COMMENTI
  (Da 1 a 9 di 9)  
24 dicembre 2007 0:00 - Armando
Dai è tutto un complotto degli alieni...
Ho visto santoni (non me li chiamate medici) che volevano CURARE malattie come la distrofia muscolare e la sclerosi multipla, facendo spendere centinaia di euro alla volta a famiglie che si aggrappavano a qualunque appiglio... Tanto valeva andare da qualche mago...

Buon Natale a tutti.
20 dicembre 2007 0:00 - DE pravato
la prossima volta che intervengo, copio incollo tutta l'enciclopedia medica che mi ha lasciato il nonno buonanima

Ma andate as cacare!... quento è un forum, non un congresso!
20 dicembre 2007 0:00 - G. Paolo Vanoli
Legami e Collusioni in medicina e sanita'

Legami segreti tra organizzazioni di pazienti e compagnie farmaceutiche:
Fonte: Inchiesta del Philadelphia Inquirer, il quotidiano statunitense The Philadelphia Inquirer ha pubblicato un'inchiesta sui legami quasi mai dichiarati di sei organizzazioni non-profit, che affermano di agire nell'interesse dei pazienti di altrettante malattie, e le compagnie farmaceutiche.
Le sei organizzazioni, che lo scorso anno hanno ricevuto complessivamente 29 milioni di dollari in donazioni dalle industrie farmaceutiche.
L'influsso delle aziende farmaceutiche e' pesante e si situa a vari livelli, sia nel commissionare certi tipi di studi piuttosto che altri, oppure nel riportare certi studi e non altri all'attenzione del mondo medico scientifico, sia nel favorire economicamente con contributi in denaro, commissioni, convegni, ecc. ovviamente chi segue una "linea ritenuta più favorevole" all'azienda stessa.

Diversi importanti accademici in una lettera collettiva a Lancet (Reed Elsevier and the interational arms trade; Lancet 2005; 366:868) rivelano che: "Oggi la stessa Lancet si trova connessa con i profitti del commercio mondiale di armi " ("Today The Lancet finds itself connected to the profits of the global arms trade")
"Dal 2003, il proprietario e la casa editrice di Lancet ,Reed Elsevier, ha organizzato una delle maggiori fiere commerciali di armi" ("Since 2003, The Lancet's owner and publisher, Reed Elsevier, has organized some of the world's largest arms fair")

Dal 13 al 16 di Settembre si terrà a Londra una fiera commerciale di armi di terra, mare ed aria. (Defence System and Equipment International- DSEI). In questa fiera verranno liberamente vendute e trattate armi micidiali come le "cluster bombs". Diversi acquirenti militari provenienti da regimi dittatoriali sono stati invitati a questa fiera. ("Military buyers from some of the world's most serious human-rights- abusing regimes....were invited to the last DSEi fair")
La lettera si conclude con la richiesta a Reed Elsevier di "terminare la promozione internazionale del commercio delle armi. Ciò è incompatibile con i principi guida di Lancet"

RISPOSTA di LANCET
Nello stesso numero, l'advisory board e l'international advisorory board commentano nell'editoriale questa lettera ed affermano: "Lancet è una pubblicazione interamente indipendente, editorialmente e finanziarmente"
Sempre però nella risposta si ammette: "per i lettori della rivista sarà incomprensibile il fatto che i nostri proprietari sono coinvolti in un business che in modo così chiaro non solo mina i principi della salute pubblica..."
L'editoriale afferma di non essere a conoscenza del coinvolgimento di Reed Elsevier nel Defence System and Equipment International "fino a qualche settimana fa";
L'editoriale termina chiedendo, a nome dei lettori di Lancet, a Reed Elsevier di interrompere queste sue attività.
Lancet inoltre pubblica anche la risposta da parte della Reed Elsevier
PER il TESTO COMPLETO delle LETTERE e DELL'EDITORIALE, vedi LANCET www.thelancet.com nella sezione Correspondence
Fonte: Simo - 13 settembre 2005

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L'INDUSTRIA FARMACEUTICA IMPARTISCE ORDINI alle RIVISTE MEDICHE ?

Il denaro parla, ed i dollari dell'industria farmaceutica parlano chiaro e forte attraverso le pagine delle riviste mediche. Questa è la conclusione fratta da Peter Genzsche e dal suo team del Nordic Cochrane Centre dì Copenhagen, Danimarca, i quali hanno messo a confronto revisioni di studi farmacologici finanziate da aziende farmaceutiche con revisioni analoghe prive del sostegno finanziario dell'industria del settore.

