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Il sesso a pagamento non è immorale
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Articolo di Redazione
12 giugno 2012 10:04
 
Il 2 giugno, nella Giornata internazionale delle prostitute, incentrata sulle loro difficili condizioni di lavoro, è stata segnalata una sentenza del Tribunale Superiore Austriaco (OGH), che autorizza la rivendicazione per via giudiziaria del mancato compenso monetario per prestazioni sessuali. Se finora l'Alta Corte aveva considerato nulli i patti inerenti lo scambio sesso-denaro, ritenuti contrari al buon costume, oggi rivede la sua posizione: i tempi sono cambiati, tant'è vero che la prostituzione è regolamentata per legge.

L'occasione nasce dal rifiuto a pagare le prestazioni sessuali ricevute da parte di un cliente abituale di un locale notturno della Carinzia. L'uomo, solitamente generoso, quando era sprovvisto di contanti dava in garanzia il bancomat di sua madre e onorava il debito qualche giorno dopo. Nel frattempo, un cameriere anticipava i soldi alle donne che esercitavano liberamente il sesso a pagamento nel locale. Ma quando l'uomo ha smesso di pagare il dovuto e il bancomat materno è stato bloccato, è sorta una vertenza giudiziaria. Il cameriere esigeva 12.000 euro, di cui 6.170 per "servizi prestati dalle ragazze" e il resto per bevande e sigarette.
Nei primi processi la sua denuncia ha avuto scarso successo. Il tribunale regionale di Klagenfurt gli ha solo riconosciuto 3.000 euro per le consumazioni, ma non il rimborso delle prestazioni sessuali, trattandosi di commercio immorale. La sentenza è stata confermata dal tribunale regionale superiore di Graz, che però ha lasciato aperta la via al ricorso all'OGH, il quale, nella sua ultima pronuncia in materia, nel 1989, aveva giudicato contrari al buon costume i rapporti sessuali a pagamento. All'epoca i giudici spiegarono che in fatto di prostituzione si deve tener conto di come spesso vengano sfruttate l'incoscienza, l'inesperienza, l'impulsività, l'ubriachezza delle persone. Inoltre -sostenevano i giudici negli anni '80- la prostituzione è un pericolo per l'istituzione famigliare.

Non tutti i clienti necessitano di tutela
Ma ora il mondo è visto con altri occhi, dice il Tribunale Superiore, tanto che in Austria la prostituzione non è più proibita. Esistono addirittura norme legislative regionali che regolamentano le condizioni del sesso a pagamento e delle case chiuse -da ciò discende che sono venuti meno i punti di riferimento sull'immoralità di quel mestiere. Inoltre, "non tutto ciò che si configura come potenziale pericolo per la stabilità famigliare o che è percepito come immorale", è di per sé contrario al buon costume. Così come si può escludere l'approfittarsi dell'ingenuità del cliente; se in un caso concreto si può dimostrare che ci sia stato abuso della leggerezza altrui, allora si può sempre impugnare il contratto per immoralità, ma non serve più una regola generale in base alla quale ogni patto riguardante il sesso sia immorale.
I giudici che hanno pronunciato la sentenza (3Ob45/12g) hanno dunque stabilito: "Se è stato convenuto o accettato che il rapporto sessuale venga retribuito, l'accordo giustifica la rivendicazione del compenso per via legale". Anche il gestore di una casa chiusa (in questo caso il cameriere) può querelare l'inadempiente. Resta da chiarire di quali "servizi prestati dalle ragazze" abbia esattamente fruito il cliente. Per questo motivo il procedimento dovrà tornare al tribunale di prima istanza.

(articolo di Philipp Aichinger per Die Presse dell'01-06-2012. Traduzione di Rosa a Marca)

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