Io credo che al ministro Turco Livia dovrebbe essere
ricordato il percorso politico del partito a cui
appartiene,le radici sociali che lo contraddistinguono e le
lotte per la libertà individuale che ha portato avanti
negli anni,di destrorsi ne abbiamo già abbastanza in Italia
e di baciabanchi ancora di più!
12 ottobre 2007 0:00 - Enrico Falcinelli
Sicuramente, quella che lei intende come l'unica morale
è quella che è effettivamente una, così come noi la
conosciamo! Concettualmente, il bene e il male, il buono e
il cattivo lo riconosciamo tutti in quanto è ontologico,
cioè, appartiene al nostro essere. Non vi è bisogno
di una religione per ascoltare l'intuizione morale,
tanto è che quest'ultima precede ogni storico tentativo
di rapportarsi con un Dio. E' un errore confondere
religione e morale; semmai la religione potrà condizionare
l'etica, che è cosa diversa dalla morale, anche se
troppi pensatori e filosofi hanno fatto minestrone delle due
parole. Tra me e lei, ad es., c'è meno differenza
di quel che possa credere perché io come lei aborro
l'ingiustizia, la malvagità, l'altrui sofferenza,
l'impudicizia fisica e di pensiero, gli abusi di potere
e via dicendo; solo l'esperienza di vita è diversa ed
anche alcune concezioni culturali. Di conseguenza
saranno differenti anche i concetti di
"materialità" e "raziocinio", che fanno
pur sempre parte della nostra esperienza ma vengono valutati
diversamente dalla ragione. Quindi è quest'ultima
che fa il grosso della parte nella comprensione delle cose
della vita ma anche questa non è assoluta e necessita di
esperienze per poter avere più elementi a cui attingere per
arrivare a quello che è il giudizio sulle cose.
Per cui il nostro discernimento dipende dall'esperienza
individuale che è sicuramente diversa da individuo ad
individuo (da qui, le differenze di opinioni), il che
significa che necessitiamo di un maestro, qualcuno che ci
aiuti a comprendere quali siano le verità del reale. Ora
potremmo cominciare un mucchio di considerazioni che ci
porterebbero a riempire pagine e pagine, il che non
servirebbe a nulla e ci disperderebbe dal succo del
discorso.
Infatti, se lei ed io aspettassimo di
entrare in contatto avendo egual concezione delle cose,
staremmo di già perdendo tempo, perché non faremmo altro,
invece, che sfuggirci guardandoci come antagonisti.
E' quel che succede, infatti, tra le persone
dall'odierna mentalità: siamo individui resi
concorrenti in una società capitalistica fondata sul
materialismo economico, dove la nostra funzione è quella di
una unità produttiva. E' per questo che stiamo
male, perché la nostra intuizione del bene e del male ci
avverte che non siam fatti per questo. Le pare non
materialistico o irrazionale quanto appena detto?
Troverei, invece, innaturale ed irrealistico se lei ed io
dovessimo restare separati ed incomunicabili, in quanto
esseri umani paritariamente posti in un unico destino
comune, e sarebbe solo colpa dello sbandamento intellettuale
della ragione se resteremmo ad elucubrare su cosa siano
morale, etica, raziocinio, ragione, giudizio e verità
anziché far la cosa più naturale del mondo: comunicarci un
esperienza, apertamente, senza pregiudizio, con lo scopo di
un confronto necessario.
Quando Cristo chiamò a
sé quelli che furono i suoi, non si aspettò che fossero
cristiani e disponibili, per ovvie ragioni. Abbiam
dimenticato questo ed oggi pretendiamo di trovare
nell'altro qualcuno che avalli ad ogni costo il nostro
discorso, bruciando la possibilità di interscambio.
Siamo bigotti, scandalizzandoci del male che gli altri
fanno e li critichiamo di bigottismo, sorridendone e ci
estraniamo da essi in un campanilismo sordo chiudendoci nel
nostro giudizio. Siamo moralisti, perché inorridiamo avanti
ai - presunti o meno - sbagli di qualcuno e confiniamo
costoro nel girone più profondo dell'inferno,
negandogli ogni possibilità di redenzione, proprio noi che
critichiamo i moralisti come nemici della libertà.