Gli studi condotti senza i finanziamenti dell'industria hanno raggiunto conclusioni simili a quelle delle revisioni sistematiche contenute nel database online del Cochranc, riconosciuto come lo standard aureo per le analisi dì questo genere.
Ad ogni modo, gli studi appoggiati dalle aziende farmaceutiche tendenzialmente raccomandavano senza riserve i farmaci sperimentali, anche se l'effetto stimato del trattamento era mediamente simile a quello riportalo nelle revisioni del Cochrane.

Genzsche afferma che alcune delle revisioni finanziate dall'industria erano anche falsate nel metodo, in quanto prendevano in considerazione unicamente studi contenuti nel data base dell'azienda stessa.
Fonte: New Scientist, 14 ottobre 2006

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"In un aureo libretto, "Attenti alle Bufale", Il Pensiero Scientifico Editore, ottobre 2005, l' autore, Tom Jefferson, studioso dell'italiano Istituto Superiore della Sanità (I.S.S.), scrive: "Da un po' di tempo, chi lavora alla sintesi delle prove scientifiche si è reso conto, fatti alla mano, che la stragrande maggioranza di ciò che si legge e si dice nella scienza biomedica è di dubbia qualità".

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La serieta' delle riviste "scientifiche"

Richard Smith, ex curatore del British Medical Journal ed ora direttore generale di UnitedHealth Europe: "Fortunatamente per le compagnie farmaceutiche che hanno finanziato questi studi, ma non altrettanto per la credibilità delle riviste che li pubblicano, i trial raramente producono risultati sfavorevoli per i prodotti della compagnia stessa".
Citando esempi da 86 diversi studi, Smith dimostra che i risultati dei trial sono influenzati da chi li finanzia.
Tratto da: http://pesanervi.diodati.org/pn/?a=63

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Industrie farmaceutiche nel mirino di uno studio pubblicato sul "Proceedings of the National Academy of Sciences”

Questa volta le aziende sono accusate di “gestione fantasma” della letteratura medica: in pratica, secondo il filosofo della scienza Sergio Sismondo della Queen's University di Kingston, in Canada, oltre a controllare, e spesso a “manipolare” il lavoro di ricerca e le analisi sui medicinali, le multinazionali del farmaco sono colpevoli di influenzare con vari mezzi il lavoro di comunicazione e diffusione delle informazioni che segue la conclusione dei trial clinici.
Sismondo e' convinto che gli articoli pubblicati sulle riviste scientifiche vengano “invisibilmente” manipolati, in modo da trasmettere prima di tutto un senso di indipendenza e credibilità al testo: i nomi degli “insospettabili” autori delle ricerche, ad esempio, vengono astutamente riportati in cima agli articoli.
Inoltre, secondo l'esperto le industrie spesso assoldano agenzie di comunicazione specializzate per studiare quale sia il miglior messaggio e come farlo arrivare ai lettori.
Sismondo è giunto a queste conclusioni passando in rassegna studi sui farmaci antidepressivi a base di sertralina pubblicati fra il 1998 ed il 2000, rilevando che il 18-40% di essi era “manovrato” dalle aziende produttrici.
Questo “comportamento”, sottolinea l’esperto, hai il risultato di influenzare l’opinione pubblica ed in particolare i pazienti.
Il sospetto e’ che i ricercatori stessi, “motore” delle sperimentazioni sui farmaci e loro malgrado coinvolti in questo sistema, non abbiano una reale idea di come i loro lavori vengano utilizzati a fini non onesti.
By B. Di Chiara

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RIVISTE di MEDICINA SOTTO ACCUSA

"Le riviste di medicina costituiscono un estensione del braccio del marketing delle compagnie farmaceutiche":
Lo sostiene Richard Smith, ex curatore del British Medical Journal e ora direttore generale di UnitedHealth Europe, in un provocatorio editoriale pubblicato sulla rivista "PLoS Medicine".
L'esempio più evidente della dipendenza delle riviste mediche dall'industria farmaceutica è la quantità di denaro che ricevono dalle pubblicità di farmaci, ma secondo Smith si tratterebbe della "forma meno corrotta di dipendenza", in quanto le inserzioni "possono essere viste e criticate da tutti".
Il problema maggiore, invece, è quello della pubblicazione di trail clinici finanziati dall'industria.
"Per una compagnia farmaceutica - spiega - uno studio favorevole vale più di migliaia di pagine di inserzioni pubblicitarie. Ecco perché le aziende spendono a volte milioni di dollari per ristampare e diffondere in tutto il mondo i risultati delle ricerche".
A differenza delle pubblicità, l'affidabilità degli studi viene percepita dai lettori in maniera più positiva.
"Fortunatamente per le compagnie farmaceutiche che hanno finanziato questi studi, ma non altrettanto per la credibilità delle riviste che li pubblicano, i trial raramente producono risultati sfavorevoli per i prodotti della compagnia stessa".
Citando esempi da 86 diversi studi, Smith dimostra che i risultati dei trial sono influenzati da chi li finanzia.
Fonte: www.lescienze.it.

