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23 agosto 2006 0:00 - emanuela De Franceschi
sembra che i governi non abbiano la cognizione del paese reale, questa volta ho votato per questo governo, ma se continua così, la prossima volta, voterò altrimenti, e cosi faranno tante altre persone, ne sono certa. Saluti
22 agosto 2006 0:00 - Pierino

Grazie del suo apporto sig. Pirgiorgio.

Autore: Piergiorgio Docente Universitario
Data: 22 Agosto 2006




La storia del sistema bancario italiano sta dentro la storia di quello che Gramsci definiva il “paese dei pascià”, retto da una borghesia frammentata e debole, con un sistema produttivo fondato sulle piccole e medie imprese, dove la grande industria, finita l’era delle partecipazioni statali, è praticamente scomparsa, e il sistema del credito è funzionalmente frazionato in una miriade di istituti legati al tessuto produttivo locale: casse di risparmio, banche popolari, istituti di credito cooperativo e agricolo, ecc. Di qui tensioni, scontri e scandali: la Banca d’Italia nacque nel 1893 proprio dallo scandalo - bipartisan anche allora - della Banca Romana.

Dall’Iri alle liberalizzazioni

Negli anni ’30, la grande depressione seguita alla crisi del ’29 vede le banche azioniste di un’industria che stenta a riprendersi. La conseguente crisi di liquidità spinge Mussolini a intervenire. Nazionalizza l’industria mediante la creazione dell’Iri e la separa dal credito rilevando le partecipazioni azionarie delle banche e proibendo loro di acquisirne di nuove. Il finanziamento dell’Iri passa attraverso le tre banche di interesse nazionale, Commerciale, Credito e Banco di Roma (alle dirette dipendenze del governo) e l’Imi, creato appositamente in quegli anni. Fino ai primi anni ’90 il quadro rimane sostanzialmente questo. Il sistema bancario è diretto dalla politica attraverso la proprietà pubblica di alcune banche o indirettamente, mediante la lottizzazione dei consigli d’amministrazione
(monopolio della Dc).
Nel dopoguerra si impone Mediobanca, che - sotto la guida di Cuccia - diventa la grande banca d’investimento italiana e la cabina di regia della politica industriale, mentre Bankitalia guida la politica monetaria attraverso la leva dei tassi d’interesse e dei cambi, centrale in un’economia fondata sulle svalutazioni competitive.
Nei primi anni ’90 la caduta internazionale del saggio di profitto iniziata a partire dagli anni ’60 e la stagnazione provocano come un cambio di strategia. Inizia lo smantellamento dell’Iri sotto la
regia di Prodi
e la riforma bancaria di Amato apre la strada alla privatizzazione del credito. Elimina il divieto di partecipazione al capitale d’impresa e trasforma le banche in spa.
Parte delle azioni vengono messe sul mercato mentre il pubblico controlla una quota del capitale attraverso le fondazioni, che dovrebbero occuparsi solo della gestione patrimoniale
(in particolare finanziando cultura e ricerca), con l’impegno (disatteso) a ridurre progressivamente la propria partecipazione.
Un’operazione sostenuta dalla propaganda del “meno Stato più mercato” sull’onda di Tangentopoli (“Stato=corruzione e inefficienza”). Inizia un lungo processo di fusioni bancarie ed emergono nuovi assetti.

Le fondazioni pesano (oggi circa il 13% della capitalizzazione di borsa delle banche) e assicurano l’influenza dei partiti attraverso le nomine nei consigli d’amministrazione, che si riflettono a loro volta sulla composizione del management. Le prime sei banche italiane sono Unicredito (ex Credito Italiano più alcune casse di risparmio), Intesa (ex Banco Ambrosiano più Cariplo, Comit e altre), S. Paolo Imi, Capitalia (ex Banco di Roma) , Mps (ex Monte dei Paschi più Banca Agricola Mantovana e Banco del Salento) e Bnl. L’ad di Unicredito, Alessandro Profumo è vicino alla Margherita così come Corrado Passera (Intesa), Alfonso Iozzo (S. Paolo, legato a Rutelli) e Luigi Abete (Bnl, ex presidente di Confindustria). Mps è controllato dai Ds attraverso la Fondazione (che ha il 49% del capitale). Paolo Modiano, del S. Paolo, è dato in quota a D’Alema (così come Vincenzo De Bustis, Deutsche Bank Italia). Cesare Geronzi, patron di Capitalia, berlusconiano “col cuore” (Fininvest è entrata di recente nel patto che controlla l’istituto), è colui che ha salvato i Ds dal fallimento.

