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Gli strumenti deflattivi del contenzioso tributario. La conciliazione giudiziale
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Articolo di Claudia Moretti
2 maggio 2012 12:45
 
La recente introduzione del reclamo obbligatorio non ha eliminato le già previste possibilità deflattive del contenzioso tributario esistenti nel nostro ordinamento, ma ha aggiunto una tappa obbligatoria in più nei confronti del contribuente che voglia procedere col giudizio verso l'amministrazione finanziaria.
Già prima di prevedere questa vera e propria condizione di procedibilità, il legislatore aveva già predisposto diversi ed articolati strumenti per evitare processi aventi ad oggetto pretese fiscali (che hanno sempre un alto costo sociale), favorendo uno “sconto” al cittadino, in cambio dell'accettazione e del pagamento del tributo o della sanzione, ovvero rendendo appetibile la chiusura di una causa per il ricorrente.
Fra i principali strumenti di composizione delle controversie già sorte, esiste la conciliazione giudiziale, nelle sue due forme: quella “in udienza” e quella “fuori udienza”. In caso di conciliazione parziale, il processo tributario prosegue per le restanti questioni non conciliate.
Disciplinata dall'art. 48 del D.lgs 546/1992, la conciliazione giudiziale rappresenta lo strumento deflattivo per chiudere contenziosi già aperti, ed invogliare le parti a transigere rinunciando agli atti del processo tributario.
Essa si applica a tutte le controversie per le quali hanno giurisdizione le Commissioni tributarie provinciali, ma vi si può dar seguito, nei termini che ora vedremo, solo entro e non oltre la prima udienza.

Procedimento
L'iniziativa a conciliare può esser presa dalle parti (contribuente ed amministrazione) oppure dal Giudice, che può invitare queste ultime a trovare un accordo. Se ne fa richiesta il contribuente questa perviene al giudice con la richiesta di fissazione della pubblica udienza, ovvero, se ne fa richiesta l'amministrazione finanziaria, essa deposita uno scritto contenente gli accordi conciliativi.
In caso di raggiungimento dell'accordo in udienza, viene redatto processo verbale che costituirà titolo esecutivo per la riscossione delle somme ivi indicate.
In caso si raggiunga un accordo fuori udienza, sarà la stessa amministrazione finanziaria a depositare un scritto contente la proposta di accordo e il Giudice che presiede la Commissione Tributaria, valutata la legittimità della proposta in questione, dichiarerà con decreto l'estinzione del giudizio. Anche tale decreto avrà valore di titolo esecutivo per la riscossione delle somme ivi contenute.
L'accordo conciliativo non si perfezionerà fin tanto che si avrà il pagamento in questione. Ciò dovrà avvenire nei venti giorni successivi attraverso il versamento dell'intero importo o della prima rata.
In merito alla rateizzazione, essendo stato abrogato con D.L. 98/2011 l'obbligo di garantire con polizza fideiussoria per importi superiori a 50.000 euro (art. 8 comma 2 del D.lgs 218/1997), non è più dovuta alcuna garanzia. Esiste però ancora la disposizione che prevede la sanzione dell'iscrizione a ruolo delle somme dovute più il doppio della sanzione, in caso di mancato pagamento anche di una sola rata.

Effetti della conciliazione
Per rendere appetibile la soluzione in esame, il legislatore ha disposto che:
- le spese del giudizio siano compensate;
- siano diminuite le pene per gli eventuali reati tributari (fino alla metà), sempre che la conciliazione avvenga prima dell'apertura del dibattimento nel relativo processo penale di primo grado;
- le sanzioni amministrative siano ridotte ad 40% delle somme irrogabili, in rapporto all'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione. Ad ogni modo non si può scendere oltre la soglia del 40% dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.
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