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Quando la finanza parlava italiano
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Articolo di Alessandro Pedone
22 aprile 2013 16:59
 
La storia è una grande insegnante, peccato che non abbia alunni. 
 
Questo articolo vuole essere un po' una recensione di un bellissimo libro di storia della moneta e della finanza ed un po' una riflessione su come potrebbe essere cambiata la moneta e la finanza così come la conosciamo oggi.
La mancanza di conoscenza della storia, spesso, ci fa pensare che il tipo di moneta e di finanza che abbiamo oggi sia l'unico possibile. Certo, molti pensano che si debbano cambiare una serie di regole. Alcuni pensano che sia un problema fiscale (aumentare le tasse sulle rendite finanziarie), ma pochissimi riescono a capire che il problema è molto più strutturale ed affonda le sue radici nel basso Medioevo quando la finanza parlava italiano ed alcuni mercanti hanno iniziato a lavorare con una merce molto particolare: il denaro.
Alessandro Marzo Magno autore di questo bellissimo libro dal titolo “L'invenzione dei soldi. Quando la finanza parlava italiano”, descrive con rigore storico, ma con una prosa molto gradevole e ricca di aneddoti divertenti, il periodo storico che vede l'invenzione della finanza rimasta, nella sua essenza più profonda, uguale a come la conosciamo oggi.
 