I casi Antonveneta e Bnl

Le scalate del 2005 sono il prodotto della crisi capitalistica italiana nel quadro di quella internazionale e all’interno di questi nuovi assetti. Vi si scontrano le ricette di due diversi settori della borghesia: una dirigista e nazionalista e una ultraliberista e “internazionalista”. I resti della grande industria italiana (Fiat, Pirelli-Telecom, Cir); una parte della media impresa legata al made in Italy (Della Valle, Benetton); le grandi banche, più legate alle prime due, sostengono l’internazionalizzazione perché, per le loro dimensioni e/o la tipologia del loro business, rappresenta un’opportunità (Unicredito e Intesa stanno facendo shopping di banche straniere). Per le imprese piccole e medie o quelle più legate ai servizi, che sono strutturalmente più deboli e quindi più dipendenti dalla mediazione della politica (in particolare nei rapporti col capitale finanziario che le sovvenziona), l’internazionalizzazione rappresenta invece un pericolo.
Sotto questo profilo cooperative rosse e Fininvest hanno caratteristiche e interessi simili e questo spiega il gioco di sponda nelle scalate, che ha ragioni materiali e politiche. Sono aziende non industriali ma di servizi, con un basso grado di internazionalizzazione e una componente fortemente ideologica, da sempre sviluppatesi all’ombra della politica. Al contempo fanno riferimento a due partiti, Fi e i Ds, afflitti da una crisi di egemonia perché non riescono - per ragioni diverse - a consolidare un rapporto stabile con la diffidente e divisa borghesia italiana.

Berlusconi e D’Alema provano a rimediare a questo deficit di sintonia cercando di mobilitare in proprio le risorse di cui dispongono nel mondo dell’economia e della finanza e appoggiandosi a coloro che ci stanno (Fiorani, Gnutti, Ricucci, Billè) per cercare di costruire una base materiale a un progetto egemonico: l’integrazione tra credito e assicurazioni (in vista anche di una spartizione della grande torta della previdenza integrativa) e il controllo sul principale quotidiano italiano, il Corriere. Ma incappano nel conflitto d’interessi: non possono aspirare ad essere il punto di riferimento di Montezemolo e Della Valle e contemporaneamente essere loro concorrenti. La grande borghesia internazionalista si mobilita, chiama in proprio soccorso la magistratura, sostituisce Fazio con un uomo gradito al capitale finanziario internazionale e soprattutto accusa il sistema politico di intromettersi nel mercato. Per Berlusconi non è una novità, per i Ds è un trauma. Tanto più che hanno un altro conflitto d'interessi, con la propria base sociale, radicata ancora fortemente nel mondo del lavoro e nel ceto medio e che si sente tradita: mentre ai lavoratori delle coop si chiedono sacrifici, Consorte intasca consulenze da 25 milioni di euro e il "tifo" di Fassino. Tutto ciò scatena una bagarre che da una parte riproduce nel partito lo scontro tra liberisti e dirigisti, tra Toscana ed Emilia, tra maggioranza più attenta alle sirene del mercato e minoranza sensibile agli umori della Cgil. La trasformazione dei Ds in partito social-liberale li porta a separarsi dagli interessi della sua base sociale spingendoli inesorabilmente verso un incombente processo di disgregazione.

"Banchieri di tutto il mondo, unitevi!"