Addirittura Nietsche fu aspro contro quella che
chiamò "moralina" il giudizio di pena a vita nei
confronti di colui che ha sbagliato una volta, nella
concezione della gente; strano che proprio un demonio come
Nietsche combatté per quel che fu uno dei cavalli di
battaglia di Nostro Signore? Non significa questo che
l'intuizione morale che abbiamo nel fondo ci accomuna? E
se ci accomuna potremmo parlare con sicurezza di una morale
autonoma, sganciata dal contesto e dagli altri?
In una tale autonomia, potremo essere sicuri di esser di
aiuto vero per il prossimo senza rischiare delusioni a causa
dell'aver portato in dono una nostra interpretazione, un
progetto che non corrisponde alla reale necessità
dell'altro? A questo punto non diventa forse una
responsabilità sociale, oltre che personale, sperimentare e
ricercare apertamente senza prescrizioni e pregiudizi la
verità senza escludere nulla, onde rendersi partecipe
dell'unico grande progetto (della natura, se più le
piace) che siamo noi in questo mondo?
Soprattutto, nella sordità del pregiudizio rischiamo di
creare fazioni aumentando la disgregazione, il razzismo, il
campanilismo provinciale e ideologico e questo è
deprecabile dalla nostra stessa morale, perché non siam
fatti per questo.
Se nella Chiesa, nello Stato,
nel Comune, nella Parrocchia o a casa nostra c'è
qualcuno che non corrisponde al nostro ideale e se sappiamo
per notizie certe che costui è ribaldo e truffatore, non è
questo che fermerà il nostro desiderio di verità, di
rapporto e di affezione con il prossimo e anche colui che
sbaglia avrà la sua possibilità di redenzione in questa
terra: questo è giusto, senza moralismi né bigottismi
ideologici! Perché questa è libertà, la possibilità di
non dipendere dall'esito delle cose e di avere sempre
una possibilità di vita e desiderare di vivere perché
voluti bene anche in condizioni fisiche pietose e perché
chi aspetta un figlio non abbia paura, anzi, frema di
desiderio ed orgoglio di partecipare al dono di una nuova
vita che conosca una realtà che a noi stessi piace e
meraviglia ogni giorno. Non ci scandalizziamo per coloro che
dell'amore fisico ne fanno un tornaconto di qualche
minuto e non desiderano altro dall'amore, perché il
tema che ci nobilita non è quello del fatto se sia giusto o
meno prendere una pillola o infilarsi un presevativo (questo
è un atto fine a sé stesso) ma quello del progetto intero
della nostra vita che chiede il riconoscimento di una
verità, che è la verità della nostra esistenza e della
nostra essenza da cui dipende tutta la giustizia, la giusta
ragione e la reale etica e la felicità del vivere, che poi
è quello che su questo mondo ci preme: amando questa vita
nulla ci farebbe paura della stessa e il tema di questo
forum non esisterebbe.
Personalmente, come
maestro e riferimento, ho scelto Cristo. Di questo non le
parlo, perché non è possibile riferire verbalmente un
esperienza che si può solo dimostrare, e tutto quanto sopra
è pura dialettica, è un pour parler che probabilmente non
serve a nulla. Di Cristo si può fare solo esperienza e
tale esperienza è personale perché il carisma di ognuno lo
è, anche se essa è comune per tutti perché una sola è la
Verità.
Credo di essere onesto, con lei, perché
le ho parlato solo da laico e studioso (la parte che meno
serve) ed evito ogni cosa possa sembrarle indottrinamento,
perché la vera Dottrina la si assorbe solo per libera
scelta; chi non la pensa così, è un clericale, del calibro
di quelli che lei e tanti altri criticano, per alcuni, a
ragione!
La saluto caramente, Enrico
Falcinelli.
8 ottobre 2007 0:00 - Gianni
Sig. Falcinelli, apprezzo molto i suoi interventi misurati,
rari in questo forum dove spesso l'insulto é
normalità, ma la pregherei di considerare il fatto che non
mi sento ne cristiano ne cattolico pur essendo battezzato a
tradimento, senza chiedere il mio parere. Non so di quale
morale si parli quando si tratta di morale cristiana.
Nel cristianesimo e tanto meno nel cattolicesimo non vedo
alcuna moralità, anzi trovo le due cose fortemente amorali
perché insegnano fatti o raccomandano comportamenti che
sono fuori del tempo e delle esigenze di una società
civile, istruita, che non ha bisogno ne di dogmi ne di
favole ne di parabole ma solo di leggi giuste e di una
tolleranza che certe morali religiose negano per principio.
