testata ADUC
Perché l'industria della cannabis ha bisogno di fermare la demonizzazione degli antidepressivi
Scarica e stampa il PDF
Articolo di Redazione
19 maggio 2019 18:32
 
 Ricordo l'anno in cui ho "gestito" la mia salute mentale con la marijuana. Avevo 18 anni con una serie diversificata di hobby: lavoravo due ore al giorno, piangendo così tanto che mi faceva male anche il corpo, e smontavo lamette da barba, per nominare solo alcuni di questi lavori. Dopo che un attacco di panico mi ha portato in ospedale, sono stato trattato per la mia prima diagnosi psichiatrica (ansia generalizzata e disturbo depressivo maggiore) con una prescrizione di Zoloft. Ad essere onesti, odiavo lo Zoloft. Ma non ho dubbi che mi ha salvato la vita.

Quasi un decennio dopo, gestisco la mia depressione e ansia con una terapia e una combinazione di antidepressivi e cannabis. Dei tre, sono più propenso a riconoscere gli effetti curativi della cannabis: ché mi fa migliorare l'umore, o come antidoto a certi tipi di ansia, il suo effetto su di me non ha eguali - con una particolarità: non sento questi benefici a meno che non prenda anche un antidepressivo. Vorrei non sentire come un fallimento personale il bisogno di farmaci per gestire la mia depressione. Ma ancora più importante: vorrei che l'industria della cannabis smettesse di dare eco a questo aspetto.

Recentemente registrato sul famoso vaporizzatore di cannabis, la frase "piante meglio delle pillole" è diventata un punto fermo nella comunità della cannabis, dove gli appassionati e le pubblicazioni del settore la usano per denigrare sicurezza ed efficacia dei farmaci prescritti. Un articolo del "High Times" del 2017 intitolato "10 motivi per cui la cannabis è meglio dei farmaci da prescrizione" espone chiaramente il punto di vista della comunità: "Non è semplicemente una questione di marijuana medica che è superiore ai farmaci da prescrizione, che sono comunque una cosa certa; è il puro e semplice fatto che l'erba curativa è migliore rispetto alle medicine che possono indurre alla morte e che danno assuefazione".
Se non altro, questa è una decisione prudente: un articolo del 2018 di “MarijuanaBreak” ha riporta che i farmaci prescritti - in particolare gli antidepressivi - "potrebbero effettivamente farti districare mentalmente" e "non fare nulla per aiutarti a lungo termine".

Naturalmente, non è lo scopo di ogni "pianta meglio delle pillole" propugnare di spaventare e condannare chi usa i farmaci prescritti - anche se questo è in definitiva il risultato. David Hebron, CEO e co-fondatore della piattaforma di educazione alla cannabis “BLNCD Lifestyle”, è diventato un sostenitore del trattamento a base di cannabis dopo aver assistito alle vicende del padre con la dipendenza.

"Andava da un medico per un mal di schiena o per stress mentale e gli veniva somministrato Adderall e antidolorifici", dice Hebron. "Si è trasformato in un'abitudine che ha preso il sopravvento. Era più che un'abitudine, è diventata una dipendenza che alla fine gli ha tolto la vita prima dei 40 anni."
Da questo punto di vista, è facile capire l'entusiasmo per le alternative a base vegetale e l'ira che accompagna i prodotti farmaceutici regolamentati e da prescrizione. Ma altre giustificazioni per sostenere il movimento "piante meglio delle pillole" sono più difficili da digerire. Ho parlato con il proprietario dell'account “Instagram dabndraw”, utente frequente del tag #plantsoverpills. Che presenta il suo sostegno in questo modo: "I farmaci da banco e quelli con prescrizione servono principalmente come cerotto per qualcosa che deve essere affrontato a un livello più profondo. Ci dà quell'effetto immediato di sollievo senza arrivare veramente in fondo alla questione".

