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Stati Uniti d'Europa. La moneta unica e quelle plurime
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Articolo di Primo Mastrantoni
14 maggio 2019 12:31
 
 Nel Regno di Sardegna, a metà dell'800, c'era la lira, nel Regno Lombardo-Veneto la lira austriaca, nello Stato Pontificio il baiocco, nel Granducato di Toscana il quattrino e nel Regno delle Due Sicilie il ducato.
E' facile comprendere come commerci e viaggiatori risentissero di continui cambi di valuta e dei relativi tassi, quando si spostavano da un capo all'altro dell'Italia.

La stessa cosa succedeva in Europa fino alla introduzione dell'euro: viaggiare e cambiare continuamente moneta significava diminuire il valore di quella iniziale. E' indubbio che una moneta unica favorisca commerci e spostamenti e consente di non pagare commissioni per il cambio della valuta.

Gli Stati Uniti d'America hanno il dollaro, la Cina lo yuan. Sono le due potenze politiche ed economiche del nostro tempo con le quali dobbiamo confrontarci e una moneta europea non può che essere unica per sostenere il confronto stesso, a meno che non si voglia diventare colonia dell'una o dell'altra potenza.
 
Nel nostro Paese ci sono state posizioni antieuro. Ricordiamo, prima delle elezioni politiche, le dichiarazioni e le iniziative per uscire dall'euro del M5S e della Lega. Una volta al governo, però, le posizioni si sono ribaltate e il sovranismo monetario è svanito.
Non possiamo che essere soddisfatti, ma questo ribaltamento di opinioni la dice lunga sulla credibilità di chi propone soluzioni elettoralistiche per cambiare, poi, opinione.

E' il sovranismo all'amatriciana, utile per acchiappare voti
e ora proposto in altre forme.
Noi ricordiamo che l'Europa rappresenta il 7% della popolazione mondiale, produce il 25% della ricchezza mondiale e spende il 50% delle sue risorse nel welfare, cioè in sanità, assistenza e pensioni.

E' un unicum mondiale. Da ricordare alle prossime elezioni europee.
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