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Poste Italiane e burocrazia inutile: il 'certificato di congrue generalità' non esiste
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Articolo di Anna D'Antuono
14 marzo 2020 8:30
 
 Non sono più un ente pubblico dall'oramai lontano 1998, ma a distanza di oltre un ventennio le Poste ancora fanno fatica a dimenticare il passato, denotando atteggiamenti che provengono dritti dall'epoca “Ministeriale” e che in non poche occasioni mostrano i sintomi di burocrazia ottusa. Accade che una cliente si rechi allo sportello per incassare un vecchio Buono Fruttifero Postale regalatole trent'anni addietro dalla nonna, la quale non si accorse di come il mese di nascita riportato sul titolo non fosse quello corretto. E' un caso non infrequente, che risale a tempi in cui i dati venivano raccolti soltanto tramite modulistica cartacea, e quindi facilmente soggetti ad errori da parte di chi la compilava e di chi poi la lavorava. Per risolvere il problema, in agenzia richiedono alla cliente un certificato di congrue generalità rilasciato dal Comune, ma agli sportelli dell'Anagrafe si sente rispondere che una simile certificazione non è prevista da alcuna norma. Insomma, il documento richiesto dalle Poste non esiste.

In non pochi uffici anagrafici si rilascia un'attestazione di analogo tenore, in altri si afferma che il rilascio è possibile ma non in casi del genere, mentre ancora altrove si propone la compilazione di un certificato di notorietà col quale dichiarare il dato corretto ed allo stesso tempo attestare la coincidenza tra il soggetto che risulta intestatario dal modulo con dati errati e il soggetto cui effettivamente si intendeva intestare il rapporto. Attraverso tale documento è, infatti, possibile escludere l’esistenza di omonimie con eventuali altri soggetti aventi i dati anagrafici forniti erroneamente in sede di sottoscrizione. 

I problemi sorgono perché alle Poste insistono con la richiesta del certificato di congrue generalità ed affermano che le attestazioni di cui sopra, pur sembrando adatte allo scopo, si caratterizzano invece esclusivamente per la certezza della firma apposta innanzi a funzionario incaricato e non certo per il merito delle asserzioni in essa contenute. Lo zelo degli addetti postali appare eccessivo: una volta in possesso di dati corretti del beneficiario, devono prenderli per buoni senza “indagare” oltre. Peggio ancora se per risolvere in via definitiva si chiede ai clienti ed agli uffici il rilascio di documenti non previsti dalla normativa. Cosa fare in caso di diniego? E' possibile anche adire a vie legali, ma in una situazione del genere non dovrebbe davvero esserci bisogno di arrivare a tanto. E' sufficiente il buon senso. Di Poste Italiane.
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