La nozione di farmaco - in particolare quelli psichiatrici - come una soluzione superficiale non è una novità, ma è particolarmente doloroso sentirla echeggiare nella comunità della cannabis - un gruppo di persone che si vantano di apertura, accettazione e assenza di giudizio. Il saggio del 2018 di Per Maria Yagoda per Vice, "l'idea pervasiva che il farmaco sia un out facile o un BandAid superficiale" è solo un altro aspetto della "resistenza di routine" al trattamento medico per le malattie mentali.

Tipicamente, tuttavia, tale resistenza proviene da parti che ritengono che la salute mentale non debba essere trattata, non da coloro che cercano di convincerti a sostituire una sostanza con un'altra. La comunità della cannabis è abituata ad usare la propria sostanza ingiustamente demonizzata: perché, allora, è così veloce girarsi da un’altra parte e demonizzare un altro trattamento allo stesso modo?
Secondo Hebron, questo tipo di pensiero “tutto-o-niente” è un prodotto della precaria posizione legale della cannabis. "Non saremo in grado di giudicare davvero in modo oggettivo fino a quando sia la cannabis che i farmaci avranno lo stesso status legale", ammette. In altre parole: è una guerra tra cannabis e farmaci, e se è richiesta una retorica estrema per far sì che il messaggio approdi, così sia.

Il dott. Peter Grinspoon, medico di base e membro del consiglio di amministrazione di “Doctors For Cannabis Regulation”, non è d'accordo. Un attivista pro-cannabis, figlio del famoso Lester Grinspoon, il dott. Peter Grinspoon pensa che il movimento "piante meglio delle pillole" sia una risposta, in parte, alla campagna di Big Pharma contro la legalizzazione della marijuana. La grande industria farmaceutica, sostiene il dottor Grinspoon, "fa donazioni per ogni iniziativa per la legalizzazione della cannabis medica o ricreativa, ma continua a fare "pubblicità su quanto sia pericolosa la cannabis". Quindi, forse "piante meglio delle pillole" è un contrattacco, ma è giusto per attaccare le decisioni sulla salute degli altri?
Quando si tratta di farmaci per la salute mentale, sono ancora incline a dire di no. A partire dal 2019, solo il New Jersey e l'Ohio prevedono l'ansia come terapia con la marijuana medica - mentre non sembrano comparire condizioni quali depressione, disturbo bipolare o disturbo di personalità. (L'Ohio ha recentemente considerato l'aggiunta della depressione alla sua lista di terapie da affrontare con la cannabis medica, ma alla fine ha deciso di non farlo). A questo punto, semplicemente, non ci sono dati sufficienti a supportare l'efficacia della marijuana medica per i disturbi psichiatrici al di fuori del PTSD (disturbi da stress post-traumatico) - un punto che il Dr. Grinspoon trova frustrante, ma che comunque fa parte delle sue decisioni mediche.

"Sappiamo che il Prozac funziona e sappiamo cosa fa e cosa non fa", dice. "Questo non è il caso per la marijuana medica e la depressione".
Lo scenario peggiore per i medici non è che la cannabis possa essere inefficace: è che la pianta possa causare seri danni. "Se qualcuno ha tentato il suicidio ed ha un disturbo depressivo maggiore," dice il dott. Grinspoon, "farei molta attenzione a sperimentare l’uso di cannabis".
Il Dr. Kenneth Weinberg, medico di “Cannabis Doctors” di New York, fa eco a questa cautela, in particolare per i pazienti con una storia di tendenze psicotiche o disturbo bipolare. Ricorda la prescrizione di marijuana medica per un paziente affetto da mal di schiena, che non aveva fatto sapere di aver avuto in passato una diagnosi bipolare. Il paziente "ha iniziato ad aumentare la sua dose di THC", dice il Dr. Weinberg, "ed ha avuto un grosso problema".

