Tutti i consumatori(o quasi) vanno con le mode.Lo sanno bene
le industrie e il commercio. Per spillare soldi e guadagnare
non si è mai badato a remore morali. La menata, poi,
di puntare tutta la propria esistenza sui prodotti di
qualità, porta anche i meno abbienti a voler consumare più
"a la page" cioè vantarsi di aver cenato nel
ristorante più lussuoso, di aver dormito in qualche hotel
da divi, di aver pasteggiato a caviale e champagne, di aver
acquistato tartufi da 1000 euro al kg, di essersi abbigliati
con frequenze "baronesche" presso gli atelier più
rinomati, di viaggiare con auto di lusso, di bere sempre
vini di grande etichetta(ma spesso solo di etichetta)da 50
euro e veder ridere gli osti alla faccia estasiata del
degustatore, di recarsi sempre più lontano a teatro, agli
spettacoli, alle fiere e sagre, acquistare prodotti che
proprio nelle innumerevoli sagre costano il doppio che nei
supermercati, ecc. insomma questa smania di
qualità..qualità...(qualità è comunque un termine
generico) per spirito di emulazione e smania di nobile
superiorità, conduce a spendere più soldi del dovuto,
avendo gli stessi risultati(e talvolta anche peggio)
rispetto ad una più auspicata normalità. Poi ci si
lamenta che non si arriva alla fine del mese. Fortuna
che questa storia della qualità, delle etichette, dei doc,
stradoc, valorizzazioni locali finte, offerte da imbonimento
collettivo, sembrano essere sulla curva di inizio discesa.
Cosa avverrà della nostra Italia che fonda tutto su questa
storiella della qualità? Molto meglio mettersi a
lavorare sodo, inventare cose serie ed utili al posto di
utopie costose e campate in aria come questa della qualità
di nicchia che arricchiscono solo piccoli settori
dell'economia e che spesso evadono pure.
4 novembre 2006 0:00 - oscar
...ma a molti basta seguire la moda ! anche se stanno
bevendo pubblicita', aveva ragione Veronelli "il
migior vino dell' industria vinicola è peggiore del
piu'scadente vino del contadino"