitico e miliardario Mose veneziano che - ci sembra di aver capito - quand’anche fosse stato attivo non avrebbe impedito quel che è accaduto nei giorni scorsi. Ognuno si può informare, leggendo ed ascoltando tutte le “campane” possibili ed immaginabili, condite dalle promesse di politici ed amministratori che, ovviamente, se la prendono coi loro predecessori solo perché sarebbero ridicoli se dovessero prendersela coi loro successori…

Noi siamo un po’ antropologici ché crediamo questa scienza abbia valenze un po’ sottovalutate, a parte le mode e l’autosoddisfazione che nasce dall’uso di grandi paroloni.
La “buttiamo” sul quotidiano. Per capire, interiorizzare, farne tesoro e vedere se ognuno è poi in grado di farsi meno male possibile.

E ci vengono in mente alcuni episodi a cui, purtroppo, spesso non ci facciamo più caso.

Non ci funziona il telefono o dobbiamo attivare una nuova linea. Chiamiamo il nostro gestore e ci viene fissato un appuntamento. Spesso a questo appuntamento non si presenta nessuno, e altrettanto nessuno ci avvisa che il tecnico non sarebbe venuto. Poi -casi limite ma ci sono – scopriamo, dopo ore e ore passati attaccati a un centralino che ci mette una vita a rispondere, che questo tecnico è venuto e non ha trovato nessuno… eppure noi avevamo anche preso ferie al lavoro per essere proprio lì dove il fantasma/tecnico dice di essere stato e non averci trovato…

Ci si rompe il televisore o la lavatrice o il computer. Chiamiamo il servizio di assistenza. Consegniamo il dovuto e ci viene fissata una data entro cui l’elettrodomestico riparato ci verrà consegnato. Passa questa data e non succede nulla. Nessuno ci chiama per dirci che ci sono dei ritardi. Chiamiamo noi e, ammesso che troviamo facilmente chi è in grado di darci una risposta soddisfacente, spesso si viene genericamente rimandati a date che, anche se vengono precisate con giorno e mese, già sappiamo che sono relative. Importante: abbiamo dovuto chiamare noi.

Andiamo sul personale.
E’ da due anni che, nella sede di Aduc, quando piove, dal lucernaio scendono gocce d’acqua, tant’è che, in base alle stagioni, spostiamo le scrivanie. Nel frattempo è anche cambiato il proprietario dell’immobile, e questo ha anche forse dilungato la soluzione del problema. Il precedente diceva di aver risolto, ma la soluzione è durata al massimo un paio di mesi. L’attuale proprietà, da luglio ha inviato squadre di architetti, geometri, muratori ed affini che, oltre a costarle molti soldi, dopo due mesi ha detto anche lei di aver risolto, ma oggi, nell’ultimo mese, il “gioco” dello spostamento delle scrivanie continua.

Fin qui i privati.

Spostiamoci sul pubblico.
Visita medica all’Asl. Fiduciosi chiamiamo o andiamo per fissare, abbiamo letto tanta pubblicità che la nostra Asl ha tempi in cui tengono conto delle esigenza del paziente/utente. L’appuntamento ci viene fissato dopo mesi e mesi, e magari in una sede fisica non proprio funzionale al nostro domicilio…. Ma non era l’Asl che… “esigenze”, etc? “Sì, ma il suo caso è diverso...”.

Andiamo sul politico.
Solo un recente esempio. La legge 117/2018 (duemiladiciotto) è intervenuta sul codice della strada, sull’art.172, introducendo l’obbligo di utilizzare un dispositivo di allarme antiabbandono sui seggiolini per i bambini trasportati in auto. L'obbligo avrebbe dovuto attivarsi decorsi 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo -che doveva arrivare nel Dicembre 2018 (duemiladiciotto)- ed aveva anche indicato come termine ultimo il 1 Luglio 2019. Ma il decreto è arrivato in ritardo, proprio nei giorni scorsi (e i media ne hanno parlato tanto) ben oltre Luglio 2019, ma nonostante questo i 120 giorni sono stati considerati a far data da luglio scorso e dal 7 novembre la legge è in vigore e chi non la rispetta paga le multe del caso (1). In poco più d una settimana tutti si devono adeguare… e i prezzi dei seggiolini, quando si trovano, sono alle stelle.Ed ora sembra che ci sia la moratoria per le multe...

Terminiamo sul comico.
Spesso si incontrano cartelli, quasi sempre in uffici della pubblica amministrazione, con scritto “E’ assolutamente vietato fumare”. Chissà perché il divieto deve essere assoluto e non basta in quanto tale. Cartelli che fanno “pendant” con alcuni limiti di velocità che si incontrano per strada tipo “10” o “20”. Per restare sul ridicolo… ci sono forse autovelox per multare chi infrange questi limiti? Se qualcuno ha avuto l’ardire di chiedere ad un qualche pubblico ufficiale della sicurezza stradale una spiegazione in merito, se è riuscito ad ottenere una risposta, e non è stato mandato al diavolo, è del tipo “è una tendenza….”.

Ci fermiamo nell’analisi antropologica. Crediamo di aver spiegato il concetto e i soggetti che gestiscono le nostre vite, noi tra loro.

Sul pratico.
A Venezia tutti dicono che il Mose è vecchio e non più funzionale al nuovo assetto climatico ed idrogeologico del nostro Pianeta. A Firenze sembra che l’Arno potrebbe facilmente esondare come nel 1966. E poi ci sono paesini e città meno rinomate che, pur se non finiranno sulla prima pagina del The New York Times, saranno e rimarranno nel fango (si vada a chiederlo ai terremotati dal 2009 in poi… senza dimenticare i terremoti storici della seconda parte del secolo scorso).

Soluzioni?
Guardiamoci addosso, chè le soluzioni, o quantomeno le riduzioni dei danni che ci facciamo da soli, sono in noi stessi e, soprattutto, per chi è vittima di queste situazioni, nella nostra capacità di farla pagare cara a chi sgarra. Ed è bene che questo “fargliela pagare” non venga percepito come vendetta, ma semplicemente come un gesto di civiltà. Sia che si tratti di cambiare gestore telefonico che commerciante di elettrodomestici o di portare in giudizio i vari privati o le pubbliche amministrazioni.
Semplici azioni per farci meglio comprendere perché Venezia è sott’acqua, perché Venezia è nel nostro quotidiano e su come, forse, si possa intraprendere un percorso per la costruzione di una civiltà vivibile.
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