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Il ruolo delle associazioni di consumatori nei processi penali per abuso d’ufficio
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Articolo di Cristiana Olivieri *
23 gennaio 2015 17:21
 
L’articolo 91 del codice di procedura penale riconosce la possibilità delle associazioni di far valere i diritti e le facoltà attribuite alla persona offesa dal reato, tra cui quella di opporsi alla decisione del Giudice di archiviare un procedimento penale. Condizioni imprescindibili per far valere tali diritti sono l’assenza di scopo di lucro dell’associazione e la finalità di tutela degli interessi lesi dal reato. L’associazione deve quindi essere portatrice di interessi qualificati ben precisi e che possano essere pregiudicati dal reato; ben può infatti succedere che sorgano in capo all’associazione stessa danni, patrimoniali e non, derivanti da un reato.
Non sempre, tuttavia, tali diritti sono pacificamente e immediatamente riconosciuti.
Risale al mese scorso una sentenza della Corte di Cassazione, sezione VI, n. 51080/2014 che dimostra come tale riconoscimento non sia sempre così scontato. La sentenza ha accolto il ricorso di un’associazione riconosciuta a livello nazionale (inserita nell’elenco previsto dal Codice del Consumo), che si era vista negare la facoltà di far valere i propri diritti sia dal Pubblico Ministero che dal Giudice, in un procedimento archiviato senza che essa fosse stata neppure interpellata. Vedendosi negare tale diritto, l’ente aveva richiesto ai Giudici che il decreto di archiviazione fosse annullato.
La Suprema Corte ha accolto tale richiesta, basando le proprie motivazioni sulla disciplina del Codice del Consumo. Esso garantisce esplicitamente i diritti e gli interessi collettivi e ne promuove la tutela a livello nazionale, anche in forma associativa. Soprattutto in tema di diritto alla salute – la sentenza è inerente proprio a tale diritto fondamentale – lo stesso Codice conferisce alle associazioni la legittimazione ad agire a tutela dei consumatori lesi nei loro diritti, tra cui ovviamente quello alla salute, costituzionalmente protetto. La Corte spiega nel dettaglio che ci sono situazioni in cui un interesse o un diritto non può essere ricondotto ad una singola categoria di utenti, ma alla generalità dei cittadini e in tal caso si parla di “interessi diffusi” poiché non è possibile individuarne chiaramente dei titolari. Proprio in questi casi, in genere, è un’associazione che si fa portatrice di tali interessi e che si prepone il compito di tutelarli nell’interesse della collettività. Tuttavia, l’associazione non diventa titolare della somma dei singoli interessi di chi rappresenta diffusamente, bensì acquisisce un proprio interesse distinto e autonomo, che può quindi essere leso indipendentemente da quello dei soggetti che rappresenta.
La sentenza di cui sopra riguarda l’autorizzazione all’innesto di impianti potenzialmente pericolosi in alcune aree comunali; il procedimento amministrativo volto all’innesto di tali impianti era stato irregolare e perciò i responsabili erano stati indagati per abuso in atti d’ufficio. La Corte ha precisato come tale reato possa, secondo il diritto penale, ledere più di un interesse (cd. reato plurioffensivo), nel particolare non solo l’interesse al buon andamento della Pubblica Amministrazione, ma anche quello del privato cittadino a non vedere pregiudicato il proprio diritto alla salute. In tale veste, quindi, non solo il singolo cittadino può opporsi nel caso in cui il Pubblico Ministero chieda che il procedimento sia archiviato, ma anche l’associazione rappresentativa deve essere posta nelle condizioni di poterlo fare.
Poiché, secondo il diritto penale, non si può archiviare un procedimento senza che le parti che eventualmente possano opporsi siano state avvisate, è indubbio che l’associazione avrebbe dovuto essere avvertita del decreto. Infatti, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’ente associativo, annullando il decreto di archiviazione, e quindi riconoscendo la possibilità dell’associazione di far valere i propri diritti, offesi dal reato, al pari della persona fisica offesa dall’illecito.

* consulente legale Aduc
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