Non è consentito pensare o credere diversamente senza
incorrere negli strali di un ipotetico personaggio, creato
dalla fantasia dell'uomo, che, raccontano, sia il padre
del fondatore del cristianesimo, e che punisce chi non crede
nella sua esistenza. Io desidero seguire quello che
dice la mia coscienza innanzi tutto su quello che sia giusto
o sbagliato fare, poi desidero seguire le leggi che devono
governate uno stato civile, lo stesso stato che deve dare
leggi mezzi e assistenza ai cittadini non seguendo una
dottrina religiosa fuori del tempo, ma seguendo quello che
è lo sviluppo scientifico ed i cambiamenti della
società. Lei se vuole può seguire la moralità che
più desidera basta che non la imponga al prossimo suo come
invece è si fare in questo paese clericale. Gianni
8 ottobre 2007 0:00 - Falcinelli Enrico
Gentile Gianni, non credo si tratti il caso di dover
decidere simpaticamente quello che ci riguarda. Se così
fosse non esisterebbe un'istituzione, compresa anche la
Chiesa, che avrebbe speranze futuribili, perché
l'errore ce lo portiamo in tasca. Però, dietro
all'intenzione della morale cristiana, vi sono principi
inconfutabilemnte giusti (quelli di Cristo, prima ancora
d'esser ripetuti dai ministri che lo succedono, se le
piace) ed insegnamenti "esperienziali" mediante i
quali possiamo scorgere apertamente i tratti della nostra
morale "ontologica" contro la quale non conviene a
noi stessi andare, perché ci riguarda e perché è nostra.
Tutti i casi umani, anche quelli moralisticamente più
deprecabili, sono degni di considerazione e vanno presi sul
serio. L'educazione cristiana reale, insegna proprio
questo, perché giudicare non serve quando sappiamo che
l'erroe umano ci appartiene. Occorre, invece rapportarsi
e condividere la propria umanità: questo è quanto ho
inteso con l'intervento precedente.
Una
cultura costruita sulla libertarietà e sull'impulso
personale non può essere elemento di coesione sociale in un
ambito dove, invece, ogni iniziativa autonomamente presa
pesa incontroversibilmente sul resto della comunità.
Ecco perché la propria disciplina è un atto di
responsabilità - in senso generale -mentre la disciplina
sulla propria esistenza è un atto di convenienza personale
per non incorrere in disagi non calcolati - in senso
particolare-. Credo che affrontare seriamente le cose
più importanti della nostra vita - che poi sono quelle che
riguardano strettamente la nostra persona e non quanto ci
contorna - sia il metodo di vita giusto, anche se talvolta
ci si propone il dover sacrificre qualche nostro
capriccio. Saluti sinceri.
7 ottobre 2007 0:00 - Gianni
Chi desidera seguire le indicazioni della chiesa è libero
di farlo. Nessuno è obbligato ad abortire ad usare
anticoncezionali o quant'altro, ma chi la pensa
diversamente dovrebbe essere altrettanto libero di
comportarsi come ritiene opportuno, in base alla propria
coscienza od educazione, utilizzando, quando necessario,
quello che la medicina mette a disposizione, senza gli
ostacoli che si frappongono in nome di una moralità
cattolica, che un governo sottomesso non è capace o non
vuole superare. Non vedo niente di educativo nella
chiesa, neanche da chi l'abbia ricevuto tale compito, e
neanche vedo per quale motivo gli venga attribuito un
compito educativo. Aldilà di tante belle parole che
qualcuno spende in favore della morale cattolica o della
chiesa, vedo invece che ultimamente e finalmente, e ripeto
finalmente, vengono alla luce azioni di una gravità
incredibile compiuti da rappresentati della chiesa, proprio
quelli che dovrebbero essere campioni ed esempi di
moralità. La chiesa, invece di denunciarli e permettere di
colpire chi si rende responsabile di nefandezze, li nasconde
li protegge e cerca di mettere a tacere, poi però pretende
di insegnare la moralità e comandare agli italiani cosa sia
giusto o non giusto fare.
