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28 novembre 2007 0:00 - Sergio
Caro Fede, tento qualche risposta ai tuoi giusti quesiti premettendo che solo un confronto aperto, libero da pregiugizi, può portare a individuare una strategia alternativa al proibizionismo che, è sotto gli occhi di tutti, ha fallito nel tentativo di arginare la diffusione delle droghe. Strategia alternativa che deve muoversi con cautela, procedendo anche con soluzioni sperimentali e circoscritte, anche analizzando attentamente cosa è stato messo in campo da altri Paesi.
Necessario superare lo steccato ideologico che riduce tutto a un confronto tra tifoserie pro e contro le droghe. Chi è per la legalizzazione o per sperimentazioni antiproibizioniste non è “pro droga” ma semplicemente consapevole che il proibizionismo non paga perché il fenomeno droga è parte del più diffuso disagio sociale che si esprime in molti comportamenti. Guarda, per esempio, la diffusione degli alcolici tra i giovani e i giovanissimi: oggi che la droga si è spogliata del mito ideologico della contestazione giovanile e della cultura “rivoluzionaria” tipica dei decenni precedenti (in particoalre gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso) molti giovani preferiscono l’alcol alle “altre droghe” per sballare, perché il consumo di alcol è socialmente più accettato e crea apparentemente meno problemi.
Veniamo alle tue domande.
Chiedi: - a che età la droga sarà libera?
A nessuna età. La droga non sarà libera ma legale, come per alcol e tabacco. Si possono adottare le stesse limitazioni.
Chiedi: - quali droghe saranno legali?
Tutte, con cautela e con adeguate sperimentazioni soprattutto per le droghe pesanti.
Chiedi: - dove si venderanno?
Bisognerà distinguere tra droghe leggere e droghe pesanti. Potrebbe essere un mix tra pubblici esercizi (come le rivendite di tabacchi per le droghe leggere) e centri specializzati istituiti appositamente per la vendita e il consumo, con la presenza di personale medico e assistenti sociali in grado di sviluppare anche politiche dissuasive, momenti aggregativi e controlli medici. Lo scopo delle politiche di controllo sulla diffusione delle droghe pesanti risponde all’esigenza di ridurre il rischio sanitario per il consumatore (che attualmente non sa cosa effettivamente stia assumendo), ridurre i reati di piccolo spaccio e quelli commessi per procurarsi i mezzi economici necessari per acquistare la droga, intercettare quella parte, vasta, di consumatori che non ha ancora maturato la decisione di uscire dal tunnel della droga, sottrarre alla criminalità organizzata una delle più potenti armi di condizionamento della politica, dell’economia e una della maggiori fonti di guadagno.
Chiedi: - come le considererete in rapporto ai media. Sarà ammessa pubblicità? Apologia del consumo?
Divieto assoluto di pubblicità sotto qualsiasi forma.
Chiedi: - quanto conterà il parere dei genitori nel caso di figli minorenni?
Tanto quanto conta adesso nel caso un genitore non gradisca che il figlio quindicenne fumi. Potrà utilizzare la stessa autorità che è adesso consentita per attuare politiche correttive.
Chiedi: - chi pagherà nel caso in cui i tossicodipendenti rifiuteranno di curarsi e continueranno a drogarsi con droghe fornite dai servizi sanitari o sociali?
La cura non può essere imposta. Non solo non servirebbe a nulla ma sarebbe dannosa per chi è in terapia perché ha maturato la decisione di uscire dalla droga. Chi paga adesso per l’abuso di alcol? Il tasso nazionale di ospedalizzazione per diagnosi totalmente attribuibili all’alcol è di 167,2 (valore per 100.000 abitanti). Nel 2004, lo stato di ebbrezza alcolica ha costituito il 72% del totale delle cause di incidenti stradali collegati ad alterazioni dello stato psicofisico del conducente.

Queste risposte portano a tanti altri problemi, più o meno complessi, che richiedono approfondimenti e soluzioni.
Nessuno ha in tasca la soluzione ma serve un approccio diverso al problema droga che tenga conto di successi e insuccessi ma soprattutto la consapevolezza che dobbiamo confrontarci con il vasto problema del disagio sociale di cui la droga è solo un aspetto.
Serve una cultura rigorosa nei confronti di ogni comportamento potenzialmente pericoloso per l’individuo e per la collettività che coniughi corretta informazione con repressione e modalità legali di consumo.
Ciò vale per alcol, tabacco, droga e ogni altra gestione impropria della personale libertà.
Ho subito un grave incidente stradale causato da un automibilista che si era distratto a causa della brace della sigaretta che gli era caduta sui pantaloni: anche vietare il consumo di tabacco quando si guida un autoveicolo rientra tra le norme di sicurezza che bisognerebbe adottare.
Uso intelligente della repressione significa pretendere controlli nei cantieri e nella fabbriche per contrastare il consumo di alcol durante i turni di lavoro o nelle pause di lavoro: hai idea di quanti siano i morti sul lavoro e gli incidenti sul lavoro connessi all’uso di alcol?
Contrastare le condotte pericolose richiede fermezza e coerenza. Non si può essere tolleranti nei confronti di alcol e psicofarmaci e poi pretendere mano pesante nei confronti di chi consuma qualche spinello. Se consideriamo che in Italia i consumatori abituali dei derivati della cannabis sono qualche milione, ci rendiamo conto che è molto più oneroso il danno provocato dall’alcol rispetto a quello derivante dalla cannabis. Eppure ben diversa è l’amplificazione del problema droga rispetto al problema alcol: questa politica della corrente alternata non è credibile.
Il rapporto attuale in Italia tra morti per alcol e per droghe credo sia attestato su 15 a 1.
Va cambiato radicalmente il sistema di classificazione delle droghe, includendovi anche alcol e tabacco, e serve un approccio complessivo al problema che sia rigoroso e coerente.
Antiproibizionismo non significa lassismo ma dotarsi di strumenti efficaci e coerenti che consentano di affrontare il sempre più vasto fenomeno del disagio sociale mettendo la collettività al riparo, per quanto possibile, dalle conseguenze negative delle condotte individuali. Ricordo che i “drogati” non rubano e rapinano perché sono sotto l’effetto della droga ma per procurarsi i mezzi necessari per acquistare la droga: la piccola (ma diffusa e dall’enorme costo sociale) criminalità è conseguenza delle condizioni di illegalità delle droghe. Nessuno ruba per comprarsi una bottiglia di vino o di grappa sebbene gli alcolisti siano più numerosi degli altri drogati. Nessuno spaccia vino agli angoli delle strade; nessuno si prostituisce per comprare vino. Il proibizionismo non solo non ha impedito la diffusione delle droghe ma ne ha amplificato tutti gli effetti deleteri per la collettività.
27 novembre 2007 0:00 - Fede
Io sto ancora aspettando di sapere cosa vogliono gli antiproibizionisti nel dettaglio:
- a che età la droga sarà libera
- quali droghe saranno legali
- dove si venderanno
- come le considererete in rapporto ai media. Sarà ammessa pubblicità? Apologia del consumo?
- quanto conterà il parere dei genitori nel caso di figli minorenni
- chi pagherà nel caso in cui i tossicodipendenti rifiuteranno di curarsi e continueranno a drogarsi con droghe fornite dai servizi sanitari o sociali
Almeno a queste domande mi piacerebbe avere risposte precise, non ipotesi.
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