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Il regime legale di comunione dei beni: beni comuni, beni personali e comunione de residuo
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Articolo di Ignazio Sposito *
16 agosto 2012 9:29
 
Il fondamento del regime legale di comunione dei beni è certamente quello di rendere partecipi entrambi i coniugi degli incrementi patrimoniali conseguiti da ciascuno di essi durante il matrimonio.
Viene quindi privilegiato il carattere comunitario della vita familiare, valutando il contributo che ciascuno dei coniugi, seppure in forme e modi diversi, presta alle fortune familiari.
L'introduzione, con la riforma del 1975, del regime legale di comunione dei beni fra coniugi ha quindi lo scopo di valorizzare il lavoro domestico, realizzando così il principio di uguaglianza fra i coniugi nel suo significato sostanziale.
In questa prospettiva, il codice distingue tre categorie di beni: quelli comuni (art. 177, lett. a e d), quelli personali (art. 179) e quelli destinati a cadere in comunione solo dopo lo scioglimento del regime legale (art. 177, lett. b e c, e art. 178).
Diventano immediatamente comuni i beni acquistati, anche singolarmente da ciascuno dei coniugi, dopo il matrimonio, ovvero tutti gli acquisti di beni mobili ed immobili effettuati, anche singolarmente da ciascuno dei coniugi, le aziende costituite da entrambi i coniugi dopo il matrimonio, gli utili delle aziende di proprietà esclusiva di un coniuge ma gestite da entrambi; restano al contrario personali i beni di cui ciascun coniuge era già proprietario prima del matrimonio, proprio perché i coniugi sono partecipi solo degli incrementi patrimoniali conseguiti dopo le nozze.
a)      Per quanto concerne i diritti di credito, una parte della dottrina ha escluso che il credito possa essere oggetto di comunione in quanto si tratta di un diritto relativo, personale e strumentale: non sarebbe perciò ammissibile che quando il credito nasce in capo allo stipulante, se ne verifichi un trasferimento ex lege a favore della comunione legale[i].
Altra parte della dottrina invece sostiene che non vi siano ostacoli sistematici o strutturali che portino ad escludere i diritti di credito dall'oggetto della comunione ed osserva che l'esclusione dei diritti relativi dalla comunione mal si concilia con i principi ispiratori della riforma, poiché l'acquisto di un credito sovente si risolve in un incremento patrimoniale [ii].
 La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata a seguire la prima delle due soluzioni sopra prospettata escludendo quindi che i diritti di credito possano cadere in comunione (è C. 1363/99; C. 987/95; C. 6493/94; C. 9513/91). Soli in alcune  occasioni la Cassazione ha però sostenuto, seppur solo in obiter dictum, che anche i diritti di credito cadono in comunione dei beni (C. 487/03; C. 9355/97).
b)      Altra rilevante questione da affrontare è se costituiscono oggetto della comunione fra coniugi i beni acquistati dopo il matrimonio non per effetto di un atto negoziale, ma per usucapione, accessione, occupazione, invenzione e specificazione.
 La tesi restrittiva è stata affermata a partire dalla considerazione che il verbo "compiuti" non può che riferirsi ad una attività negoziale del soggetto a cui favore si perfeziona l'acquisto. Sarebbero quindi compresi nell'oggetto della comunione legale solo gli acquisti a titolo derivativo, cioè gli acquisti che derivano dal compimento di attività negoziali.
La dottrina prevalente tuttavia propende per la soluzione favorevole ad estendere la comunione anche agli acquisti a titolo originario. Si afferma infatti che il verbo "compiere" è utilizzato dal legislatore come sinonimo di "effettuare", "perfezionare" ed è quindi riferibile anche ad un acquisto che non deriva dal compimento di una attività negoziale, ma dal semplice perfezionamento di una situazione.
