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Reati d’opinione. Vilipendio al presidente della Repubblica e Beppe Grillo
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Articolo di Alessandro Gallucci
31 maggio 2012 17:38
 
Beppe Grillo chiede a Giorgio Napolitano di impegnarsi per l’abrogazione del reato di vilipendio al Presidente della Repubblica. Iniziativa meritevole di nota, che non puo’ che trovarci d’accordo; viste le motivazioni, pero’, solo nella forma e non nella sostanza. Grillo parte, come spesso fa, dalla “rete” per dire che il reato e’ inutile perche’ il controllo del web non e’ possibile ed alla fine si rischia di colpire a caso, senza piu’ alcuna logica. Inoltre -dice Grillo- un cittadino, il Capo dello Stato, non puo’ essere piu’ uguale degli altri e avere piu’ diritti. Il nostro dimentica che a renderci tutti meno liberi di parlare, indipendentemente dall’oggetto dell’offesa, esistono anche i delitti di ingiuria e diffamazione, oltre che una serie di perniciosi reati contro il pensiero libero. Insomma il leader del Movimento cinque stelle pone un problema di notevole spessore ma sbaglia completamente il tiro.
Visto che il tema e’ importante e ci riguarda da vicino, vale la pena svolgere due brevi considerazioni.
Davvero si puo’ chiedere l’abrogazione di un reato solamente per ragioni di “impossibilita’ di contrasto”? Se questa fosse la logica, che senso avrebbe punire le truffe online, che quotidianamente proliferano? Insomma se l’abrogazione dovesse avvenire per incapacita’ di contrasto di uno specifico fenomeno criminale, Easy download e poi Italia-programmi.net ed ancora tutti i lestofanti della Rete avrebbero di che lamentarsi: perche’ il vantaggio dovrebbe andare a favore solamente del Presidente della Repubblica? Giustamente, verrebbe da dire. Abrogato un reato quindi, per coerenza sistemica, si dovrebbero eliminare tutti quelli che sono altrettanto difficili da individuare e punire. Insomma, se questa fosse la logica da seguire, bisognerebbe abolire quasi tutto il codice penale e non solo.
No, non siamo d’accordo! Le ragioni sono ben diverse e piu’ profonde. Da sempre l’Aduc e’ impegnata in una battaglia, civile e giudiziaria, a difesa della liberta’ d’espressione di tutti i cittadini. Abbiamo spesso pagato il conto, salato, solamente per difendere il diritto degli altri di dire cio’ che pensavano. Secondo noi, e non solo, nessuno, per quanto raccapriccianti possano essere i suoi pensieri, puo’ vedere limitato il diritto di dire quello che crede. Cio’ indipendentemente dal fatto che destinatario dell’espressione sia il Presidente della Repubblica, il proprio vicino di casa o l’azienda che opera male o peggio “truffaldinamente”. La sanzione penale rappresenta un’intollerabile forma di censura del pensiero: in pratica si punisce qualcuno non perche’ ha fatto un danno ma solamente perche’ ha detto qualcosa di sgradevole verso qualcun altro. In barba all’articolo 21 della Costituzione. Si tratti del Presidente della Repubblica o del famoso Pinco Pallino. La ragione profonda della liberta’ d’espressione risiede nel concetto stesso di progresso e benessere che dovrebbe orientare l’azione di ognuno. Come si può progredire senza dire quel che si pensa? Non si faccia riferimento solamente agli insulti grossolani ma si pensi soprattutto a discorsi che, solo perche’ contrari all’ordine costituito, suonano come sgraditi e spesso -ahinoi- illegali. Diceva John Stuart Mill: “la costante abitudine a correggere e a completare la propria opinione confrontandola con quelle degli altri, non solo non causa dubbi o esitazioni nel tradurla in pratica, ma anzi e’ l'unico fondamento stabile di una corretta fiducia in essa. Le nostre convinzioni piu’ giustificate non riposano su altra salvaguardia che un invito permanente a tutto il mondo a dimostrarle infondate”. Tradotto in termini piu’ semplici cio’ corrisponde a quel principio secondo il quale in democrazia si deve convincere e non reprimere. Invitiamo Grillo a visitare il nostro sito web per avere un’idea piu’ chiara sul perche’ i reati di opinione devono essere aboliti.
Qui il nostro canale tematico sulla censura

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