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Le riviste mediche sono un'estensione del braccio commerciale delle compagnie farmaceutiche.

Le riviste si sono abbassate a svolgere operazioni di riciclaggio delle informazioni per conto dell'industria farmaceutica, ha scritto Richard Horton, redattore di Lancet, nel marzo 2004.
Nello stesso anno, Marcia Angell, in precedenza giornalista del New England Journal of Medicine, ha accusato senza mezzi termini l'industria di essere ormai prima di tutto una macchina commerciale e di cooptare qualsiasi istituzione che potrebbe frapporsi sulla sua strada.
Le riviste mediche erano evidentemente assenti dalla sua lista di istituzioni cooptate, ma lei ed Horton non sono i soli giornalisti a sentirsi sempre più nauseati dal potere e dall'influenza dell'industria farmaceutica.
Jerry Kassirer, un altro che aveva scritto in precedenza per il New England Journal of Medicine, ritiene che l'industria farmaceutica abbia fatto perdere la bussola della moralità a molti medici, ed i giornalisti di PLoS Medicine hanno dichiarato che essi non diventeranno parte del ciclo della dipendenza ... tra riviste e industria farmaceutica.
By Richard Smith

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Il business dietro le ricerche medico-scientiche - di George Monbiot (Guardian)
Quante "informazioni scientifiche" sono state pubblicate da giornali accademici caratterizzati da interessi occultati ?

Un mesetto fa, rovistando tra le mie cose, mi sono imbattuto in uno dei più straordinari documenti che abbia mai letto: si riferiva a un’organizzazione chiamata Arise (Associates for Research into the Science of Enjoyment), oggi un’associazione completamente dimenticata, negli anni novanta uno dei gruppi operanti nel settore della salute pubblica più influenti al mondo. Comincerò col spiegare il contenuto del documento.

Arise è stata fondata nel 1988 e sembra abbia continuato a operare fino al 2004. Si descrive come “un’associazione mondiale di ragguardevoli scienziati che agiscono come commentatori indipendenti”. Il suo scopo, secondo quanto riportato da tali scienziati, era quello di mostrare quanto “i piaceri di ogni giorno come la cioccolata, il fumo, tè, caffè e alcol, contribuiscono alla qualità della vita”.

Il gruppo sosteneva che c’erano sufficienti buone ragioni per far scivolare via le nostre inibizioni e cominciare ad appagarci. “Gli studi scientifici mostrano che godersi i semplici piaceri della vita, senza sentirsi colpevoli, può ridurre lo stress e aumentare la resistenza alle malattie. Al contrario, la colpevolezza può incrementare lo stress e minare il sistema immunitario… Questo può portare, per esempio, smemoratezza, disturbi alimentari, problemi di cuore o danni cerebrali”. La “salute forzata”, come veniva chiamato da Arise questo nostro senso di controllo, potrebbe così causare più danni che vantaggi.

L’associazione ricevette una sorprendente copertura mediatica: per esempio, tra il settembre del 1993 e il marzo del 1994, aveva generato 195 tra articoli di giornale e interviste su circuiti radiotelevisivi e quotidiani come The Wall Street Journal, The International Herald Tribune, The Independent, The Evening Standard, El Paìs, La Repubblica, e TV quali la Rai e la BBC. Il tutto come risultato di un sondaggio Mori chiamato ‘Cattivo ma Buono’ che Arise aveva dichiarato di aver commissionato per conoscere quei colpevoli piaceri che le persone amano di più.

Eccone un tipico esempio (da Reuters): "Secondo quanto afferma un gruppo di accademici, 'quei puritani che si occupano di salute e che decidono se la gente può fumare o bere alcol e caffè, stanno cercando di rovinare la qualità della vita', e David Warburton, docente di Farmacologia all’Università inglese di Reading, sostiene: 'Molti dei sostenitori di Arise credono che godere di questi piaceri sia diritto di ogni uomo', e continua poi dichiarando che 'molta della promozione sulla salute è basata su informazioni sbagliate. È politicamente guidata'".

I programmi di oggi hanno visto apparire il docente di Reading in uno dei primi spot della mattina, alle 8:20, impegnato in un' indiscutibile intervista. Warburton ha esaltato le proprietà calmanti delle sigarette e ha trattato in modo sprezzante i messaggi sulla salute pubblica.
Arise è comparsa anche otto volte su The Guardian. Promozioni di questo tipo sono continuate fino all'ottobre del 2004, quando The Times riportò di nuovo le affermazioni di Arise, le quali sostenevano che dovremmo “smettere di preoccuparci di quelle paure spesso infondate” e “iniziare a ascoltare il nostro corpo, che in modo naturale cerca di proteggerci dalle malattie, facendo le cose che ci piacciono”. In centinaia di articoli e trascrizioni riguardanti le affermazioni del gruppo, in un solo caso ho trovato una giornalista – Madeleine Bunting (The Guardian) – che mettesse in discussione sia gli studi di Arise che le motivazioni illustrate dai propri scienziati.

