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Taglio tasse: mossa obbligata. Grande obiettivo, con molti rischi, raggiungibile solo da un governo autorevole
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Articolo di Domenico Murrone
15 giugno 2008 0:00
 
Le tasse. Pagarle puo' essere utile, amarle e' quasi impossibile. Per tutti. La politica fiscale e' sempre oggetto di propaganda e dibattito politico. Spesso la polemica tra partiti si traduce in slogan e si perdono di vista i concetti base delle possibili misure che possono giovare o nuocere ai cittadini.
Storicamente si confrontano due teorie. Solo un adeguato livello di tassazione puo' portare benefici alla collettivita' oppure troppi soldi in mano allo Stato favoriscono gli sprechi, pertanto meglio avere aliquote basse, cosi' da non 'incoraggiare' l'evasione fiscale.
 
L'applicazione di tutte e due le impostazioni nell'ambito di Paesi democratici ha dato frutti positivi e negativi. Negli ultimi anni la politica della riduzione della pressione fiscale e' quella piu' praticata. A partire dal 2000 molti Governi l'hanno adottata, rafforzandola con il meccanismo dell'aliquota unica, senza differenziare l'imposizione a seconda del reddito: 20%, fino a 10 mila euro, 30% fino a 20 mila, ecc.
 
A seguire questa strada cosi' spinta sono soprattutto i Paesi che devono recuperare terreno. Si fanno concorrenza con la leva fiscale, per attrarre capitali dal mondo: piu' investimenti, piu' aziende, piu' occupazione, piu' reddito per i cittadini, piu' introiti fiscali per lo Stato. E' questa la dinamica che i fautori delle tasse basse prospettano. In pratica, se tutto funziona, al calare delle aliquote aumenta il gettito fiscale.
 
Hanno scelto questa strada, praticamente, tutti i Paesi dell'Europa dell'Est, che tassano i redditi con aliquote che vanno dal 10% della Serbia, al 21% delle Repubblica Ceca. Sperano di emulare l'Irlanda che, a partire dagli Anni 90, ha conosciuto uno sviluppo impetuoso proprio grazie alla politica delle tasse basse a imprese e cittadini e alla flessibilita' dei rapporti di lavoro: hanno favorito gli investimenti dall'estero cosi', in pochi anni, un Paese ad economia povera ed agricola e' diventato ricco e ora i settori prevalenti sono finanza e industria.
 
Ogni Paese fa storia a se' e l'applicazione di una medesima politica fiscale in Stati diversi puo' dare risultati molto differenti.
Nonostante cio', venendo all'Italia, e' possibile mettere dei punti fermi.
- Gli investimenti stranieri in Italia sono pochi, rispetto alle potenzialita'. I motivi sono tanti: criminalita' organizzata in alcune zone, la lentezza della giustizia che pregiudica la certezza del diritto, ma anche tasse sui profitti piu' alti che altrove. Piaccia o no le aziende tendono a guadagnare il piu' possibile e sono disposte a pagare aliquote piu' alte solo se i benefici che traggono ad insediarsi in un posto compensano i maggiori oneri fiscali. Senza considerare che anche molte aziende italianissime aprono filiali e sedi in Lussemburgo per avere vantaggi fiscali.
- L'economia italiana da lustri cresce meno della media europea.
- Il livello di evasione fiscale in Italia e' altissimo e nessun Governo e' riuscito a impostare una politica fiscale che tendenzialmente riduca il fenomeno a livelli fisiologici.
Quindi: tasse alte e alta evasione fiscale, bassa crescita. Vista la situazione, la drastica riduzione delle aliquote fiscali sarebbe da applicare immediatamente e massicciamente.
 
Purtroppo l'Italia ha anche un debito pubblico altissimo e questo fardello impedisce un'applicazione a cuor leggero di una riduzione generalizzata delle tasse. Il rischio e' che abbassando repentinamente la pressione fiscale, e dovendo comunque far fronte al pagamento di milioni e milioni di interessi sul debito pubblico, il sistema potrebbe saltare. Di punto in bianco lo Stato e gli Enti locali potrebbero non essere in grado di pagare stipendi, costruire scuole, ferrovie, ecc.. Polemiche politiche anche strumentali a parte, e' questo che blocca l'Italia. Dobbiamo tagliare le tasse, ma se lo facessimo rischiamo 'il fallimento'.
 
Il precedente Governo, per uscire da questo cappio, aveva impostato una politica economica e fiscale che mirava prima di tutto a risanare i conti, non annunciando immediate riduzioni di tasse, ma mirando a combattere l'evasione fiscale. Con metodi spesso discussi. Si pensi per esempio a come avviene il tentativo di stanare gli evasori di una tassa 'minore', ma molto odiata, come il canone Rai.
 
Il nuovo Governo, nella tradizione di Berlusconi, ha annunciato tagli alle tasse, iniziando a tagliare, pero', una tassa comunale, l'Ici. Nessun provvedimento e' stato annunciato, per esempio, per ridurre le imposte sui carburanti che vanno direttamente nelle casse del Governo centrale.
 
Al dunque. Il sistema Italia e' bloccato. La grande battaglia all'evasione fiscale e' ardua, se non inutile. Ridurre le tasse in modo generalizzato e' rischioso, ma e' l'unica via al momento praticabile per dare una scossa al Paese e uscire dall'attuale cappio. Tale impostazione implica il taglio di privilegi e sperperi, non semplici limature. Occorre ridurre la spesa pubblica per miliardi di euro, questo creera' molte contestazioni. E' necessario correre il rischio e agire simultaneamente su tutte le categorie che oggi godono di privilegi e di rendite di posizioni. L'alternativa e' continuare a vivacchiare senza prospettive che ridiano speranza.
 
Occorre essere credibile per riuscirci. Certo, iniziando la legislatura proponendo un provvedimento definito 'salva Rete 4', non da' al Governo autorevolezza. Anzi, legittima le resistenza al cambiamento: come! Il presidente del Consiglio fa leggi per salvare le sue aziende e noi dobbiamo tirare la cinghia?
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