Fino al basso Medioevo la ricchezza veniva accumulata attraverso beni come terreni, animali, navi... insomma: cose che avevano una sua funzione e che necessitavano, fra l'altro, di lavoro (e costi) per il loro mantenimento.
Il denaro nasce con gli antichi, ma per tutto l'alto Medioevo è pochissimo utilizzato, salvo che per i pochi scambi internazionali. Il grosso delle transazioni economiche avviene con il baratto. Si trattava, allora, di una società relativamente semplice: c'erano i religiosi che avevano il compito di salvare le anime, i signori dediti alle armi ed i lavoratori che avevano essenzialmente il compito di produrre il sostentamento per le altre due classi e – se ce la facevano – per loro stessi. Nel basso Medioevo la società diventa un po' più complicata perché nascono gli artigiani – che producono una grande varietà di beni diversi da quelli strettamente necessari al sostentamento – ed i mercanti. Per queste nuove figure sociali era indispensabile il denaro.
Fino alla diffusione della moneta di banco e conseguentemente della prima finanza, il denaro aveva essenzialmente la funzione di un mezzo di scambio.
Il prestito ad interesse veniva condannato come qualcosa di innaturale. Non a caso, Dante, mette gli usurai all'inferno insieme ai sodomiti. Il fatto che il denaro potesse produrre altro denaro era considerata una cosa contro natura. C'era molta più saggezza di quanto si possa pensare in questa credenza. Allora il reato di usura non significata “un interesse troppo alto”, ma semplicemente un qualsiasi tasso d'interesse.
Gradualmente, grazie ad una serie di “trucchi” che sono alla base della finanza moderna (come le lettere di cambio) il tasso d'interesse viene accettato comunemente. Nascono i primi “monti di pietà” grazie, in particolare, all'opera di un francescano, tale Bernardino da Feltre. I monti di pietà erano istituzioni che prestavano soldi ad un tasso d'interesse molto basso, rispetto ai tassi dell'epoca (che facilmente andavano tra il 20% ed il 30%, ma anche molto di più per i poveracci). I domenicani erano contrarissimi a queste istituzioni poiché consideravano che, tanto o poco, il tasso d'interesse fosse sempre usura.
La prima finanza si diffonde in Italia, in particolare a Genova, Firenze e Venezia città nelle quali vengono inventanti strumenti come la lettera di cambio, le prime obbligazioni (compresi quelli che oggi chiameremmo “titoli di stato”) e le prime assicurazioni.
Piano piano il denaro diventa una merce che si compra e si vende ed il cui prezzo è il tasso d'interesse.
Inizialmente i primi banchi nascono con la funzione di custodire le monete. Prestissimo, però, vengono utilizzati anche con lo scopo di fare pagamenti attraverso il bancogiro. A Firenze – il primo centro finanziario di rilevanza internazionale – già nel basso Medioevo non era inusuale pagare un artigiano attraverso strumenti molto simili ai nostri attuali assegni.
I soldi depositati nei banchi, naturalmente, non rimanevano depositati in forzieri, ma venivano utilizzati dai banchieri per guadagnare fortune immense prestandoli spesso ai sovrani. (1)
Allora come oggi i banchieri prestavano essenzialmente soldi non loro e questo rende queste istituzioni intrinsecamente instabili poiché se tutti i depositanti chiedessero contemporaneamente i soldi indietro – allora come oggi - non potrebbero mai onorare i propri impegni.
Poco dopo l'invenzione dei primi banchi abbiamo assistito anche ai primi grandi fallimenti. Il fallimento dei Bardi e dei Peruzzi nella Firenze della metà del 1300 non fu il primo fallimento, ma fu certamente il più rilevante del periodo per dimensione. I Bardi ed i Peruzzi erano una specie di banche multinazionali con sedi in tutta Europa ed anche in Africa. Ovviamente il fallimento avvenne perché si sparse la voce che i depositi non erano più sicuri (e non lo erano per tutta una serie di coincidenze che chi vorrà potrà approfondire nel libro) e questo causerà a Firenze un disastro. Come scrive il cronista Giovanni Villani: “Fu alla città di Firenze maggior ruina e sconfitta che nulla mai avesse il nostro comune
Qui c'è una prima parte importante della lezione che la storia ci fornisce e per la quale non abbiamo ancora iniziato a porre un vero rimedio. C'è un difetto congenito nel modo in cui sono progettate le banche che ci espone continuamente a crisi finanziarie. Queste crisi assumono dimensioni catastrofiche poiché l'economia necessità della moneta. La moneta è in grandissima parte creata dal sistema bancario, ma questo è intrinsecamente instabile. Nei momenti di crisi il sistema bancario non mette più moneta in circolazione e trascina con se tutta l'economia con le ovvie conseguenze sociali.
Ma c'è un problema ancora più grave dell'intrinseca instabilità di questo sistema finanziario. Con l'accettazione del tasso d'interesse, la moneta è diventata “la signora delle merci” poiché è una merce che non solo non necessità di costi per essere mantenuta, ma produce addirittura altra moneta senza alcun lavoro. In quanto “signora delle merci” è il mezzo principale per accumulare ricchezza. La moneta è passata da essere un mezzo ad essere un fine. Da dopo il basso Medioevo i grandissimi ricchi non sono tanto coloro che possiedono tante proprietà (case, terreni, animali, ecc.) quanto coloro che possiedono tanti soldi virtuali registrati nei conti bancari. Si può facilmente capire che la funzione di accumulo collide con quella di circolazione. Questo rende molto più complicato gestire le leve della politica monetaria poiché, ad esempio, non è affatto detto che introducendo più moneta nel sistema economico questa si metta a circolare.
 
Cosa potremmo imparare
La storia ci insegna che in campo economico il più grande errore che abbiamo fatto è quella di trasformare la moneta da mezzo di scambio a principale mezzo per accumulare la ricchezza. Questa trasformazione, avvenuta attraverso l'accettazione del tasso d'interesse, ha fatto nascere delle istituzioni finanziarie intrinsecamente instabili che aggravano i già gravissimi danni prodotti da una moneta basata sul tasso d'interesse.
Tutto ciò è inevitabile? No! Sono invenzioni dell'uomo e possono essere cambiate.
Per modificare alla radice il sistema finanziario dovremmo modificare la moneta ed il funzionamento delle banche nonché dei così detti mercati finanziari. In primo luogo dovremmo creare una moneta emessa direttamente ed esclusivamente dal pubblico (2) senza tasso d'interesse o meglio ancora con un tasso d'interesse negativo, cioè con una fiscalità che sia prevalentemente monetaria.
Una moneta di questo tipo è possibile, come ci dimostrano molti episodi storici. La moneta non circola, come si è pensato per molto tempo, in funzione del valore intrinseco che rappresenta né del tasso d'interesse che produce. La moneta circola perché c'è uno Stato che gli fornisce il corso legale e che impone delle tasse pagabili in quella moneta. Questo crea fiducia nella moneta che è il presupposto per la sua circolazione.
 
