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Il Tribunale Monsanto. Aspetti politici e giuridici internazionali
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Articolo di Redazione
16 ottobre 2016 18:31
 
 Le accuse rivolte contro la multinazionale Monsanto sono pesanti e tali perche' possa essere perseguita davanti ad un tribunale internazionale che si e' riunito a L'Aja (Paesi Bassi) sabato 15 e domenica 16 ottobre. Accusata di “violazione dei diritti umani, crimini contro l'umanita' ed ecocidio”, l'azienda americana e' notoriamente affiancata alla commercializzazione di prodotti tossici che hanno causato la morte di migliaia di persone, prodotti come il policlorobifenile (PCB), il glifosato -erbicida conosciuto con il marchio commerciale Roundup- o ancora l'acido 2,4,5-triclofenoxiacetico (o 2,4,5-T), che costituisce “l'agente arancione”, erbicida diffuso dagli aerei al di sopra delle foreste dall'esercito americano durante la guerra in Vietnam.
La societa', nata in Usa nel 1901 -il suo creatore John F.Queeny l'aveva intitolata al nome di sua moglie Olga Monsanto- si vede trascinata sul banco degli imputati per un modello di agricoltura industriale che genera forti emissioni di gas ad effetto serra, per la dipendenza del mondo contadino alle sue semenze e i loro brevetti, per l'attivita' di lobby presso le agenzie di regolamentazione e presso le autorita' governative… in breve, per l'insieme della sua attivita'.
Il processo simbolico: e' organizzato da una rete associativa e militante, ma sono ben cinque giudici di fama internazionale che hanno il compito di valutare i fatti ricondotti a Monsanto e stabilire i danni causati dalla multinazionale. La senegalese Dior Fall Sow e' consulente della Corte Penale Internazionale (CPI) a L'Aja, ed ex-avvocato generale del Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda. L'australiana Gwynn Mac Carrick ha lavorato presso l'ufficio del procuratore del Tribunale Penale internazionale per l'ex-Jugoslavia. Poi il messicano Jorge Abraham Fernandez Sonza, giudice relatore al tribunale Russel sulla repressione in America latina e consigliere presso la commissione nazionale di arbitraggio tra l'Armata zapatista di liberazione nazionale e il governo messicano.
“Una mascherata” per Monsanto
Venti persone hanno presentato denuncia, provenienti dalle Americhe, dall'Africa, dall'Asia e dall'Europa, i loro avvocati e trenta testimoni ed esperti di cinque continenti completano il dispositivo di questo incontro che era stato annunciato durante la conferenza di Parigi sul clima, la COP21 a dicembre 2015. Nel comitato organizzatore di questo Tribunale Monsanto, si ritrovano l'indiana Vandana Shiva, ardente difensore delle cause ambientali e femministe, l'avvocato francese Corinne Lepage, Olivier De Schutter, ex giudice relatore delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione, la giurista di diritto internazionale Valérie Cabanes e anche Ronnie Cummins, direttore internazionale della potente organizzazione dei consumatori Usa, la Organic Consumers Associations (OCA).
Questo processo vuole essere “esemplare contro le imprese transnazionali e i loro dirigenti che contribuiscono alla deregolamentazione del clima e della biosfera, minacciando la sicurezza del Pianeta”, e va anche oltre il caso Monsanto. La multinazionale, senza sorprese, ha declinato l'invito a partecipare a questa gogna. Per Monsanto, questo processo e' una “parodia” che “distoglie l'attenzione essenziale sui bisogni alimentari e agricoli del mondo intero”. Non c'e' verso, quindi, che possa partecipare.
Per Monsanto questa “mascherata” e' orchestrata dalla Federazione internazionale dei movimenti di agricoltura biologica, “un'istanza che fa da ombrello delle organizzazioni di agricoltura bio e dei loro associati (…) e tanti altri che si oppongono fondamentalmente all'agricoltura moderna”.
