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Quando si va in pensione con una dose quotidiana di cannabis
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Articolo di Redazione
20 febbraio 2017 15:14
 
  
Ruth Brunn alla fine ha detto si’ alla marijuana. Ha 98 anni. Si mette una pillola verde piena di olio di cannabis sulle sue labbra e la ingerisce con un sorso d'acqua con vitamine. La signora Brunn, che soffre di una neuropatia, si rimette di nuovo nella sua sedia a rotelle e attende l’effetto sul dolore pungente tra le spalle, le braccia e le mani per riflesso.
“Non mi sento bene e tutta d’un pezzo”, dice. “Tutto quello che so e’ che sento meglio quando prendo questa”. La signora Brunn avra’ presto compagnia. Il centro di assistenza a New York city dove lei vive, Hebrew Home a Riverdale, fornisce un insolito aiuto per i pazienti che fanno uso di cannabis medica seguendo un nuovo programma che cura varie malattie con l’alternativa di droghe su prescrizione. Siccome lo staff non acquista o gestisce la droga, i pazienti devono comprarla da se’ presso un dispensario, portano le loro confezioni nelle loro stanze e la prendono da se stessi.
Nella comunita’ dei pensionati del centro di assistenza, gli anziani americani che prendono marijuana per alleviare i loro dolori sono in crescita. Alcuni hanno deciso di prenderla come alternativa agli effetti di farmaci come la morfina, poiche’ la marijuana e’ poco additiva e con minori effetti collaterali.
Per alcune persone si tratta dell’ultima possibilita’ quando altri farmaci non hanno effetto.
La marijuana, che e’ vietata dalle leggi federali, e’ stata approvata per uso medico in 29 Stati, incluso quello di New York e il Distretto di Columbia. Diversi studi scientifici hanno dimostrato l’efficacia nel trattare alcune situazioni cliniche. Tra queste: dolori neuropatici, forti spasmi muscolari dovuti a sclerosi multipla, perdita di peso non intenzionale, e vomito e nausea come conseguenza della chemioterapia. E’ stato anche dimostrato che questa droga aiuta persone che soffrono di Alzheimer e altri tipi di demenze come il Parkinson.
Lungo la nazione, il numero di consumatori di marijuana negli ultimi anni e’ ancora relativamente limitato, ma la crescita e’ significativa, specialmente tra le persone oltre i 65 anni, cosi come fanno sapere recenti studi. “Si tratta di un problema più grande di quanto pensassimo”, dice Brian Kaskiem professore di politica sanitaria all’Universita’ dello Iowa e co-autore dello studio, pubblicato a gennaio, “The Increasing Use of Cannabis Among Older Americans: A Public Health Crisis or Viable Policy Alternative?. “Si tratta di un elefante su cui stiamo iniziando a mettere su le mani”.
Un club educativo e di supporto alla marijuana medica ha preso il via tra gli abitanti di Rossmoor Walnut Creek, una comunita’ di pensionati ad est di San Francisco che ha 530 aderenti -cosi’ tanto che hanno cambiato la sala riunioni per tre volte.
“Sarei stata in forma molto peggio se non stessi usando la cannabis, sia fisicamente che mentalmente”, dice Anita Mataraso, 72 anni, una nonna di sei nipoti che prende marijuana ogni giorno contro dolori artritici e dei nervi, insieme ad altri disturbi.
Nello Stato di Washington, almeno una decina di assistiti riescono a vivere meglio grazie alle politiche legali di marijuana medica in risposta alle richieste dei loro abitanti, dice Robin Dale, direttore esecutivo della Washington Health Care Association. L’associazione, un gruppo industriale, ha pubblicato sul suo sito web una presentazione della sua politica in materia di marijuana medica.
A marzo, un influente gruppo di operatori sanitari, AMDA - The Society for Post-Acute and Long-Term Care Medicine, affrontera’ la questione in occasione della sua conferenza annuale. Cari Levy, vice-presidente del gruppo, terra’ una “Marijuana 101” lezione sui benefici, sui rischi e sui potenziali pericoli per gli operatori. “La gente ne fa uso, e noi dobbiamo sapere cosa rispondere”, dice.
Ma se le persone anziane stanno diventando un fronte emergente per l'uso di marijuana a fini medici, sono diverse le domande sollevate su sicurezza e accessibilita’. Negli Stati in cui la marijuana terapeutica e’ legale, le persone anziane che potrebbero trarne benefici, spesso non possono farlo. La maggior parte delle case di cura non rifiuta apertamente il suo uso, ma molti medici sono riluttanti a prescriverla, sostenendo che non sono noti i rischi nei gruppi di persone anziane.
“Si tratta di un target demografico che puo’ avere il proprio accesso limitato, se non essere tagliati fuori del tutto, semplicemente perche’ risiedono in una struttura”, dice Paul Armentano, direttore di NORML, un gruppo impegnato sulla legalizzazione della marijuana. “Si tratta di un problema che puo’ modificare radicalmente la loro qualita’ di vita”.
Mentre non vi e’ carenza di ricerca sulla marijuana, relativamente poco di questa ricerca si e’ pero’ concentrata in modo esplicito sui consumatori piu’ anziani, anche se il loro numero cresce - e non solo negli Stati Uniti. In Israele, per esempio, le persone piu’ anziane sono trattate con marijuana medica da anni. E "Americans for Safe Access", un gruppo di sostegno, ha aiutato un centro di ricerca nella Repubblica Ceca che sta valutando questo impatto sulle persone anziane.