 Per quanto concerne in particolare l’acquisto per usucapione, la giurisprudenza di merito ha tuttavia precisato che, affinché l'acquisto operi in favore di entrambi i coniugi, è indispensabile che il tempo necessario per l'usucapione si sia perfezionato in costanza di matrimonio, mentre è irrilevante che la situazione di possesso sia riferibile ad entrambi i coniugi (T. Roma 7.4.03).
c)         Un problema particolare si pone nell'ipotesi della costruzione di un edificio su terreno di proprietà esclusiva di uno solo dei coniugi. In questo caso, infatti, l'art. 177 deve essere letto assieme all'art. 934 in tema di accessione, secondo cui qualsiasi opera costruita sul suolo è di proprietà del proprietario del suolo. Ci si è chiesti quale delle due discipline (quella dettata dall'art. 177 o quella dettata dall'art. 934) debba prevalere.
 La giurisprudenza di legittimità afferma costantemente che l'interprete deve far prevalere le norme sull'accessione con la conseguenza che l'immobile costruito dopo il matrimonio sul terreno personale rimane di proprietà esclusiva del coniuge proprietario del terreno (è C. 2680/00; C. 8585/99; C. 4716/99; C. 4076/98; C. 4273/96; C. 651/96; C. 11663/93; C. 6622/91).
d)      Esiste poi una comunione de residuo, eventuale e differita formata da beni che durante il matrimonio appartengono al coniuge che li ha percepiti, e solo se non consumati, al momento dello scioglimento della comunione sono divisi per la parte residua, in parti uguali fra i coniugi.
Vi rientrano:
- i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione ( art. 177 c.c.),
- i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati ( art. 177 c.c. ).
- I beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente si considerano oggetto della comunione solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa ( art. 178 c.c.).
e)  I beni di cui un coniuge era proprietario prima del matrimonio
 L'esclusione dei beni di cui ciascun coniuge era proprietario prima del matrimonio dall'oggetto della comunione dei beni è la logica conseguenza del fatto che il fondamento razionale del regime legale di comunione dei beni è quello di rendere partecipi entrambi i coniugi degli incrementi patrimoniali conseguiti da ciascuno di essi durante il matrimonio
Questa considerazione relativa al fondamento razionale della norma in commento, conduce la dottrina ad operare una interpretazione estensiva della disposizione stessa: il dato testuale fa riferimento alla titolarità, prima del matrimonio, di diritti reali; in realtà è personale l'intero patrimonio, ivi compresi i diritti di credito ed i diritti personali di godimento.
In particolare ci si è chiesti se rientri nell'ambito di applicazione della lett. a dell'articolo in commento il denaro che si trovasse nel patrimonio di un coniuge al momento del matrimonio. La rilevanza pratica della questione si coglie in ciò: se il denaro fa parte dei beni personali, i beni acquistati con i risparmi personali di un coniuge precedenti al matrimonio sono beni personali ai sensi dell'art. 179, lett. f, e non entrano nella comunione ai sensi dell'art. 177, lett. a.
 A sostegno della tesi che vuole escludere il denaro dai beni personali ai sensi della lett. a della norma in commento, si osserva che la lett. f considera personali solo i beni acquistati con denaro che costituisca il prezzo del trasferimento di beni personali: sarebbero quindi personali solo i beni acquistati vendendo (o permutando) altri beni personali e non i beni acquistati utilizzando denaro di cui un coniuge avesse già la disponibilità prima del matrimonio.

* Avv. Ignazio Sposito
 


[i] (in questo senso Schlesinger, Comunione legale, in Comm. Carraro, Oppo, Trabucchi, I, Padova, 1977, 375; Santosuosso, Delle persone e della famiglia. Il regime patrimoniale della famiglia)
[ii] (in questo senso in primo luogo, Campobasso, Comunione coniugale e partecipazione in società di capitali, in RiDP, 1996, 458; Di Martino, L'acquisto dei crediti in regime di comunione legale tra i coniugi, in Q, 1985, 30; Id., La comunione legale tra i coniugi, l'oggetto, in Il diritto di famiglia, Tratt. Bonilini-Cattaneo, II, Torino, 1997, 62; La Rocca)

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