Da parte loro, gli organizzatori del Tribunale Monsanto rilevano che l'insieme dell'iniziativa rappresenta un costo totale di circa 500mila euro, finanziati da una raccolta di fondi attraverso Internet e, per la sua meta', da societa' come Biocoop, dai fondazioni come quelle di Léa Nature, Lehmann Natur (marca bio tedesca), nonche' l'organizzazione OCA.
Far evolvere il quadro internazionale
Ma l'incontro de L'Aja non si limita ad un confronto, mediatizzato, tra organismi ecologici ed una multinazionale specializzata nelle bioteconologie agricole, il cui giudizio sara comunicato prima di dicembre. Oltre la condanna di un sistema agro-industriale, l'impegno e' quello di fare evolvere il quadro del diritto internazionale, integrandovi il delitto di ecocidio, cioe' tutto quello che va contro l'mbeinte, distruzione o alterazione durevole degli ecosistemi da cui dipendono le popolazioni.
Organizzando il processo Monsanto, cosi' come l'Assemblea dei popoli che si terra' in parallelo -seicento persone si sono iscritte ai due eventi- a qualche centinaia di metri dalla sede della Corte Penale internazionale (CPI), il messaggio e' chiaro: “Occorre emendare lo statuto di Roma (quello della CPI) per integrarlo col delitto di ecocidio, accanto a quello di genocidio, di crimini di guerra e di crimini contro l'umanita'”, dice Valérie Cabane. E ricorda che ci sono voluti piu' di 50 anni -dopo il tribunale di Norimberga del 1945- perche' una istituzione giuridica internazionale che giudicasse i crimini internazionali piu' gravi, la CPI, vedesse la luce a luglio del 1998.
Il dibattito avanza: il 15 settembre, la CPI ha annunciato che prendera' in considerazione i crimini contro l'ambiente (distruzione ambientale, sfruttamento illegale delle risorse naturali e appropriazioni fondiarie illegali).
Per coloro che si sono impegnati ed hanno organizzato questo tribunale, il gioco, al di la' del caso Monsanto, e' di far si che i dirigenti d'impresa e i responsabili politici possano essere giudicati e condannati per delle distruzioni delle terre, gli inquinamenti dell'oceano nonche' per le risorse di acqua potabile.

Il contesto giuridico del vero-falso processo Monsanto
Il presidente del Tribunale Monsanto, Françoise Tulkens, spera di contribuire all'evoluzione del diritto facendosi carico delle nuove questioni, tra cui essenzialmente l'ecocidio.
Giudice per quattordici anni presso la Corte europea dei diritti dell'uomo -di cui e' stata anche vice-presidente- nominata a settembre 2012 nel Pannello di consulenza delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo in Kosovo, Françoise Tulkens spiega il contesto giuridico nel quale interviene questo vero-falso processo di Monsanto e quali potrebbero esserne le conseguenze.
D. Qual e' la materia del Tribunale Monsanto che lei ha accettato di presiedere?
R. Noi sentiremo dei testimoni per due giorni, ci informeremo sulle numerose parti del dossier, essenzialmente studi scientifici, e delibereremo tra noi, cinque giudici, per esplicitare una “advisory opinion”, cioe' un parere consultivo. Sei domande ci sono poste relativamente a dei diritti riconosciuti dal diritto internazionale, come il diritto all'alimentazione, il diritto ad un migliore stato di salute nonche' il diritto alla liberta' indispensabile della ricerca scientifica.
Essi sono essenzialmente parte del patto internazionale su diritti economici e sociali e culturali, cosi' come della Convenzione relativa ai diritti del bambino o della Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne. Esistono anche altri testi internazionali, come i Principi direttivi delle Nazioni Unite relativi alle imprese e ai diritti dell'uomo, quelli che sono stati approvati dal Consiglio dei diritti dell'uomo con una risoluzione del giugno 2011.