Nel resto dell'arco costituzionale la Lega (con un brusco voltafaccia legato alla vicenda Credieuronord) difende Fazio con piglio da pasdaran; l'estrema sinistra balbetta; An, Udc e soprattutto la Margherita fanno sponda al regolamento di conti nei confronti di Fazio, Berlusconi e D'Alema. Rutelli in particolare è il riferimento politico naturale di Confindustria, delle grandi banche e della borghesia internazionale, perchè rappresenta l'ala più moderata e liberista dell'Unione (non a caso i manager di Bnl e Antonveneta, solidali con Bbva a Abn Amro, sono entrambe vicini alla Margherita). Ben più di Prodi, leader senza partito e dunque troppo legato alla mediazione con la sinistra per poter intervenire con decisione a sostegno del libero mercato. Un ruolo a parte è quello giocato da Tremonti, che a differenza della Lega va contro Fazio fino in fondo, ma in nome di un protezionismo attento agli interessi delle fondazioni bancarie, dei piccoli imprenditori e del ceto medio padano e perciò alternativo a quello dell'ex governatore di Bankitalia (e che non gli ha impedito di dare una tacita benedizione alle imprese di Fiorani e Consorte, salvo poi smarcarsi in zona cesarini). In questo senso alla contraddizione centrale tra le due ricette della borghesia si sovrappongono tensioni e scontri dentro e trasversalmente ai due schieramenti. E qui si staglia la posizione di Fausto Bertinotti, che al comparire delle intercettazioni le critica in quanto "illegali", poi attacca Fassino e Ricucci (al cui matrimonio con Anna Falchi figura tra gli invitati) proclamando la superiorità del capitale produttivo sulla rendita finanziaria (il che non gli impedisce di schierarsi a fianco del Banco di Bilbao, controllato dai fondi d'investimento di JP Morgan Chase), infine, tra una campagna e l'altra per il boicottaggio della Coca Cola, difende l'onestà dei Ds anche se riconosce compunto la necessità di una "discussione dolorosa" sulle cooperative.

L'acquisizione di Antonveneta da parte di Abn Amro e la nomina di Draghi, ex vicepresidente di Goldman Sachs (advisor degli spagnoli nella scalata a Bnl) al posto di Fazio (un conflitto d'interessi al posto di un altro) segnano un punto a favore del capitale internazionale. E pone un'ipoteca sui futuri assetti politici del paese. L'aperta sponsorizzazione dell'appello centrista di Monti da parte dell'Economist e le sue critiche nei confronti di Berlusconi e di Prodi prefigurano una possibile strategia. Berlusconi è gravato dal conflitto d'interessi e Prodi troppo legato a una sinistra malata di “collateralismo”. Perciò o Prodi si affranca dalle sue relazioni pericolose oppure ci potrebbe essere una carta di riserva. L'operazione Monti appunto, un’ipotesi neocentrista o di larghe intese, riecheggiata nella benedizione di De Benedetti a Veltroni e Rutelli (speculare all'affiancamento di Fini e Casini a Berlusconi nel centrodestra) e funzionale a “far prevalere l'economia sulla politica”. Cioè a far sì che le esigenze del capitale la spuntino sul timore che il ceto politico ha di perdere del tutto il consenso sociale. Anche Bertinotti negli ultimi mesi ha più volte evocato questo scenario.

E i proletari?

Restano totalmente in ombra gli interessi di classe dei lavoratori, dei piccoli risparmiatori e dei piccoli correntisti. Cioè di coloro che hanno pagato le liberalizzazioni con un'ondata di licenziamenti dovute alle fusioni bancarie; facendosi rifilare i titoli Parmalat e Cirio e permettendo così alle banche di recuperare i prestiti a Tanzi e Cragnotti; pagando spese salate sui conti correnti mentre vi sono 800 miliardi di euro di depositi nel settore del private banking con spese minime e interessi attivi elevati; infine pagando tassi del 4% sui mutui casa mentre a Ricucci venivano aperti fidi milionari allo 0,1%!

