Io credo che si possa e si debba richiedere un minimo di
attenzione in più nella scelta dei vocaboli ad un
giornalista professionista. Purtroppo, la cultura del
nostro paese è piena di luoghi comuni e se non si pretende
un minimo di attenzione in più almeno dai giornalisti,
politici e personaggi pubblici in generale non credo che
riusciremo mai a cambiare il modo di pensare di alcune
persone.
27 maggio 2007 0:00 - Francesco
Vedere e sentire.
Ho il massimo rispetto per chi
ha problemi di questa natura. Però, non mi pare che si
possano interpretare le parole di Ezio Mauro come offesa nei
confronti di qualcuno. Se poi i consulenti ADUC
ritengono che le parole cecità e sordità debbano essere
bandite dal vocabolario, allora vuol dire che veramente
siamo arrivati alla frutta. Non mi pare che la
sostituzione della parola "sordo" con una
locuzione del tipo "diversamente abile per quanto
concerne l'udito" possa essere di grande giovamento
alle persone che hanno di questi problemi. L'Italia
è il paese delle rivoluzioni (di parole). Ho passato tanti
anni nella scuola. Prima c'erano i bidelli. Poi qualcuno
ha pensato che questa parola potesse avere contenuto
offensivo e si è passati alla definizione di
"personale ausiliario". Dopo qualche tempo si è
passati a definirli "personale educativo".
Non so che cosa abbia prodotto il linguaggio
burocratico-buonista negli ultimi anni. Io continuo a
pensare che nella scuola ci siano i bidelli e non penso che
la dignità di qualcuno possa essere lesa da questa parola.
Mi rendo conto che all'ADUC si pensa più alle
questioni formali che a quelle sostanziali. Suggerisco
ai parlamentari che in essa si riconoscono (Poretti & Co.)
di fare una grande rivoluzione per modificare l'art.
603, comma 4, del codice civile, il quale descrive le
modalita con le quali possono fare testamento il muto, il
sordo ed il sordomuto. Gli suggerisco, anzi, di
chiedere che vengano ritirate dal commercio tutte le copie
del codice civile che sono in circolazione (insieme a quelle
degli altri codici, ovviamente). Restando sul tema, si
potrebbe prevedere anche il carcere a vita, magari con
regimne del 41-bis, per chi si azzarda a pronunciare queste
parole. A questo punto, d'incanto, i problemi dei
sordi e dei muti svanirebbero.
26 maggio 2007 0:00 - Daniela
Non si tratta di un uso volgare della parola cecità ma
bensì di un uso improprio, esattamente come lo è definire
me cieca come diversamente abile, chissà se le persone che
vedono sono tutte ugualmente abili tra loro. Abbiamo
un ampio vocabolario della lingua italiana e mi sconcerta
che determinati concetti di disattenzione, inadeguatezza e
incapacità politica, ecc. debbano essere definiti con delle
parole che non c'entrano se non per un uso assolutamente
fuori luogo. Il fatto che a te non importi che si
definisca con il termine daltonico colui che non coglie le
sfumature di un discorso è un pò diverso
dall'associare cieco come deficiente e comunque non è
corretto come forma espressiva, perchè essere daltonico,
cieco o altro non è una volontà ma un dato di fatto!
Saluti Daniela
25 maggio 2007 0:00 - Daltonico
Bè, a volte si usa, in senso volutamente iperbolico, dare
del "daltonico" a chi "non percepisce le
sfumature" di un discorso.
Ebbene, io sono
daltonico (come un uomo su 8, in Europa), eppure non mi
sento offeso da un tale uso "figurato" del
termine.
Semmai, sono più offeso del fatto che
la mia disabilità non è praticamente riconosciuta.
Quanti di voi sanno che magari vostro figlio va male a
scuola solo perché ha difficoltà a leggere le cartine
geografiche, le mappe storiche, gli schemi che l'ottuso
(o inconsapevole) prof di matematica continua a disegnare
alla lavagna con i gessetti colorati?
Ecco,
l'uso "volgare" delle parole mi fa poco male:
meglio che un "cieco" sia chiamato tale, e che
"cecità" sia usata anche in senso iperbolico,
piuttosto di vedere una classe dirigente che preferisce
giocherellare su termini quali "diversamente
abili", "non udenti", "non
deambulanti", "non vedenti" (e io chi sono,
un "poco-vedente-i-colori"?), senza minimamente
provvedere a migliorare in concreto la vita di chi ha
situazioni di svantaggio.
25 maggio 2007 0:00 - Fabio
Se Ezio Mauro voleva scrivere mancanza di lungimiranza, ecc.
perchè non ha scritto così?, Per me non è una questione
di polemica. Se devo dire che mi serve un cacciavite, certo
che posso dire "passami quel coso", ma se lo
scrivo, quanti capirebbero? Dall'articolo si capisce
chiaramente che già da tempo si associano le parole di
cecità e sordità con significati impropri, altrimenti il
giornalista non li avrebbe usati in quel modo.
25 maggio 2007 0:00 - Bruno Polistina
Polemica inutile e bizzarra ! E' evidente (anche
agli stupidi, verrebbe voglia di dire) che E. Mauro usa
"sordità" e "cecità" come sinonimo di
incapacità di ascoltare i problemi del Paese e mancata
lungimiranza sulle politiche di sviluppo e di risposta ai
problemi contingenti della gente.
Probabilmente
da oggi, per colpa di due gratuiti polemisti, c'è
qualcuno in più che crede che cecità e sordità possono,
effettivamente, anche essere sinonimi di stupidità. E'
questo che veramente dispiace.
25 maggio 2007 0:00 - Passante
Mi sembrano polemiche pretestuose. Non vedo in cosa sta
l'offesa, visto che nessuno ha abbinato tali termini con
imbecillità oppure ottusità.