Inoltre, il Dr. Weinberg ha fatto sapere che il THC aveva innescato un aspetto maniacale. "Cerco di essere il più scrupoloso possibile su persone che sono bipolari", aggiunge. "Penso che ci sia un'interazione tra THC e maniacalità." (Nota: questo non implica che la cannabis causi maniacalità o psicosi, ma piuttosto che la pianta può rendere più evidenti condizioni di salute mentale preesistenti).
Xana Turner-Owens, una fotografa che vive a Cambridge/MA, può parlare in prima persona di questa l'interazione. Anche se ha iniziato a fumare erba al college, è stata "trattata con farmaci sin dalla prima infanzia" per ADD (disturbo da deficit dell’attenzione), ed ha anche assunto antidepressivi e antipsicotici – questi ultimi prescritti dopo una "rottura con la realtà" che ha sofferto nei suoi primi anni '20. Ammette che continuare a fumare erba ha esacerbato la sua maniacalità, ma non era in grado di controllare il suo uso in quel momento.
"Quando è stata soggetta per la prima volta ad alcune manie, ho continuato a fumare per dimostrare a se stessa che non era veramente pazza", ricorda. "O forse mi ha aiutato a pensare che potevo dare la colpa solo all'erba".

Anche se gli episodi maniacali e depressivi di Turner-Owens sono stati etichettati come sintomi del suo PTSD - una condizione qualificante per la marijuana medica in 26 Stati - l'erba le ha fatto male piuttosto che aiutarla. E anche se oggi continua a fumare erba come sua scelta culturale, la 27enne pensa che sia "pericoloso equiparare l'uso della marijuana e l'uso di farmaci". Nella sua esperienza, mentre la marijuana potrebbe essere "la più facile e il modo più divertente” per provare sollievo dai sintomi, non se la sente in coscienza di raccomandare la marijuana come trattamento altrettanto efficace per ogni problema di salute mentale.

Questo non significa che la marijuana non possa trattare ulteriori situazioni di salute mentale. Ma in questo momento, semplicemente non sappiamo abbastanza, per pronunciarci con certezza, sull'impatto della cannabis su queste condizioni. Le testimonianze dei pazienti continuano ad andare in entrambe le direzioni, come evidenziato da Turner-Owens e dalle mie diverse esperienze, e dalle relazioni opposte dei pazienti del Dr. Grinspoon e del Dr. Weinberg.

Data questa conoscenza, è irresponsabile che l'industria della cannabis continui a reclamizzare la pianta come alternativa alla medicina psichiatrica. "Le piante meglio delle pillole" non è uno slogan appropriato – al momento - quando si tratta di trattare l'ansia, la depressione o il disturbo bipolare, e l'industria della cannabis sta danneggiando la gente fingendo il contrario.
Sì, sappiamo che un'enorme percentuale di consumatori di cannabis utilizza la pianta per trattare i disturbi dell'umore - quello che non sappiamo è quanti di questi consumatori stiano assumendo antidepressivi, antipsicotici o altri farmaci analoghi. Nel migliore dei casi, l'insistenza dogmatica della comunità di cannabis che i farmaci da prescrizione sono dannosi per la nostra salute allontanerà coloro che ne hanno bisogno. Nel peggiore dei casi, questa retorica potrebbe convincere la gente a smettere di assumere medicinali legittimamente utili senza alcuna garanzia che la marijuana possa essere un'alternativa valida.

Credetemi: alle persone che assumono antidepressivi piacerebbe sostituire le loro prescrizioni con alternative naturali. Siamo ben consapevoli degli effetti collaterali, della difficoltà di diminuire gradualmente e di tutte le aree in cui i farmaci sono insufficienti. Prendo gli antidepressivi comunque perché ho provato altre opzioni, che non erano sufficienti. Non è qualcosa di cui dovrei vergognarmi nei confronti della comunità della cannabis, che si vanta di adottare un approccio evoluto alla medicina. Se l'industria vuole veramente rivoluzionare il panorama medico, deve prendere in considerazione le esigenze dei pazienti oltre alla vendita dei prodotti. E per farlo è bene ammettere che "le piante meglio delle pillole" non si applica a tutti, comprese le persone come me.

(articolo di Louisa Ballhaus, pubblicato sulla rivista Marry Jane del 17/05/2019)
Pubblicato in:
 
 
ARTICOLI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS