COMMENTI
  (Da 1 a 5 di 5)  
28 agosto 2006 0:00 - nicola
forse il governo questa volta cel l' ha fatta. erano secoli che il Regno D ' Italia aspettava questo provvedimento !!!
27 agosto 2006 0:00 - curioso
da: Napoli
Data: 26 Agosto 2006
L'ultimo avvocato che ho avuto a che fare gli ho chiesto quanto mi costa,lui mi ha risposto: £ 4.500.000 io gli ho detto che non gli darò neanche una lira in più e se mi farà vincere la causa gli regalo almeno un quarto di quello che dovevo incasssare e lui ha accettato.Mi è andata bene per fortuna e anche per la sua bravura,perche qualcuno voleva fregarmi dei soldi.
.......................





Posso chiederti quando è stato, quanto valeva e quanto è durata la causa e se le spese la controparte te le ha rimborsate?
Penso che sia buono da sapere x tanti,se non vuoi rispondere pazienza...
27 agosto 2006 0:00 - peppe
Autore: Piergiorgio Docente Universitario
Data: 22 Agosto 2006
La storia del sistema bancario italiano sta dentro la storia di quello che Gramsci definiva il “paese dei pascià”, retto da una borghesia frammentata e debole, con un sistema produttivo fondato sulle piccole e medie imprese, dove la grande industria, finita l’era delle partecipazioni statali, è praticamente scomparsa, e il sistema del credito è funzionalmente frazionato in una miriade di istituti legati al tessuto produttivo locale: casse di risparmio, banche popolari, istituti di credito cooperativo e agricolo, ecc. Di qui tensioni, scontri e scandali: la Banca d’Italia nacque nel 1893 proprio dallo scandalo - bipartisan anche allora - della Banca Romana.

Dall’Iri alle liberalizzazioni

Negli anni ’30, la grande depressione seguita alla crisi del ’29 vede le banche azioniste di un’industria che stenta a riprendersi. La conseguente crisi di liquidità spinge Mussolini a intervenire. Nazionalizza l’industria mediante la creazione dell’Iri e la separa dal credito rilevando le partecipazioni azionarie delle banche e proibendo loro di acquisirne di nuove. Il finanziamento dell’Iri passa attraverso le tre banche di interesse nazionale, Commerciale, Credito e Banco di Roma (alle dirette dipendenze del governo) e l’Imi, creato appositamente in quegli anni. Fino ai primi anni ’90 il quadro rimane sostanzialmente questo. Il sistema bancario è diretto dalla politica attraverso la proprietà pubblica di alcune banche o indirettamente, mediante la lottizzazione dei consigli d’amministrazione
(monopolio della Dc).
Nel dopoguerra si impone Mediobanca, che - sotto la guida di Cuccia - diventa la grande banca d’investimento italiana e la cabina di regia della politica industriale, mentre Bankitalia guida la politica monetaria attraverso la leva dei tassi d’interesse e dei cambi, centrale in un’economia fondata sulle svalutazioni competitive.
Nei primi anni ’90 la caduta internazionale del saggio di profitto iniziata a partire dagli anni ’60 e la stagnazione provocano come un cambio di strategia. Inizia lo smantellamento dell’Iri sotto la
regia di Prodi
e la riforma bancaria di Amato apre la strada alla privatizzazione del credito. Elimina il divieto di partecipazione al capitale d’impresa e trasforma le banche in spa.
Parte delle azioni vengono messe sul mercato mentre il pubblico controlla una quota del capitale attraverso le fondazioni, che dovrebbero occuparsi solo della gestione patrimoniale
(in particolare finanziando cultura e ricerca), con l’impegno (disatteso) a ridurre progressivamente la propria partecipazione.
Un’operazione sostenuta dalla propaganda del “meno Stato più mercato” sull’onda di Tangentopoli (“Stato=corruzione e inefficienza”). Inizia un lungo processo di fusioni bancarie ed emergono nuovi assetti.

Le fondazioni pesano (oggi circa il 13% della capitalizzazione di borsa delle banche) e assicurano l’influenza dei partiti attraverso le nomine nei consigli d’amministrazione, che si riflettono a loro volta sulla composizione del management. Le prime sei banche italiane sono Unicredito (ex Credito Italiano più alcune casse di risparmio), Intesa (ex Banco Ambrosiano più Cariplo, Comit e altre), S. Paolo Imi, Capitalia (ex Banco di Roma) , Mps (ex Monte dei Paschi più Banca Agricola Mantovana e Banco del Salento) e Bnl. L’ad di Unicredito, Alessandro Profumo è vicino alla Margherita così come Corrado Passera (Intesa), Alfonso Iozzo (S. Paolo, legato a Rutelli) e Luigi Abete (Bnl, ex presidente di Confindustria). Mps è controllato dai Ds attraverso la Fondazione (che ha il 49% del capitale). Paolo Modiano, del S. Paolo, è dato in quota a D’Alema (così come Vincenzo De Bustis, Deutsche Bank Italia). Cesare Geronzi, patron di Capitalia, berlusconiano “col cuore” (Fininvest è entrata di recente nel patto che controlla l’istituto), è colui che ha salvato i Ds dal fallimento.

I casi Antonveneta e Bnl

Le scalate del 2005 sono il prodotto della crisi capitalistica italiana nel quadro di quella internazionale e all’interno di questi nuovi assetti. Vi si scontrano le ricette di due diversi settori della borghesia: una dirigista e nazionalista e una ultraliberista e “internazionalista”. I resti della grande industria italiana (Fiat, Pirelli-Telecom, Cir); una parte della media impresa legata al made in Italy (Della Valle, Benetton); le grandi banche, più legate alle prime due, sostengono l’internazionalizzazione perché, per le loro dimensioni e/o la tipologia del loro business, rappresenta un’opportunità (Unicredito e Intesa stanno facendo shopping di banche straniere). Per le imprese piccole e medie o quelle più legate ai servizi, che sono strutturalmente più deboli e quindi più dipendenti dalla mediazione della politica (in particolare nei rapporti col capitale finanziario che le sovvenziona), l’internazionalizzazione rappresenta invece un pericolo.
Sotto questo profilo cooperative rosse e Fininvest hanno caratteristiche e interessi simili e questo spiega il gioco di sponda nelle scalate, che ha ragioni materiali e politiche. Sono aziende non industriali ma di servizi, con un basso grado di internazionalizzazione e una componente fortemente ideologica, da sempre sviluppatesi all’ombra della politica. Al contempo fanno riferimento a due partiti, Fi e i Ds, afflitti da una crisi di egemonia perché non riescono - per ragioni diverse - a consolidare un rapporto stabile con la diffidente e divisa borghesia italiana.

Berlusconi e D’Alema provano a rimediare a questo deficit di sintonia cercando di mobilitare in proprio le risorse di cui dispongono nel mondo dell’economia e della finanza e appoggiandosi a coloro che ci stanno (Fiorani, Gnutti, Ricucci, Billè) per cercare di costruire una base materiale a un progetto egemonico: l’integrazione tra credito e assicurazioni (in vista anche di una spartizione della grande torta della previdenza integrativa) e il controllo sul principale quotidiano italiano, il Corriere. Ma incappano nel conflitto d’interessi: non possono aspirare ad essere il punto di riferimento di Montezemolo e Della Valle e contemporaneamente essere loro concorrenti. La grande borghesia internazionalista si mobilita, chiama in proprio soccorso la magistratura, sostituisce Fazio con un uomo gradito al capitale finanziario internazionale e soprattutto accusa il sistema politico di intromettersi nel mercato. Per Berlusconi non è una novità, per i Ds è un trauma. Tanto più che hanno un altro conflitto d'interessi, con la propria base sociale, radicata ancora fortemente nel mondo del lavoro e nel ceto medio e che si sente tradita: mentre ai lavoratori delle coop si chiedono sacrifici, Consorte intasca consulenze da 25 milioni di euro e il "tifo" di Fassino. Tutto ciò scatena una bagarre che da una parte riproduce nel partito lo scontro tra liberisti e dirigisti, tra Toscana ed Emilia, tra maggioranza più attenta alle sirene del mercato e minoranza sensibile agli umori della Cgil. La trasformazione dei Ds in partito social-liberale li porta a separarsi dagli interessi della sua base sociale spingendoli inesorabilmente verso un incombente processo di disgregazione.

"Banchieri di tutto il mondo, unitevi!"

Nel resto dell'arco costituzionale la Lega (con un brusco voltafaccia legato alla vicenda Credieuronord) difende Fazio con piglio da pasdaran; l'estrema sinistra balbetta; An, Udc e soprattutto la Margherita fanno sponda al regolamento di conti nei confronti di Fazio, Berlusconi e D'Alema. Rutelli in particolare è il riferimento politico naturale di Confindustria, delle grandi banche e della borghesia internazionale, perchè rappresenta l'ala più moderata e liberista dell'Unione (non a caso i manager di Bnl e Antonveneta, solidali con Bbva a Abn Amro, sono entrambe vicini alla Margherita). Ben più di Prodi, leader senza partito e dunque troppo legato alla mediazione con la sinistra per poter intervenire con decisione a sostegno del libero mercato. Un ruolo a parte è quello giocato da Tremonti, che a differenza della Lega va contro Fazio fino in fondo, ma in nome di un protezionismo attento agli interessi delle fondazioni bancarie, dei piccoli imprenditori e del ceto medio padano e perciò alternativo a quello dell'ex governatore di Bankitalia (e che non gli ha impedito di dare una tacita benedizione alle imprese di Fiorani e Consorte, salvo poi smarcarsi in zona cesarini). In questo senso alla contraddizione centrale tra le due ricette della borghesia si sovrappongono tensioni e scontri dentro e trasversalmente ai due schieramenti. E qui si staglia la posizione di Fausto Bertinotti, che al comparire delle intercettazioni le critica in quanto "illegali", poi attacca Fassino e Ricucci (al cui matrimonio con Anna Falchi figura tra gli invitati) proclamando la superiorità del capitale produttivo sulla rendita finanziaria (il che non gli impedisce di schierarsi a fianco del Banco di Bilbao, controllato dai fondi d'investimento di JP Morgan Chase), infine, tra una campagna e l'altra per il boicottaggio della Coca Cola, difende l'onestà dei Ds anche se riconosce compunto la necessità di una "discussione dolorosa" sulle cooperative.