La sinistra oggi dovrebbe indicare soluzioni dal versante di questi interessi, non da quelli di Montezemolo e di Della Valle. Gli esperti prospettano la possibilità di una nazionalizzazione della Banca d'Italia. Ma se essa è lo strumento del controllo di classe della borghesia sul sistema borghese del credito allora è votata al fallimento. Né la Consob, né l'Antitrust, né tantomeno un nuovo governatore al servizio delle grandi banche d’affari sono in grado di impedire altri scandali e altre bancarotte. Se lavoratori e risparmiatori sono le vittime della grande truffa bancaria allora sono loro l’unico soggetto titolato a esercitare una vigilanza. Di qui la richiesta di nazionalizzare (senza indennizzi: ci mancherebbe ancora che dobbiamo pagare i… danni alle banche!) la Banca d’Italia e il sistema del credito attivando un controllo sociale su di essi. Magari avendo il coraggio di mettere in discussione il segreto bancario. Tutti concordano nel sollecitare maggiore trasparenza. Ma trasparenza e segreto non possono coesistere. Non lo disse Marx né il subcomandante Marcos: "Lo dice la parola stessa"! - come recitava un vecchio tormentone televisivo.
22 agosto 2006 0:00 - dubbio
uhm vorresti dire proprio quella che ha fatto campagna elettorale per l'Unione candidando il suo maggior esponente con i Verdi?
22 agosto 2006 0:00 - bancario
rosanna non si preoccupi, tanto i contanti che giravano erano solo nero che alla fine andava ancora nelle banche.
22 agosto 2006 0:00 - da truffato
x paolo 1
cosa dici? farci difendere dalle associazioni dei consumatori?
ma tu hai mai avuto a che fare con quei usurai?
se no,continua a starne lontano il piu' possibile,sono soldi e tranquillita' guadagnate.........
l'unica associazione da salvare (per ora)e' l'ADUC ma conta poco,non si vede in nessuna trasmissione,li' sono sempre trafiletti e lannuti.......
22 agosto 2006 0:00 - rosanna manfredi
che dire dell'ulteriore manciata di milioni di euro che il governo ha ulterioremnte regalato alle banche che ogni transazione relativa ai professionisti debba passare per un conto corrente?
21 agosto 2006 0:00 - Paolo 1
E' in casi del genere che le associazioni dei consumatori dovrebbero muoversi e far vedere che meritano di essere finanziate.
18 agosto 2006 0:00 - Italiano
Prego? Non ho capito il suo intervento.
18 agosto 2006 0:00 - Piero
E' indubbio che ABI dispone di validi professionisti capaci di spulciare molto bene tra le righe.
Inoltre esiste un cartello bancario pesante per i piccoli e molto duttile per i grandi.
A proposito di quanto asserito da "Italiano" circa " ...Ma finitela di vedere il conto corrente come un investimento!! " e se ho ben capito come strumento per far transitare le operazioni dallo stesso poco prima indicate valke punto precisare che ognuna di dette operazioni/servizi paga un costo.
16 agosto 2006 0:00 - Italiano
ciribiribì, esatto! il conto corrente è un servizio per avere bancomat, carte di credito, assegni, domiciliazioni, dossier titoli, ecc ecc.
Se vuoi investire dei soldi non devi essere milionario, per comprare qualche bot, qualche buono postale o qualche quota di un fondo comune bastano pochi spiccioli.
Ma finitela di vedere il conto corrente come un investimento!!
16 agosto 2006 0:00 - ELIGIO
E' UNA LOTTA CONTINUA CON LE BANCHE E QUESTO NON E' PIU' SOSTENIBILE DALLE PICCOLE INDUSTRIE . NON POSSO ASSUMERE FORZA LAVORO PERCHE' QUELLO CHE PAGO ALLE BANCHE MENSILMENTE SUPERA DI GRAN LUNGA DUE IMPIEGATI.. E TUTTI SOLDI SUPER GARANTITI DA GARANZIE PERSONALI E SOLDI IN CONTANTI DOVE RICEVO I 2% DI INTERESSI ATTIVI E PAGO IL 12% DI INTERESSI PASSIVI PIU' TUTTE LE SPESE .. IL CONTO A GARANGIA NEL PASSARE DEGLI ANNI E DIMINUITO DEL 3% DAL CONTO INIZIALE.. PERCHE' CONTINUIAMO A FARCI RUBARE ???
GRAZIE PER LO SPAZIO
16 agosto 2006 0:00 - Ciribiribì
x ITALIANO

SERVIZIO?????????

Per cosa???????

Per il pagamento delle domiciliazioni??

Non diciamo stronzate, come investi i soldi se non ne hai per milioni di euro?

Comprando azioni e obbligazioni tipo CIRIO, PARMALAT, BONDS ARGENTINI e/o qualche azione di inculamento variegato sempre a disposizione del mercato.

Nel migliore dei casi tolte le spese delle BANCHE pardon (STROZZINI) ti rimane qualche briciola in tasca con il risultato che per il periodo " dell'INVESTIMENTO" in caso di necessità ti tocca correre a vendere rimettendoci SEMPRE!!

Mi riferisco ovviamente ai piccoli risparmiatori quelli della liquidazione per fine lavoro o a chi ha messo da parte poche migliaia di euro.

Come dice Beppe Grillo le imprese che hanno dei guadagni non li SPARTISCONO MAI, i DEBITI INVECE SI' ed ecco perchè cercano di ricorrere tutti alla borsa quelli che hanno DEBITI!!