Warburton, che ha affermato di dirigere l’associazione, è preside di Psicofarmacologia all’Università di Reading. Quando era ancora docente, pubblicò almeno una dozzina di articoli nella stampa accademica sulla nicotina. Nel 1989, in The Psychologist, sfidò le conclusioni a cui giunse la US Surgeon Service, ovvero che la nicotina crea dipendenza. La maggior parte dei suoi articoli, sostenenti che la nicotina migliorava sia l’attenzione che la memoria, erano stati pubblicati nel giornale Psychopharmacology, del quale era editore senior. Io ho letti sette di questi articoli e in nessuno di loro sono riuscito a trovare qualche dichiarazione riguardo ad evenuali interessi finanziari, eccetto che per un caso di due sovvenzioni dal Wellcome Trust.

Nel 1998, come parte del regolamento di un’azione legale contro le multinazionali del tabacco statunitensi, le imprese furono costrette a porre i loro documenti internazionali in un archivio pubblico. Tra gli altri, c’era anche quello in cui mi sono imbattuto il mese scorso. Ci sono scritti gli appunti di un dirigente del dipartimento dei servizi aziendali della Philip Morris, la più grande azienda di settore al mondo, per uno dei suoi colleghi; il titolo è “Attività e Finanziamenti Arise 1994-95”. “Avevo un appuntamento”, inizia, “con Charles Hay e Jacqui Smithson (Rothmans) per accordarci sul piano di attività 1994-95 per Arise e per discutere i finanziamenti necessari. Trovate inclusa una copia della nostra presentazione”.

Questo mostra che nell’anno finanziario precedente, Arise aveva ricevuto 373.400 dollari: 2000 dalla Coca Cola Company, 900 da altre aziende e il resto, più del 99%, dalla Philip Morris, dalla British American Tabacco, dalla RJ Reynolds e dalla Rothmans. Nel 1994-95 il suo budget sarebbe stato di 773.750 dollari; Rothmans e RJ Reynolds si impegnarono entrambe di fornire 200.000 dollari, e BAT “aveva anche parlato d’interessi”, in quanto sostenne che la Philip Morris aveva alzato la cifra a 300.000 dollari. Di seguito gli appunti sono diventati sempre più interessanti.

"Il sondaggio Mori ‘Cattivo ma Buono’ ha provato tutta la sua efficienza nell’ottenere pubblicità dai media; così l'operazione verrà ripetuta anche quest’anno riguardo al tema ‘Stress sul posto di lavoro'...
Una prima stesura del questionario è stata sottoposta per eventuali commenti a Tony Andrade, avvocato senior della Philip Morris, e a Matt Winokur, dirigente degli affari regolatori": "Abbiamo deciso di far parte della prossima conferenza di Arise in Europa, data la positiva ricezione dei media europei”.
La Philip Morris aveva designato un’agenzia di pubbliche relazioni londinese per dirigere le media relations, fondare il segretariato di Arise e contribuire alla ricerca di nuovi membri. "La maggior autorizzazione e l'approvazione di ulteriori pagamenti sarà gestita da un’informale Commissione di budget che includerebbe PM, Rothmans e possibilmente RJR e BAT".

Gli appunti sostenevano che Arise era guidata non da noti scienziati ma da note aziende di tabacco. Impressione rafforzata da un altro documento trovato nell’archivio, riguardante le prime fasi di vita dell’associazione. Nel 1988 la US Surgeon General affermò che la nicotina creava dipendenza quanto eroina o cocaina. L’industria del tabacco rispose che un gruppo di specialisti si sarebbe riunito per revisionare la composizione delle sostanze abusive e per separare la nicotina dagli stupefacenti.

Ho spedito una lista di domande a Warburton, mi rispose di non aver tempo per rispondere; l’Università di Reading però replicò di essere a conoscenza del fatto che il lavoro di Warburton era sponsorizzato da multinazionali del tabacco. Infatti l’università stessa aveva ricevuto più di 300.000 dollari da Arise, “ma dal suo punto di vista, la fonte dei finanziamenti per Arise non era mai stata chiara”. “Il Professor Warburton e l’Università di Reading avevano ricevuto, tra il 1995 e il 2003, finanziamenti per la ricerca di BAT”.
Mai si era posta domande riguardo questi finanziamenti, mai aveva richiesto a Warburton di dichiarare i propri interessi nelle carte accademich.
Se si fosse fatto, si sarebbe addirittura cominciato a parlare di “censura” e di “libertà accademica ristretta”.