L'acquisizione di Antonveneta da parte di Abn Amro e la nomina di Draghi, ex vicepresidente di Goldman Sachs (advisor degli spagnoli nella scalata a Bnl) al posto di Fazio (un conflitto d'interessi al posto di un altro) segnano un punto a favore del capitale internazionale. E pone un'ipoteca sui futuri assetti politici del paese. L'aperta sponsorizzazione dell'appello centrista di Monti da parte dell'Economist e le sue critiche nei confronti di Berlusconi e di Prodi prefigurano una possibile strategia. Berlusconi è gravato dal conflitto d'interessi e Prodi troppo legato a una sinistra malata di “collateralismo”. Perciò o Prodi si affranca dalle sue relazioni pericolose oppure ci potrebbe essere una carta di riserva. L'operazione Monti appunto, un’ipotesi neocentrista o di larghe intese, riecheggiata nella benedizione di De Benedetti a Veltroni e Rutelli (speculare all'affiancamento di Fini e Casini a Berlusconi nel centrodestra) e funzionale a “far prevalere l'economia sulla politica”. Cioè a far sì che le esigenze del capitale la spuntino sul timore che il ceto politico ha di perdere del tutto il consenso sociale. Anche Bertinotti negli ultimi mesi ha più volte evocato questo scenario.

E i proletari?

Restano totalmente in ombra gli interessi di classe dei lavoratori, dei piccoli risparmiatori e dei piccoli correntisti. Cioè di coloro che hanno pagato le liberalizzazioni con un'ondata di licenziamenti dovute alle fusioni bancarie; facendosi rifilare i titoli Parmalat e Cirio e permettendo così alle banche di recuperare i prestiti a Tanzi e Cragnotti; pagando spese salate sui conti correnti mentre vi sono 800 miliardi di euro di depositi nel settore del private banking con spese minime e interessi attivi elevati; infine pagando tassi del 4% sui mutui casa mentre a Ricucci venivano aperti fidi milionari allo 0,1%!

La sinistra oggi dovrebbe indicare soluzioni dal versante di questi interessi, non da quelli di Montezemolo e di Della Valle. Gli esperti prospettano la possibilità di una nazionalizzazione della Banca d'Italia. Ma se essa è lo strumento del controllo di classe della borghesia sul sistema borghese del credito allora è votata al fallimento. Né la Consob, né l'Antitrust, né tantomeno un nuovo governatore al servizio delle grandi banche d’affari sono in grado di impedire altri scandali e altre bancarotte. Se lavoratori e risparmiatori sono le vittime della grande truffa bancaria allora sono loro l’unico soggetto titolato a esercitare una vigilanza. Di qui la richiesta di nazionalizzare (senza indennizzi: ci mancherebbe ancora che dobbiamo pagare i… danni alle banche!) la Banca d’Italia e il sistema del credito attivando un controllo sociale su di essi. Magari avendo il coraggio di mettere in discussione il segreto bancario. Tutti concordano nel sollecitare maggiore trasparenza. Ma trasparenza e segreto non possono coesistere. Non lo disse Marx né il subcomandante Marcos: "Lo dice la parola stessa"! - come recitava un vecchio tormentone televisivo.
26 agosto 2006 0:00 - Napoli
Quanto igenui che siete,

Quando hanno introdotto il registratore di cassa,credendo di far pagare di più le tasse ai commercianti,è successo che imbrogliano più di prima,perchè ha reso più facile evadere.
E cosi sarà con gli avvocati, più ci sarà trasparenza più ti fanno pagare.
Ma ragazzi siamo in Italia ,mica in Svezia,è questione di cultura,ormai i napoletani hanno contagiato tutta Italia con il loro sistema di campare.
Ormai la legge di soppravivenza è dei i più furbi.
Neanche il cane non scodinzola per nulla.

L'ultimo avvocato che ho avuto a che fare gli ho chiesto quanto mi costa,lui mi ha risposto: £ 4.500.000 io gli ho detto che non gli darò neanche una lira in più e se mi farà vincere la causa gli regalo almeno un quarto di quello che dovevo incasssare e lui ha accettato.Mi è andata bene per fortuna e anche per la sua bravura,perche qualcuno voleva fregarmi dei soldi.
26 agosto 2006 0:00 - Ciribiribì
E dove lo troviamo un cliente che riesca a farsi fare un preventivo di spesa da un avvocato??

Per esperienza e non solo mia nessun avvocato lo fà!

Perchè sono abituati ad inventarsi spese inesistenti per poter gonfiare a piacimento la parcella, solo un'imtima vergogna (per'altro inesistente nella categoria) può frenare le richieste.

  COMMENTI
  (Da 1 a 5 di 5)