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LA RIDDA DELLE "E" -OVVERO: PIU' CHE 'L DOLOR, POTE' IL DISGUSTO
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Articolo di Annapaola Laldi
15 gennaio 2004 0:00
 
Da qualche anno sono arrivata a scoprire che, per nutrirmi bene, non ho bisogno di chiedere la vita ad alcun animale. Cio' che la stessa tradizione italiana, specialmente, della cosiddetta "cucina povera", mi offre -pane e pasta, cereali e legumi, qualche uovo e un po' di formaggio, verdure e frutta- mi assicura, a quanto sperimento, una dieta varia e sufficientemente ricca per i miei bisogni alimentari di persona ormai di una certa eta'. La carne, tuttavia, la mangio, se me la offrono le persone che mi invitano a pranzo, o la cucino io stessa, nel modo piu' semplice, le rare volte che invito a casa mia persone per le quali non esistono proprio alternative.
Del resto, la carne, non e' che non mi piaccia; oltretutto sono cresciuta in una casa in cui la carne si sapeva cucinare, tutto il resto, specialmente le verdure, assolutamente no. E talora mi prende la nostalgia -che so- di una rosticciana, o, piu' semplicemente, di una bella salsiccia alla brace... Come e' successo qualche giorno fa.
Non mi piace crearmi da sola motivi di nevrosi, imprigionandomi in imposizioni e divieti che poi -lo so bene- mi si ritorcono contro, e, dato che ero al supermercato, mi sono diretta al banco della macelleria per comprare una salsiccia fresca, perche' quelle preincartate suscitano in me istintivamente diffidenza e un sovrappiu' di tristezza -come se l'animale fosse stato ammazzato due volte. Non so perche', ma e' cosi'.
C'era gente in coda e, mentre aspettavo il mio turno, pregustando la vista, il profumo e il sapore di questa bella salsiccia arrostita con polenta, piatto per me ormai del tutto inusitato, lo sguardo si e' posato sul cartellino con la lista degli ingredienti, che faceva bella mostra di se' (com'e' giusto che sia) sopra il festone di salsicce adagiato nel banco refrigerato. Piu' per ingannare il tempo che per altro, mi sono messa a leggerlo:
"SUINO, SALE, AGLIO" -va bene.
Poi: "SPEZIE" -ma quali? Pepe, immagino.
E poi: "SACCAROSIO, DESTROSIO, LATTOSIO" - ohibo', ma questa e' roba che so che devo evitare. Ma come: scelgo di mangiare qualcosa che, come dice la parola, ha a che vedere col "sale", e mi ritrovo a che fare con una sfilza di zuccheri? Boh! Andiamo avanti. Ma, nel rigo di sotto era in agguato un'altra sorpresa ancora piu' agghiacciante che, per qualche istante, mi ha fatto temere per la salute dei miei occhi. Che cosa stava succedendo? Ci vedevano doppio, triplo? Mi davano i numeri? Ho inforcato gli occhiali. No, non era cosi'. La vista faceva, da brava, il suo dovere. A dare i numeri, intessendo una sorta di ridda di "E", era la realta' -la costituzione della mia agognata, succulenta salsiccia:
"E 262" (correttore di acidita') -"E 301" - "E 302" (antiossidante) -"E 120" (coloranti) -"E 252" (conservanti).

Mi e' passata la voglia. Sull'istante. Senza rimpianti. E me ne sono andata, mentre qualcosa dentro di me sorrideva con un certo compiacimento davanti all'ironia della sorte, e adattava molto liberamente all'occasione l'eco di un celebre verso dantesco: "piu' che 'l dolor (per l'animale) pote' il disgusto (per gli additivi)".

NOTA
"Poscia, piu' che 'l dolor, pote' 'l digiuno" e' la tragica chiusa dell'episodio del Conte Ugolino, il nobile pisano condannato, per tradimento della patria, a morire di fame con i giovani figli e nipoti. Il fatto, che era avvenuto nel 1288, e' narrato da Dante Alighieri nel canto XXXIII dell'"Inferno" dalla prospettiva dello stesso conte Ugolino, che non nega di essere stato un traditore (del resto e' punito proprio per questo peccato), ma denuncia tutta la disumanita' della pena a cui era stato condannato, l'orrore di aver ceduto alla fame, cibandosi della carne di uno dei giovinetti morti prima di lui.
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