D. Questo vuol dire che voi avete gli strumenti utili giuridici per condannare Monsanto?
R. Non pronunceremo una sentenza. Esprimeremo un pare consultivo. Piu' precisamente, verificheremo se le attivita' della Monsanto sono conformi alle regole dei diritti cosi' come esistono negli strumenti giuridici dell'Onu che ho or ora ricordato. Non siamo in un tribunale che esprime una condanna penale, ne' un giudizio in termini civili.
D. Monsanto, in una lettera aperta, ha denunciato una “mascherata”, il cui “il giudizio si conosce in anticipo”. Che ne pensa?
R. Ho letto questa lettera aperta e quello che dice e' inesatto. Monsanto non e' condannata in anticipo, poiche' non sara' condannata in assoluto. Non e' il luogo per farlo. Non avra' neanche una condanna morale perche' un tribunale non fa della morale. E' un tribunale pedagogico, che spero avra' un'influenza sul diritto internazionale dei diritti dell'uomo e permettera' delle aperture verso le vittime.
Mi dispiace semplicemente dell'assenza di Monsanto, anche se la sua assenza e' nel contempo perfettamente comprensibile e prevedibile. E' importante sottolineare che Monsanto e' stata invitata, a piu' riprese, a partecipare, e che tutte le facilitazioni gli sarebbero state offerte per far valere il suo punto di vista.
D. Ma se Monsanto non sara' veramente giudicata, qual e' la portata di questo tribunale?
R. Il Tribunale Monsanto e' un metodo per la societa' civile che ha preso l'iniziativa di dare la parola  a dei testimoni, di far comprendere all'opinione pubblica l'impatto delle attivita' di Monsanto  e di aiutare a far progredire il diritto internazionale proponendo delle nuove idee, come per esempio le responsabilita' delle imprese in materia di diritti dell'uomo o di nuovi concetti. E' una pedagogia difficile ma essenziale.
Il Tribunale Russel (chiamato anche Tribunale internazionale dei crimini di guerra), costituito nel contesto della guerra in Vietnam del 1966, era anche un tribunale di opinione. E' importante fare riferimento a questa storia. Il parere che emetteremo prima del 10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti dell'Uomo, sara' indirizzato a Monsanto e alle istanze delle Nazioni Unite. A partire da questo parere, altre giurisdizioni potranno essere scelte e altri giudici potrebbero intervenire. Noi avremo visto, inteso, constatato e deliberato. E senza dubbio delle nuove questioni come quelle che concernono l'ecocidio, potranno essere prese in considerazione da parte del diritto internazionale.
D. Cosa intende per ecocidio?
R. Questa infrazione non esiste ancora e per questo bisognera' in seguito definirla precisamente. Il genocidio e' un crimine contro l'umanita' tendente alla distruzione totale o parziale di un gruppo di persone in ragione delle loro caratteristiche nazionali, etniche, razziali o religiose. L'ecocidio sara' un "genocidio” relativamente all'ambiente, degli attentanti all'ambiente che altereranno in modo grave e durevole gli ecosistemi da cui dipende la vita degli umani. La Corte penale internazionale, sempre qui a L'Aja, sta per decidere di includere le preoccupazioni legate all'ambiente nel suo ambito di indagini, questa e' dunque una evoluzione.
Le questioni di accesso all'acqua, ad una alimentazione sana, sono dei vecchi problemi. Non sono delle novita' che frullano nella testa di furibondi attivisti. E queste problematiche, come il diritto ad un ambiente sano, rischiano di divenire sempre piu' importanti con il cambiamento climatico. E' nostro dovere mettere degli strumenti giuridici utilizzabili per far fronte a dei problemi, e il Tribunale Monsanto e' una tappa, uno strumento in questa dinamica.

(articoli di Rémi Barroux, inviato speciale a L'Aja, pubblicati sul quotidiano le Monde del 15 e del 16/10/2016) 
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