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27 maggio 2007 0:00 - Gabriele
Io credo che si possa e si debba richiedere un minimo di attenzione in più nella scelta dei vocaboli ad un giornalista professionista.
Purtroppo, la cultura del nostro paese è piena di luoghi comuni e se non si pretende un minimo di attenzione in più almeno dai giornalisti, politici e personaggi pubblici in generale non credo che riusciremo mai a cambiare il modo di pensare di alcune persone.
27 maggio 2007 0:00 - Francesco
Vedere e sentire.

Ho il massimo rispetto per chi ha problemi di questa natura.
Però, non mi pare che si possano interpretare le parole di Ezio Mauro come offesa nei confronti di qualcuno.
Se poi i consulenti ADUC ritengono che le parole cecità e sordità debbano essere bandite dal vocabolario, allora vuol dire che veramente siamo arrivati alla frutta.
Non mi pare che la sostituzione della parola "sordo" con una locuzione del tipo "diversamente abile per quanto concerne l'udito" possa essere di grande giovamento alle persone che hanno di questi problemi.
L'Italia è il paese delle rivoluzioni (di parole). Ho passato tanti anni nella scuola. Prima c'erano i bidelli. Poi qualcuno ha pensato che questa parola potesse avere contenuto offensivo e si è passati alla definizione di "personale ausiliario". Dopo qualche tempo si è passati a definirli "personale educativo".
Non so che cosa abbia prodotto il linguaggio burocratico-buonista negli ultimi anni.
Io continuo a pensare che nella scuola ci siano i bidelli e non penso che la dignità di qualcuno possa essere lesa da questa parola.
Mi rendo conto che all'ADUC si pensa più alle questioni formali che a quelle sostanziali.
Suggerisco ai parlamentari che in essa si riconoscono (Poretti & Co.) di fare una grande rivoluzione per modificare l'art. 603, comma 4, del codice civile, il quale descrive le modalita con le quali possono fare testamento il muto, il sordo ed il sordomuto.
Gli suggerisco, anzi, di chiedere che vengano ritirate dal commercio tutte le copie del codice civile che sono in circolazione (insieme a quelle degli altri codici, ovviamente).
Restando sul tema, si potrebbe prevedere anche il carcere a vita, magari con regimne del 41-bis, per chi si azzarda a pronunciare queste parole.
A questo punto, d'incanto, i problemi dei sordi e dei muti svanirebbero.
26 maggio 2007 0:00 - Daniela
Non si tratta di un uso volgare della parola cecità ma bensì di un uso improprio, esattamente come lo è definire me cieca come diversamente abile, chissà se le persone che vedono sono tutte ugualmente abili tra loro.
Abbiamo un ampio vocabolario della lingua italiana e mi sconcerta che determinati concetti di disattenzione, inadeguatezza e incapacità politica, ecc. debbano essere definiti con delle parole che non c'entrano se non per un uso assolutamente fuori luogo.
Il fatto che a te non importi che si definisca con il termine daltonico colui che non coglie le sfumature di un discorso è un pò diverso dall'associare cieco come deficiente e comunque non è corretto come forma espressiva, perchè essere daltonico, cieco o altro non è una volontà ma un dato di fatto!
Saluti Daniela
25 maggio 2007 0:00 - Daltonico
Bè, a volte si usa, in senso volutamente iperbolico, dare del "daltonico" a chi "non percepisce le sfumature" di un discorso.

Ebbene, io sono daltonico (come un uomo su 8, in Europa), eppure non mi sento offeso da un tale uso "figurato" del termine.

Semmai, sono più offeso del fatto che la mia disabilità non è praticamente riconosciuta.

Quanti di voi sanno che magari vostro figlio va male a scuola solo perché ha difficoltà a leggere le cartine geografiche, le mappe storiche, gli schemi che l'ottuso (o inconsapevole) prof di matematica continua a disegnare alla lavagna con i gessetti colorati?

Ecco, l'uso "volgare" delle parole mi fa poco male: meglio che un "cieco" sia chiamato tale, e che "cecità" sia usata anche in senso iperbolico, piuttosto di vedere una classe dirigente che preferisce giocherellare su termini quali "diversamente abili", "non udenti", "non deambulanti", "non vedenti" (e io chi sono, un "poco-vedente-i-colori"?), senza minimamente provvedere a migliorare in concreto la vita di chi ha situazioni di svantaggio.
25 maggio 2007 0:00 - Fabio
Se Ezio Mauro voleva scrivere mancanza di lungimiranza, ecc. perchè non ha scritto così?, Per me non è una questione di polemica. Se devo dire che mi serve un cacciavite, certo che posso dire "passami quel coso", ma se lo scrivo, quanti capirebbero? Dall'articolo si capisce chiaramente che già da tempo si associano le parole di cecità e sordità con significati impropri, altrimenti il giornalista non li avrebbe usati in quel modo.
25 maggio 2007 0:00 - Bruno Polistina
Polemica inutile e bizzarra !
E' evidente (anche agli stupidi, verrebbe voglia di dire) che E. Mauro usa "sordità" e "cecità" come sinonimo di incapacità di ascoltare i problemi del Paese e mancata lungimiranza sulle politiche di sviluppo e di risposta ai problemi contingenti della gente.

Probabilmente da oggi, per colpa di due gratuiti polemisti, c'è qualcuno in più che crede che cecità e sordità possono, effettivamente, anche essere sinonimi di stupidità. E' questo che veramente dispiace.
25 maggio 2007 0:00 - Passante
Mi sembrano polemiche pretestuose. Non vedo in cosa sta l'offesa, visto che nessuno ha abbinato tali termini con imbecillità oppure ottusità.
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