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Ser.T di Lanciano (Ch). Perquisizioni e sequestri. Che accade?
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Articolo di Amedeo Guerriere *
7 giugno 2012 18:40
 
 Ancora una volta, come purtroppo accade spesso in Italia, una Procura della Repubblica, quella di Lanciano, ha applicato le norme del codice di procedure penale con un largo margine di discrezionalità interpretativa o, forse, molto più banalmente, le ha semplicemente ignorate.
E’ quanto accaduto nel SER.T, di Lanciano, dove è stato è stato violato il diritto del tossicodipendente alla cura nella massima riservatezza.
Questi gli antefatti. Nel settembre 2010 la Procura della Repubblica ha avviato un’indagine su due dirigente medici, rispettivamente responsabile e vice-responsabile del SER.T. di Lanciano
Un’indagine per molti versi paradossale, e con aspetti anomali in sede di acquisizione delle prove (intercettazioni telefoniche, copie di pagine delle cartelle cliniche recapitate alla Polizia Giudiziaria da uno dei denuncianti) non pienamente comprensibili al comune cittadino. Il procedimento penale si è comunque concluso nei mesi scorsi con patteggiamento della pena, al di sotto dei due anni, da parte dei due imputati per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato, peculato e concussione.
La questione tuttavia che qui interessa non è entrare nel merito della vicenda penale dei due professionisti, ma di evidenziare il fatto inconfutabile che in tale indagine è stato reiteratamente violato l’art.120 comma 7 del D.P.R. 309/90 nella parte che estende agli operatori dei Servizi per le Tossicodipendenza le garanzie previste per il difensore dall’art.103. del c.p.p.
Ora l’art.103 prevede per le ispezioni e le perquisizioni presso il difensore una procedura che si differenzia dalla disciplina generale per due aspetti essenziali sintetizzabili nei seguenti termini:
1) L’organo legittimato a procedere nel corso delle indagini preliminari è unicamente il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice (art. 103 comma 4 c.p.p.), assumendo nella fattispecie il pubblico ministero il ruolo di esecutore, privo di poteri autonomi.
2) L’obbligo per l’autorità giudiziaria di avvisare, a pena di nullità, il consiglio dell’ordine forense (nel caso di specie, essendo il dirigente responsabile un medico, il presidente dell’ordine dei medici o quantomeno il Direttore generale dell’ASL), perché il presidente o un consigliere dallo stesso delegato possa assistere alle operazioni.
Detto in parole semplici, il P.M. non può delegare tali atti investigativi alla Polizia Giudiziaria. Ma non è stato così nel caso del SER.T. di Lanciano.
Ed ecco i nudi fatti che dimostrano come tale norma sia stata di fatto ignorata.
Il 18 marzo 2011 due agenti della polizia giudiziaria, su delega del sostituto procuratore della Repubblica di Lanciano, dott.ssa Rosaria Vecchi, hanno acquisito copia del registro delle entrate e delle uscite dal Ser.T. per motivi di servizio dei dipendenti, relativamente al periodo dall’8 giugno 2010 al18 marzo 2011. Registro in cui non di rado sono trascritti i nomi e i cognomi degli utenti che hanno usufruito di prestazione terapeutiche e socio-riabilitative domiciliari.
- Gli stessi agenti, a prosecuzione delle indagini avviate, sempre su delega del sostituto procuratore, hanno acquisito copia dell’elenco contenente le generalità non solo di tutti gli utenti già in carico o attualmente in carico al SER.T. a partire dall’anno 1993, ma anche di coloro che si sono rivolti occasionalmente al Ser.t. per un intervento di counselling.