Psychopharmacology non sapeva che Warburton stava prendendo soldi dalle aziende del tabacco.
“È responsabilità dell’autore svelare le fonti di finanziamento e si sa da tempo che i giornali stessi non proteggono questo tipo di dichiarazione”. Dopo una lunga carriera imperturbata da domande riguardanti i suoi interessi o la sua etica professionale, Warburton si ritirò nel 2003; tuttora tiene lezione a Reading come professore emerito.

Quante "informazioni scientifiche" sono state pubblicate da giornali accademici caratterizzati da interessi occultati come questi ? Quante campagne mediatiche contro l’“overregulation”, la “cultura compensativa” oppure “le paure pubbliche infondate”, sono state segretamente finanziate e manovrate dalle corporation ?
Quanti personaggi riceveranno ancora denaro illecito apparendo in TV per assicurare relazioni pubbliche gratuite ai loro sponsor ?

Il caso in questione caso ci mostra come accademici e mezzi d'informazione non siano riusciti – o non abbiano voluto – ad essere sufficientemente scettici.
Senz'altro ora sappiamo che esiste una domanda ovvia con la quale ogni giornalista dovrebbe iniziare la propria intervista: “Chi ti sta finanziando ?”
Fonte: http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,,1703694,00.html Tradotto da Barbara Redditi per Nuovi Mondi Media

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Il BUSINESS della MALATTIA MENTALE con il MANUALE DIAGNOSTICO della PSICHIATRIA
Il manuale di una pseudoscienza: la "psichiatria" !

Sul numero di questo mese della rivista Psychotherapy and Psychosomatics si rivela lo stretto rapporto finanziario esistente tra l’industria farmaceutica e la “bibbia” dell’American Psychiatric Association’s (o APA) ovvero il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali o Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM). Libro nel quale sono elencati i disturbi della follia umana secondo i suoi compilatori.
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU), un gruppo di sorveglianza delle attività psichiatriche, considera una conferma tale studio poiché è da oltre un decennio che il CCDU chiede ai vari organi governativi di abolire il DSM e dichiararlo materiale senza alcun valore a fini assicurativi, legislativi e giurisprudenziali.
Bruce Wiseman, presidente dell’ufficio nazionale del CCDU per gli Stati Uniti, ha dichiarato: “Il DSM è un documento inaffidabile e pseudoscientifico, capace tuttavia di recare enormi danni alla vita della gente e usato per generare un fatturato da 76 miliardi di dollari l’anno nel ramo degli psicofarmaci”.

Lo studio, condotto da Lisa Cosgrove (psicologa della University of Massachusetts) e Sheldon Krimsky (docente presso la Tuft University), documenta i finanziamenti erogati dalle società produttrici di farmaci per “disturbi mentali” agli psichiatri che hanno definito i disturbi inclusi nel manuale.
Il 100% degli “esperti” partecipanti ai pannelli che hanno collaborato alla quarta edizione del DSM (o DSM-IV), sovrintendendo tra l’altro alla formulazione dei cosiddetti “disturbi dell’umore” – tra i quali rientrano la “depressione” e i “disordini schizofrenici/psicotici” – erano finanziariamente legati a società farmaceutiche.
I farmaci per i succitati “disturbi” costituiscono la più grossa fetta del mercato mondiale: solo nel 2004, gli antidepressivi hanno realizzato un fatturato da 20,3 miliardi di dollari e gli antipsicotici 14,4 miliardi.

La dott.ssa Tana Dineen, autrice del libro Manufacturing Victims (Vittime artificiali, un libro che mette a nudo l’infondatezza fraudolenta del DSM), sostiene che al contrario di quanto accade per le diagnosi mediche, l’esistenza dei disturbi elencati del DSM viene decisa tramite “voto” dai membri dell’APA.
Non solo: i disturbi possono essere tolti dal DSM se mantenerli in lista causa troppe noie.
Per esempio, nel 1973 l’APA decise tramite voto (5584 favorevoli, 3810 contrari) di non considerare più l’omosessualità un disturbo mentale: ma l’unico motivo fu il fatto che alcuni attivisti gay avevano picchettato il convegno dell’Associazione.
Il potere del DSM è enorme a fronte della fraudolenza con cui viene stilato.
Come dice la dott.ssa Cosgrove, il DSM altro non è che uno “strumento politico”.