E' difficile vedere un attento speculatore del compra/vendi in un pensionato o impiegato.

Cominciamo a ritirare e chiudere i conti presso le BANCHE STROZZINE in commissioni varie.

Cerchiamo il deposito presso chi offre i servizi essenziali al minor prezzo.

E' ora di mandare a FANCULO le varie BNL, S.PAOLO, BANCO di ROMA, CASSE DI RISPARMIO LADRE tipo GE/IM & COMPAGNI vari.

Sbagliare è umano ma continuare a lasciare i nostri soldi in mano di questi LADRI è da EMERITI DEFICIENTI!!!
15 agosto 2006 0:00 - Italiano
ma siete ancora convinti che il conto corrente sia uno strumento di risparmio?? NO, è un servizio, il risparmio va gestito altrimenti. Io baratterei subito il tasso creditore con l'annullamento delle spese di tenuta conto, credo che sarebbe già una conquista.
15 agosto 2006 0:00 - giovanna
al giorno d'oggi sei costretto ad avere un c/c ma penso che la teoria di tenere i soldi sotto il materasso forse varrebbe molto di piu. Penso che tanti la pensino come me. Le banche continuano a crescere e noi poveri cristi di lavoratori facciamo fatica ad arrivare a fine mese
15 agosto 2006 0:00 - graziella ratti
Sono avvelenata il tasso applicato sul conto corrente sul quale mensilmente viene accreditata la mia pensione è fermo allo 0,50%. Questo mese ho avuto un accredito di euro 5 e addebiti (bolli canoni ecc) per un totale di euro 32. E' regolare o è un furto? Quando si trattava di diminuire il tasso creditori la banca "sprecava carta e cartaccia" per comunicarmelo, dopo due mesi di nuovo carta e cartaccia altra diminuzione, e dopo qualche altro mese di nuovo l'informazione che il tasso creditori era di nuovo diminuito, ora il silenzio totale. Ho scritto e si sono sbrigati a telefonarmi per dirmi che l'aumento non era obbligatorio e per ora mi dovevo tenere il mio 5,50% e considerarmi una privilegiata...... Ma questa sinistra che fa? prima dice che va incontro alle necessità del "popolo" e poi di fronte a queste ruberie non prende provvedimenti. Come mai????????
15 agosto 2006 0:00 - 1940
io ho votato centrosinistra,ma visti gli ultimi eventi,be.....
vedo tanta buona intenzione e niente piu'.

le banche e assicurazioni poi sono delle potenze che vanno al di la' di qualsiasi coalizione governi,sia di destra ,di centro o di sinistra.

poi abbiamo una decina di associazioni dei consumatori(almeno e' cio' che dice la sigla) nei fatti sono tutt'altra cosa.
basta guardare cosa hanno combinato adusbef e le altre associazioni in cartello con la banca montepaschi........
DA METTERE LA TESTA SOTTO LA SABBIA PER NON DIVENTARE ROSSI DALLA VERGOGNA...
invece sono in tutte le trasmissioni,fanno credere di essere i veri salvatori,
ROBA DA SPANZARSI DAL RIDERE,dicono dalle nostre parti.
15 agosto 2006 0:00 - Emilio
Di una presa per i fondelli, ma c'era da esserne sicuri. Il potere politico (chi ci governa) da tempo, ormai, è chiamato a fare da esecutore delle scelte del potere finanziario. Indipendentemente da che posto dichiari di occupare in un metaforico spazio politic; se di centro destra o centro sinistra non cambia nulla è solo un problema di etichetta! Ecco perchè, visto che i partiti non rappresentano più né la gente né le idee di buon governo, ma solo personagi di dubbio valore ( e le cronache lo testimoniano), attenti ai loro interessi privati. penso che una associazione come l'Aduc debba trovare il sistema per sostituirsi a loro.
Cordiali saluti
15 agosto 2006 0:00 - Publio
Mi sa tanto che son cambiati i suonatori,
ma la musica è sempre la stessa se non
più stonata che mai.
C'è poco da fare le grandi lobbies hanno
molti e svariati protettori.....
15 agosto 2006 0:00 - paolo
continuate a vigilare sull'attività dei ns. politici, senza fare sconti ai poteri forti (banche in particolare)
grazie e buon ferragosto!
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