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Piombo nel pane, alluminio nella pasta. Studio sugli inquinanti alimentari... che bisogna mangiare
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Articolo di Redazione
30 giugno 2011 21:37
 
L'Agenzia francese di sicurezza sanitaria dell'alimentazione (Anses) si e' impegnata per quattro anni in un gigantesco lavoro di analisi degli alimenti per misurare i rischi a lungo termine delle esposizioni alle sostanze chimiche che gli stessi contengono nonche' per il loro valore nutrizionale.
Non meno di 20.000 prodotti, preparati come abitualmente sono consumati, sono stati monitorati ed e' stato valutato il rischio tossicologico di 361 sostanze. “Si tratta di uno dei maggiori studi realizzati in merito a livello mondiale” dice l'Anses.
Per l'85% delle sostanze, il rischio, sulla base del solo apporto alimentare, puo' essere scartato in merito alla popolazione in generale: il livello di esposizione resta nell'ambito dei valori tossicologici di riferimento.
E' il caso dei contaminanti organici (non necessari la funzionamento dell'organismo, a differenza dei metalli) come il bario, il cobalto, il nickel, inquinanti organici persistenti come il PFOA nelle padelle antiaderenti, alcune microtossine, la maggior parte dei 254 residui di pesticidi presi in considerazione...
Questo pero', non vuole dire che non dobbiamo incoraggiare tutti gli sforzi per ridurre il tenore dei contaminanti negli alimenti, dice l'agenzia.
Al contrario, per una dozzina di sostanze o famiglie di sostanze, il rischio di andare oltre i valori tossicologici di riferimento, non puo' essere escluso.
Possono essere alimenti non necessariamente molto contaminati ma molto consumati, come il pane, che contiene cadmio, piombo, microtossine, le paste (alluminio), il caffe' (rame, arsenico inorganico, acrillamide), il latte per i bambini (piombo, arsenico inorganico)... L'Anses rileva un aumento del 400% di cadmio ingerito, rispetto ad un simile studio pubblicato nel 2006.
Si trovano microtossine e un eccesso di acrillamide nelle patate fritte, troppo solfito nel vino. Una situazione che mette a rischio i grandi consumatori.
Lo studio fa riemergere certi rischi a lungo termine per gli adolescenti, quando la loro alimentazione e' focalizzata in modo troppo eccessivo su prodotti a base di cereali (di cui le paste), di patate fritte e di chips.
A fianco dei contaminanti organici persistenti, si trova la diossina e il PCB nell'96% dei prodotti analizzati, ma l'esposizione della popolazione vi e' e' stata fortemente diminuita negli ultimi cinque anni, anche se alcuni consumatori ne restano ancora troppo esposti.
Per diossina e PCB nei pesci grassi e il mercurio nel tonno, occorre rispettare le indicazioni sulla consumazione del pesce: due volte a settimana, variandone le specie e le provenienze, e limitarsi al consumo di alcuni di essi.
Converra' ridurre il tenore di certi contaminanti negli alimenti che principalmente li contengono, con iniziative e regolamentazioni presso le filiere.
A livello nutrizionale, si sottolinea l'apporto eccessivo di sodio per gli amanti del pane e dei salumi. E degli insufficienti apporti di calcio, magnesio, ferro o selenio per una parte della popolazione. Per il ferro, gli apporti sono inferiori al 74% rispetto alle necessita' di alcuni bambini.
I limiti dello studio, come riconosce la stessa Anses, e' che non tiene conto delle esposizioni incrociate a differenti inquinanti, ne' di esposizioni per altre vie che non siano quelle alimentari.
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