Il manuale viene infatti usato per sottrarre i figli alla custodia dei genitori, per negare il diritto di voto in alcuni paesi, per stabilire se un imputato è idoneo a dichiararsi “colpevole” nel corso di un processo o se la sua condotta criminale va scusata.
È stato persino usato per dichiarare nulle le volontà testamentarie, per risolvere contratti perfettamente leciti e prevaricare la volontà individuale in questioni riguardanti la gestione di un’attività commerciale o di una proprietà.
Gli istituti scolastici e i servizi per l’infanzia possono ricevere finanziamenti aggiuntivi se a un bambino viene diagnosticato un disturbo presente nel DSM.
Per contro, vi sono genitori che sono stati obbligati a somministrare ai propri figli farmaci noti per indurre comportamenti violenti e suicidi. Se non bastasse, quegli stessi genitori sono stati minacciati di intervento da parte dell’autorità giudiziaria se non avessero acconsentito al trattamento, e tutto ciò solo perché a loro figlio era stato attribuito un “disturbo” elencato nel DSM. Lo psichiatra newyorchese Ron Leifer sostiene che il metodo diagnostico degli psichiatri è “fraudolento e arrogante” e che “attribuire scientificità al DSM è un’affermazione lesiva della cultura”.

Anche la dott.ssa Cosgrove ha sollevato quesiti fondamentali sull’inconsistenza scientifica del DSM, dichiarando che “Non esiste alcun esame del sangue per sostenere l’oggettiva esistenza dei disturbi elencati nel DSM, il quale poggia su opinioni formulate da coloro che poi, nella loro attività, si basano a loro volta su di esso”.

La Legge sull’assenso dei genitori, una proposta di legge federale presentata l’anno scorso alla Camera dei rappresentanti e sostenuta, a tutt’oggi, da 40 membri del Congresso statunitense, ha per obiettivo il taglio dei finanziamenti statali per lo screening mentale degli studenti basato sul DSM, proprio perché esso non ha alcun valore scientifico.
Questa proposta di legge, la n. 181, afferma: “Gli stessi autori del… Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali riconoscono che i criteri diagnostici per la malattia mentale sono vaghi e affermano che: ‘I criteri usati nella redazione del DSM-IV rimangono basati sul consenso, senza fornire chiari dati empirici a sostegno del numero di elementi richiesti per la formulazione di una diagnosi. … Inoltre i tratti comportamentali precisati nel DSM-IV rimangono, malgrado i tentativi di standardizzarli, soggettivi…’”.

Il CCDU sottolinea la necessità di tutelare le persone dai rischi e dalle violazioni dei diritti umani che potrebbero scaturire dall’uso del DSM, una minaccia oggi più che mai reale se si considera che nei processi di definizione dei disturbi mentali sono coinvolti gli interessi economici delle case farmaceutiche. Il CCDU, fondato dalla Chiesa di Scientology, ha intervistato centinaia di esperti sul DSM e sulla psichiatria; il contenuto di questi documentari è a disposizione del pubblico presso il museo “Psichiatria: industria della morte” che si trova a Los Angeles.
È possibile visionare contenuti video di medici, psichiatri e psicologi che collaborano con il CCDU per smascherare la frode delle diagnosi psichiatriche, all’indirizzo http://www.cchr.org

Se tuo figlio è stato sottoposto a questionari psicologici o psichiatrici, test, valutazioni o programmi psicologici senza il tuo consenso, o conosci qualcuno che ha subito danni in seguito a diagnosi e/o trattamenti psichiatrici contatta il:

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus: e-mail: [email protected]

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Scoperta un'altra clamorosa truffa, non solo scientifica, che coinvolge, se non altro per omesso controllo, la bibbia degli scientisti: "The Lancet".
Uno scienziato norvegese, tal Sudboe, ha falsificato una ricerca che mostrava clamorosi risultati nella lotta al cancro orale. Tutto inventato.
Del resto la stessa rivista Lancet, che in un numero precedente dichiara (con sofismi e trucchi retorici) l'omeopatia del tutto inefficace, in un suo numero del 1997 afferma il contrario.

Che serieta' "scientifica", queste riviste mediche.......sempre al servizio di chi paga e/o delle multinazionali BIG FARMA


La Repubblica, Gennaio 2006 - L'autore è un ricercatore norvegese di fama internazionale, era tutto falso, dai profili dei pazienti alle conclusioni
Cancro, quello studio su Lancet era completamente inventato ! Ricerca pubblicata in ottobre dalla prestigiosa rivista britannica.




L'ospedale Radium di Oslo


LONDRA - Un altro falso scuote il mondo della ricerca scientifica.
Uno studio sul cancro alla bocca pubblicato nell'ottobre scorso sulla prestigiosa rivista medica Lancet è risultato totalmente inventato. Il suo autore, il dottor Jon Sudboe, ricercatore di fama internazionale, si è persino preso la briga di creare ben 900 profili paziente: nome, età, genere, peso, patologie, diagnosi, assunzione di medicinali. Tutto falso, comprese naturalmente le conclusioni della ricerca. Lo riferisce oggi il quotidiano britannico The Guardian.