“E’ un settore molto importante da osservare”, dice il dr Igor Grant, direttore al Center for Medicinal Cannabis Research all’University of California, San Diego, aggiungendo che le persone anziane sono ora una delle priorita’ delle ricerche del centro.
“Le persone anziane possono essere piu’ sensibili ai farmaci”, dice. “E’ possibile che una dose vada bene per una persona di 40 anni, ma non per una di 80”.
Il dr Thomas Strouse, psichiatra e medico di cure palliative all’University of California, Los Angeles, dice che che proprio come i farmaci per il sonno e il dolore danneggiano le persone anziane, la marijuana potrebbe forse creare disorientamento, vertigini o piu’ probabilità di ricadute. “Non ci sono prove che sia particolarmente utile per le persone anziane, e c’e’ qualche ragione che potrebbe invece essere dannosa”.
Diversi centri di assistenza hanno anche preso una posizione di cautela, spesso ricorrendo ad un approccio tipo "non chiedere, non dire".
“Se alcuni assistiti la stanno prendendo, lo fanno di nascosto, senza che il personale lo sappia, e quindi questo non e’ parte del loro piano di assistenza”, dice il dr Cheryl Phillips, ex-vicepresidente per i servizi di politiche pubbliche e sanitarie per LeadingAge, un gruppo industriale che rappresenta piu’ di 2.000 centri di assistenza. “Credo che questo possa creare un problema sanitario”.
Fred Miles, un avvocato del Colorado che rappresenta alcuni operatori dei centri di assistenza, dice che questi ultimi -a differenza di strutture di residenza assistita- sottostanno alle regole del governo federale, ed hanno paura di compromettere il loro rapporto con i fondi di Medicare e Medicaid. Chi nel personale eroga marijuana potrebbe anche in teoria finire per essere incriminato dalle leggi federali -dice-, anche se non ho mai sentito che cio’ sia accaduto.
I federali Centers for Medicare and Medicaid Services dicono che nessun centro di assistenza ha ricevuto uno specifico finanziamento o e’ stato incriminato per aver permesso l’uso di marijuana. Nello Stato di New York, dove il programma di marijuana terapeutica e’ cominciato nel 2016, il suo uso e’ ristretto alle persone con precise condizioni sanitarie, tra cui neuropatie, epilessia, sclerosi multipla, Parkinson, Hiv, Aids e cancro.
Nella Hebrew Home in Bronx, il programma di marijuana medica funziona da anni. Daniel Reingold, presidente e capo esecutivo di RiverSpring Health, che opera in loco, ha detto di aver constatato i poteri efficaci della marijuana in prima persona quando suo padre, Jacob, stava morendo di cancro nel 1999. Per alleviare i dolori del padre, Rengold scioglieva la marijuana in un te’ marrone scuro. Suo padre gliene fu riconoscente, e riprese di nuovo a ridere e mangiare. “L'unico sollievo che ha ottenuto in quelle ultime due settimane di vita e’ stato il te’”. Quando il signor Reingold chiese l’approvazione da parte della direzione del centro di assistenza, gli furono sollevate obiezioni e dubbi. Mentre scherzarono sul fatto che avrebbero dovuto aumentare le spese alimentari.
In seguito, il dr Zachary Palace, direttore medico, ha sviluppato un programma per il quale l’offerta di marijuana era anche un’opzione, ma rispettando le leggi federali: mentre il centro raccomandava e monitorava l’uso di marijuana, gli assistiti erano responsabili in proprio per acquisto, conservazione e gestione della sostanza.
Lo scorso autunno, i primi tre assistiti hanno iniziato a prendere pillole di marijuana. I loro famigliari le avevano prese da un dispensario di Yonkers gestito da Etain, una compagnia con licenza dello Stato per vendere marijuana terapeutica a persone specifiche o riconosciute bisognose dal loro personale specializzato, bastava solo che vivessero a New York. Il dr Palace dice che il programma e’ cresciuto in questo mese, con almeno 50 pazienti che possono usare marijuana.
Marcia Dunetz, 80 anni, una pensionata insegnante di arte che soffre di Parkinson, dice che all'inizio era preoccupata di quello che la gente avrebbe potuto pensare. “Era come un marchio di infamia”, dice. “La gente non credeva davvero che, prendendola, ne avresti ricevuto un beneficio notevole”. Ma lei decise di provarla comunque. Ora non si sveglia piu’ con il mal di testa e sente meno vertigini e nausea. Le sue gambe, inoltre, non si congelano come prima accadeva spesso.
Per la signora Brunn, le pillole di marijuana hanno avuto un buon effetto, tant’e’ che ha potuto fare a meno di altri farmaci, come la morfina. Sua figlia, Faith Holman, 61 anni, dice che le pillole costano 240 dollari al mese, e queste non sono coperte dall’assicurazione medica. La signora Holman, che vive in New Jersey, ha chiesto anche lei ad amici di famiglia di poter accedere al dispensario di Yonker. “Gli ostacoli dovevano essere superati”, dice la signora Holman. “Penso che lei avrebbe dovuto avere la marijuana, perché tutto dimostrava che funzionava”.

(articolo di Winnie Hu, pubblicato sul quotidiano The New York Times del 20/02/2017)
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