Gianni
7 ottobre 2007 0:00 - Enrico Falcinelli
Caro presidente, è vero che esiste il problema e che questo
pesi socialmente e individualmente nelle vite di tanti
giovani impreparati a gestire le conseguenze delle proprie
scelte. Correre a quei ripari che, secondo l'etica
del momento, si ritengono idonei per venire incontro a tanti
è cosa giusta, ma questo non significa che ogni metodica
sia universalmente adottabile dal punto di vista sanitario
né dal punto di vista di una morale umana che resta
tuttavia di appartenenza individuale; nella nostra
individualità e per le nostra scelte, ogni nostra decisione
è incontroversibilmente caso sociale, per cui non può
essere trascurato ed è comprensibile che il ministro
addetto usi della cautela nelle sue decisioni ed
espressioni. Tuttavia, nonostante la sua personale
critica alla morale cattolica, mi preme osservare che essa
sia attualmente l'unica che richiami sinceramente le
persone alla responsabilità di sé e delle proprie scelte e
che propone argomenti di interesse antropologico validi ed
atti alla comprensione della propria dimensione di uomini a
partire dalla propria individualità. L’obiettivo è
quello di arrivare ad una maturità umana e a quel dominio
di sé che ci porti ad essere persone “utili” nel vero
senso della parola e molto meno un “peso” per le etiche
societarie moderne che affrontando “laicamente” la
propria quotidianità rivolge sempre più l’attenzione ad
aspetti di calcolo e valutazione materiale più che ad un
effettiva apertura umana tra i singoli soggetti sociali e
tra questi e le istituzioni governanti. In sintesi:
predisporre una cultura della libertarietà dei propri
costumi è un operazione che avrebbe in breve i suoi costi
per la società stessa. Per il benessere, quindi, di
una società non si tralasci mai di coltivare quegli aspetti
morali che ci appartengono ontologicamente, come il riguardo
della propria sessualità che, diseducativamente, conduce
troppo spesso ad un’errata valutazione delle proprie
personali potenzialità affettive, incorrendo in errori e
situazioni non volute che alimentano solamente
un’ulteriore diseducazione al reciproco amore e ad
un’esaltazione del proprio egoismo. L’intenzione
della Chiesa è proprio quella di svolgere il proprio
compito educativo nei confronti di un popolo che sappia
gestire la propria affezione e l’apertura al prossimo
secondo dimensioni sempre meno egoistiche e perciò utili
anche (se non di più) ad uno Stato che voglia giudicarsi ed
auspicarsi non confessionale, troppo spesso incapace di
perdonare e di aiutare umanamente, proponendo, appunto,
rimedi materiali di per sé palliativi.
Saluti
sinceri.
6 ottobre 2007 0:00 - Gianni
Ancora una volta un ministro dello stato italiano, ma
sarebbe più giusto dire vaticaliano, non vuole prendere una
decisa posizione contro una morale cattolica ipocrita e
stupida. Si continua a girare intorno alle richieste
di una società, che sta cambiando giorno per giorno, senza
voler affrontare la questione nella sua realtà ed
intervenire con leggi e mezzi adeguati, mentre nelle nazioni
che non devono subire una morale ma sopratutto
l'ingerenza materiale del cattolicesimo, si mette a
disposizione di chi ne fa richiesta quello che la medicina
mette a disposizione. Non stiamo progredendo come si
dovrebbe ma rispetto ad altre nazioni stiamo perdendo
terreno per quello che riguarda il controllo delle nascite,
l'aborto, l'eutanasia, i diritti dei cittadini
conviventi, i gay. La mano pesante del vaticano si fa
sentire su i nostri parlamentari, che non hanno il coraggio
di reagire come dovrebbero, si è paura!!!!! Poi oltre
ai paurosi ci sono i matti di cui ho appena letto un
commento a dir poco penoso. Gianni
5 ottobre 2007 0:00 - zzz
La morale cattolica cui io credo ,come cattolico
praticante,nn ha bisogno di difensori come la LESBICA e
DISGUSTOSA TURCO,tanto meno dell'ADUC,,signori
democratici IN OCCIDENTE,SOTTOLINEO,in OCCIDENTE,non in
RUSSIA o paesi ARABI,cui voi siete PARTICOLARMENTE E
STORICAMENTE ALLEATI,potete farlo,ma i vs princiopi sono
nauseanti...ABORTITE,uccidete i vs cari per non assisterli
(EUTANASIA) ma io faccio quello che voglio senza rendere
conto a voi PEZZENTI STRACCIONI COMUNISTI!!!!!