Dopo la truffa del ricercatore sudcoreano Hwang Woo Suk, che aveva annunciato di essere riuscito a clonare cellule staminali "su misura" per poi ammettere l'imbroglio, una nuova frode scientifica e venuta a galla.
Stavolta in maniera del tutto casuale, grazie alla sorella del primo ministro norvegese.
Qualche tempo fa, Camilla Stoltenberg si è ritrovata fra le mani la copia della rivista sulla quale era pubblicato lo studio del dottor Sudboe. Leggendo l'articolo, si è accorta che lo scienziato citava come fonte un database nazionale norvegese. Un piccolo particolare: quel database non è ancora entrato in funzione.

Questa la leggerezza dello scienziato dell'ospedale Radium di Oslo che ha rivelato il clamoroso imbroglio: quei 900 pazienti non sono mai esistiti. E di conseguenza sono falsi anche i risultati della ricerca sulla relazione tra antinfiammatori e cancro orale: non esiste alcuna dimostrazione scientifica che nei soggetti che assumono medicinali come il paracetamolo (farmaco analgesico e antipiretico) sia minore il rischio di sviluppare quel tipo di tumore.

"Nello studio non c'era un solo dato vero, si è inventato tutto", afferma sconvolto Stein Vaaler, direttore sanitario del Radium. "Era uno dei nostri migliori scienziati, stentiamo a crederci".
L'ospedale intanto ha aperto un'inchiesta, e un'altra sarà condotta dal Karolinska Institute di Stoccolma: dovranno analizzare i 38 articoli che il dottor Sudboe (nel frattempo sparito dalla circolazione senza rilasciare alcuna dichiarazione) ha scritto dal 1997, e che avevano contribuito a renderlo noto e stimato dalla comunità scientifica internazionale.
Tratto da: http://www.repubblica.it

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Studi scientifici: Usare con cautela - Più della metà delle ricerche darebbe risultati FALSI
By Raffaella Daghini - Tempo Medico n. 799. 24 settembre 2005, Fonie: PLoS Medicine 2005; 2: 69ù e 272

La verità scientifica ? Meglio metterci una pietra sopra.
Almeno per quanto riguarda i risultati della maggior parte degli studi scientifici, per i quali bisogna rassegnarsi all'idea che "è più probabile che siano falsi piuttosto che veri". Questa tesi, certamente provocatoria e tutt'altro che incoraggiante, è stata illustrala (e dimostrata, numeri alla mano) sulla rivista ad accesso libero PLoS Medicine da John loannidis dell'Università greca di loannina, che non è nuovo ad affermazioni "forti" sulla validità o meno degli studi scientifici.
Nel luglio di quest'anno, infatti, su JAMA era comparso uno studio dello stesso autore che si proponeva di valutare con quale frequenta i risultati di studi clinici che dimostravano l'efficacia di una cura fossero stati smentiti o ridimensionati da ricerche successive.
Analizzando 45 studi, pubblicati sulle riviste mediche più prestigiose tra il 1990 e il 20113.
loannidis aveva osservato che i dati di 7 erano stati ribaltati e per altri 7 c'era stato un significativi! ridimensionamento. Una smentita più o meno forte, quindi, era arrivata per un terzo di questi studi.
Forte di questa premessa, loannidis ha inquadrato in un modello matematico, quantificandoli, i parametri considerati significativi per valutare la validità di uno studio e, quindi, le possibili fonti di errore. Il più intuitivo di questi parametri, ma anche il meno accurato, è la significatività statistica.
Uno studio è considerato statisticamente significativo se la probabilità che il risultato sia completamente dovuto al caso è una contro venti: questo significa che, esaminando 211 differenti ipotesi scelte a caso, una di esse, in media, potrà risultare statisticamente significativa
. Mentre dal punto di vista puramente matematico questo può risultare un parametro affidabile per determinare la validità di un metodo, se ci si cala nella realtà delle ipotesi che sono analizzate nelle ricerche ci si rende conto che la significatività statistica non può essere l'unico elemento su cui basarsi per valutare uno studio. Quando le possibili ipotesi da analizzare sono centinaia (è il caso, per esempio, dell'influenza di un gene su una malattia), questo standard può indurre in errore: infatti alcune ipotesi di apparenza significative potrebbero essere, per gli scherzi del caso, false. (> per converso, se si prendono in considerazione, in modo del tutto casuale, 20 ipotesi false, una di esse potrebbe risultare vera.
Questo aspetto, per quanto importante, non è però l'unico che loannidis considera nel suo modello.
Vari altri fattori possono indurre errori negli studi scientifici.
Le limitate dimensioni dei campioni considerati, per esempio, o un disegno poco accurato dello studio, che consente ai ricercatori di "pescare" tra i propri dati quelli che provano la tesi iniziale. C'è poi da tenere nel dovuto conto anche la "parzialità" dei ricercatori, dovuta all'attaccamento alla propria teoria o ad aspetti più profani di interesse economico.
Elaborando tutti questi elementi secondo il proprio modello matematico, loannidis arriva a concludere che uno studio disegnato secondo buoni parametri può arrivare ad avere l'85 per cento delle probabilità di dare risultati corretti; se i parametri non sono rispettati o lo sono solo in parte questa probabilità scende fino al 17 per cento. Quindi, calcolatrice alla mano, in media più della metà degli studi da risultati falsi con buona probabilità.
Che fare, allora ? "La verità scientifica è un bersaglio in movimento" commentano gli editori di PLoS Medicine.
"La possibilità che la maggior parte delle conclusioni sia falsa fa inevitabilmente parte dell'impegno nella ricerca. Chiunque sia coinvolto nella realizzazione e nella pubblicazione degli studi deve necessariamente essere di mente aperta, rigoroso e onesto nel progettare gli esperimenti, analizzare i risultati, comunicare le conclusioni, revisionare i manoscritti, commentare i lavori e accetlare che l'incertezza esiste nel campo della ricerca".
A questo punto, non senza una punta di malignità, ci sarebbe da chiedersi, come fa l'Economist: che probabilità c'è che lo studio di loannidis sia falso.

