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Ue e Giustizia europea
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Articolo di Isabella Cusanno *
14 maggio 2011 14:41
 
E’ solo dal Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1 dicembre 2009, che l’Unione europea ha cominciato a prendere forma concreta. Da sempre preoccupata di dimostrare il massimo rispetto per le autonomie nazionali, l’ex Comunità Europea ha scelto di vivere nella coscienza dei più un ruolo sussidiario. Una scelta politica, questa, che per le coscienze dei cittadini italiani, si è trasformata nella convinzione che l’Europa è quella bella cosa su cui si scrive molto e di cui si parla poco, espressione di una coscienza avanzata, ispiratrice di bei discorsi e forse anche di qualche cosa in più, ma nulla di quanto si considera davvero concreto.
La Comunità Europea però è anche quella istituzione che ha imperversato nelle nostre vite stravolgendo senza preavviso (ossia i preavvisi c’erano, ma nessuno ci aveva fatto davvero caso) finalità, opportunità, scelte, economie, convinzioni e risultati.
Diciamoci la verità, quando qualcosa non andava bene, o non va bene, in Italia la colpa era facilmente attribuibile alla Comunità Europea, che non ci ama, anzi. Facilmente attribuibile perché è una Istituzione lontana, lontanissima, con la quale il cittadino ha poco a che fare perché non ha una dimensione concreta, non ne vede la struttura, non ne percepisce la presenza, non ne capisce il significato, perché nella vita di tutti i giorni non viene a contatto neppure con la sua ombra.
Eppure la Comunità Europea ha un suo modo estremamente pratico e convincente di rendere concrete le sue Convenzioni, le sue direttive, i suoi interventi normativi. Un modo che in Italia non si concepisce, perché opera attraverso una logica diretta di pensiero e azione. In Italia una discussione filosofica è una discussione filosofica, anche se impernia la Costituzione. Per la Comunità Europea invece la filosofia quando diventa Convenzione, precipita nell’incarnazione senza mezzi termini, senza vie intermedie, senza leggi derivate, senza regolamenti di attuazione, senza manuali di interpretazione, senza disquisizione di giuristi. E quindi dal principio filosofico si passa istantaneamente al risarcimento danni. Vedi ad esempio l’annoso caso dell’applicazione del principio dell’art.6 della Convenzione sui diritti dell’uomo, il principio dell’equo processo, allo Stato Italiano che insiste a farci sopportare una giustizia lenta e farraginosa.
Un modo estremamente pratico e convincente, si diceva, ma anche doloroso e ottimo deterrente. Si pensi alle quote latte, ai vigneti, agli uliveti, ai contributi vari comunitari, ai fondi a disposizione per lo sviluppo, alla stessa Iva, ed a tutto quello che la Comunità Europea, quando ancora non era Unione Europea, avrebbe potuto fare e non ha fatto, o che ha dovuto fare ed ha fatto di fronte alle scelte non programmate, non allineate dei cittadini italiani che guardavano all’Europa senza convinzione, senza comprenderne i significati e giungendo troppo tardi sugli obbiettivi.
Ai cittadini italiani, come ai cittadini di ogni Stato membro, l’Unione Europea, attraverso il sistema giudiziario, offre la possibilità di raggiungere due obbiettivi importanti, nella concretezza di una gestione democratica:
- rapportarsi direttamente con l’Europa, con le sue istituzioni e con i suoi atti di intervento. Cioe' chiedere un rispetto dei diritti dei singoli;
- imprimere sul proprio Stato di appartenenza la necessità di rispettare i propri diritti. Cioe' contestare al proprio Stato le lentezze e le infingardaggini tipiche di chi gestisce il potere sovrano.
C’è anche dell’altro:
- la possibilità di aprirsi ad un mercato globale, ma c’è la necessità che questo non diventi una forma di cannibalismo a detrimento del piccolo:
- la necessità che la cultura giuridica accumulata non si trasformi in carta straccia;
- la necessità di garantire anche dove viene proclamata la garanzia più assoluta.
E soprattutto bisogna ricordare che tutto verrà gestito alla maniera della Comunità Europea: se saremo pronti alle scadenze bene, diversamente saremo le vittime di turno, ma le vittime solo della nostra inqualificabile sonnolenza.

* avvocato del foro di Bari

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