E dulcis in fundo il 31 maggio 2011, nell’ambito dell’esecuzione dell’ordinanza del G.I.P. di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari ai due indagati, la polizia giudiziaria, dopo aver perquisito le loro abitazioni, con grande spiegamento di forze si è recata al SER.T. per perquisire la stanza del responsabile e occupare (?) la stanza adiacente, sequestrando ulteriore documentazione, fra cui un foglietto contenente i nominativi di 60 utenti del SER.T. di cui uno dei due medici imputati era l’operatore referente. Infine –e non poteva mancare- c’è stata l’indimenticabile scena finale: i due arrestati, accompagnati da un mini truppa di poliziotti, pronti ad evitare forse ogni tentativo di fuga, sono stati fatti uscire dal SER.T., cui erano stati precedentemente accompagnati coattivamente per assistere alle operazioni di perquisizione e sequestro, proprio nell’orario di apertura del Servizio al pubblico.
La creatività drammaturgica ha qui superato la nostra pur fertile immaginazione: che cosa c’è di più emozionalmente eccitante e indimenticabile dell’assistere in diretta a due arresti “eccellenti”? Intanto gli organi di informazione erano già stati tempestivamente avvisati : l’arresto di due professionisti della sanità senza adeguata risonanza mediatica rischia di diventare per certi versi un’operazione inutile, poiché incapace di colpire e ravvivare l’immaginario giustizialista di quella fascia dell’opinione pubblica, che è alla continua e disperata ricerca di capri espiatori.
Il tutto si è concluso con una bella conferenza-stampa in cui la Polizia Giudiziaria ha illustrato nei dettagli la brillante operazione portata a termine dopo quasi un anno di faticose indagini, quasi si trattasse della cattura di un famoso latitante mafioso.
Fatti che si commentano da soli: siamo alla bagatellizzazione dell’investigazione penale e a una forma sottile e subdola, penalmente irrilevante ma moralmente riprovevole, di mancato rispetto della dignità della persona. Tuttavia quel che qui interessa sottolineare è che ci troviamo davanti ad una palese violazione della privacy degli utenti, probabilmente senza alcuna valida ragione investigativa. I diritti, giuridicamente protetti, del malato non contano nulla, quel che importa è dimostrare di essere inflessibili ed efficienti nella pronta repressione di ogni illecito penale, a prescindere dal rispetto delle regole stabilite dal legislatore.
Su tali fatti il sottoscritto, educatore professionale del SER.T., ha già presentato tre esposti, rispettivamente al Ministro della Giustizia, al Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione e al Consiglio Superiore della Magistratura..
L’unica risposta finora pervenuta è stata quella del C.S.M., che da un lato si è limitato a precisare che “non può valutare il merito dei provvedimenti giurisdizionali pronunciati dai magistrati che sono soggetti, come qualunque altro cittadino, nel caso in cui violi la legge, al giudice ordinario civile e penale”, e dall’altro ha ribadito che i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati sono adottati dalla Sezione disciplinare del C.S.M. “su richiesta in via esclusiva del Ministro della Giustizia e del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione”. Una risposta in alcuni passaggi magistralmente tautologica e in altri palesemente autocontraddittoria: un’esercitazione accademica di modesta fattura stilistica e contenutistica.
Pertanto, si è provveduto il 14 maggio 2012 a inoltrare un esposto- denuncia contro il sostituto procuratore dott.ssa Rosaria Vecchi alla procura della Repubblica di Campobasso, perché faccia chiarezza su tutta la vicenda e valuti se negli atti posti in essere dalla dott.ssa R. Vecchi e dai suoi collaboratori vi siano aspetti penalmente rilevanti.
E’ impossibile restare indifferenti di fronte a episodi del genere che da un lato denotano un processo in atto di imbarbarimento della prassi penale a tutti i livelli, e dall’altro mettono in questione il diritto del cittadino di poter usufruire delle prestazioni terapeutiche, socio-riabilitative e di consulenza erogate dai SER.T. senza alcun timore di veder finire il proprio nome sulla scrivania di un Procuratore della Repubblica.

* educatore professionale presso il Ser.T di Lanciano (Ch)

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