Una moneta di questo tipo vedrebbe modificare completamente il ruolo delle banche che non dovrebbero più essere - come accade oggi - coloro che determinano in maniera preponderante la massa monetaria in circolazione. Non dovrebbero più essere delle istituzioni intrinsecamente instabili, ma dovrebbero essere basate sul principio delle stanze di compensazione. (3) Ogni transazione finanziaria dovrebbe avere una contropartita certa con la quale verrà chiusa.
Infine, l'idea che in una nazione vi debba essere un'unica moneta è ormai molto radicata nella testa di ciascuno di noi. Negli USA c'è il dollaro, in Giappone lo Yen, ecc. Ma chi lo dice che una solo moneta sia la soluzione ideale? La storia ci dimostra che per molto tempo ha funzionato egregiamente un sistema basato su più monete ed in particolare su due monete una per i commerci di grane dimensione ed una per i commerci spiccioli. Una sola moneta può essere più efficiente, ma ricordiamoci che l'efficienza è il contrario della resilienza. Noi desideriamo un sistema finanziario prima di tutto stabile, cioè resiliente e poi che sia anche efficiente.
Insomma, la storia della moneta e della finanza, ci offre molti spunti per pensare ad un diverso sistema monetario e finanziario: non  solo è possibile, ma prima o poi sarà indispensabile. E' chiaro a chiunque abbia studiato queste cose in profondità che l'attuale sistema finanziario non è in nessun modo sostenibili nel medio-lungo termine.
Speriamo che la storia, ottima insegnante con pochissimi discenti, possa illuminare coloro che sarebbero preposti ad evitarci nuovi disastri finanziari. Nel frattempo, mi sento di invitare tutti coloro che sono interessati a questi temi a leggere il bel libro di Alessandro Marzo Magno perché ha saputo egregiamente scrivere un libro veramente piacevole anche su temi che potrebbero apparire noiosi e che invece sono estremamente importanti.  
  
(1) Per avere un'idea di quanto potevano guadagnare i banchieri dell'epoca si può citare il caso di Giovanni di Bitti che guadagna nei suoi 23 anni di attività come banchiere 152.820 fiori. 1.000 fiorini era sufficienti per costruire uno dei grandi palazzi medioevali tipo Palazzo Strozzi. 152.820 fiorini, quindi, erano una enormità. 
 
(2) Se la moneta viene creata direttamente dalla stato oppure attraverso un banca centrale è un aspetto secondario. Ciò che dovrebbe essere rilevante è che nessuna banca commerciale dovrebbe avere la possibilità – come è oggi – di creare denaro dal nulla attraverso il sistema della riserva frazionaria.  

(3) L'esempio delle fiere dei cambi medievali (le fere di Anversa, Ginevra, Lione, Piacenza, ecc.) sono una dimostrazione che una finanza basata sul principio di compensazione è possibilissima ed anche efficace. Anche oggi esistono commerci basati sul principio di compensazione multilaterale ma rimangono cose marginali perché non hanno il crisma del corso legale, non hanno cioè lo Stato alle spalle. Nel 1950, dopo la seconda guerra mondiale, in
 Europa viene istituita l'Unione Europea dei Pagamenti: un meccanismo internazionale basato sul principio della compensazione e che aiutò moltissimo lo sviluppo post-bellico. Tutti esempi di come una diversa finanza non solo sia possibile, ma decisamente migliore di quella attuale: intrinsecamente instabile.
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