Come individuare i risultati falsi.
Secondo loannidis alcuni clementi aiutano a individuare i risultati che hanno maggiore probabilità di essere falsi:
- più sono piccole le dimensioni degli studi, più bassa è la probabilità che diano risultati validi
- più limitato è l'effetto misurato, più è probabile che i risultati siano falsi: è più facile avere risultati validi quando si indagano effetti di grande portata (per esempio la relazione tra fumo e malattie cardiovascolari) piuttosto che quelli supposti "piccoli" (per esempio i fattori genetici di rischio di alcune malattie)
- più alto è il numero delle relazioni analizzale, più probabilmente lo studio darà risultati falsi: gli studi disegnali per confermare un'ipotesi (trial controllati e randomizzati in fase III o metanalisi), per esempio, hanno maggiore probabilità di dare risultati veri
- più elevata è la flessibilità nel disegno e nel metodo analitico dello studio, maggiore è la probabilità di avere risultati falsi: l'aderenza a modelli standard condivisi aumenta la proporzione di risultati positivi
- più grandi sono gli interessi (economici e non) in gioco, minore è la probabilità che lo studio dia risultati validi.

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Il costo proibitivo, per molti autori, delle pubblicazioni scientifiche su Riviste straniere di rilievo mondiale, le uniche accettate dai soliti "noti" maestri del pensiero medico, che considerano, ovviamente, di ben poco valore scientifico le riviste italiane del settore.
I fatti: mando un articolo a The Journal of International Medical Research il 23 di novenbre 2005: "Biophysical-Semeiotic Bedside Diagnosis of Hyperparathyroidism. (by Sergio Stagnaro). La versione italiana, Deo Gratia !, è già in rete nel mio sito http://www.semeioticabiofisica.it
Ecco la mia e-mail che accompagnava l'articolo:

-----Original Message-----
From: Sergio Stagnaro [mailto:[email protected]]
Sent: 23 November 2005 21:40
To: CMP Mailbox
Subject: An article for the Journal
Sirs, I'dd like to submitt the attached paper, I hope you'll find it interesting.
Please visit my website http://www.semeioticabiofisica.it in order to comprehend the significance of my 50-year-old researches.
Best regards
Sergio Stagnaro MD
Founder of Biophysical Semeiotics - Riva Trigoso (Genova) Italy

Dopo appena 5 giorni, giudicato valido il lavoro e meritevole di essere sottoposto ai Referenti esterni, secondo un noto procedimento di tutte le Riviste qualificate, mi giunge la seguente e-mail:

28 November 2005 h 15,36

Dear Dr Stagnaro

Thank you for submitting your article to The Journal of International Medical Research. Before I send it out for review, I would like to make you aware of the journal's publication charge, which for articles published in 2006 is £275 (sterling) per printed page. I estimate your article to be 5 pages long (£1,375.00 sterling). I stress this is only an estimate, but it will give you an idea of costs involved.
Please can you confirm that you have a sponsor for your article and if so, forward the attached Confirmation of Funds form onto them to complete and return to me.

With kind regards
Elaine

Elaine Preece - Editorial Administrator - Cambridge Medical Publications - Wicker House - High Street, Worthing - West Sussex BN11 1DJ, UK - Tel: +44 (0)1903 288247 - Fax: +44 (0)1903 288292 - E-mail: [email protected]

Per riassumere, l'Editorial Administarator Elaine Preece del The Journal of International Medical Research mi comunica il probabile prezzo che dovrei pagare per la possibile pubblicazione: £1,375.00 sterling !!! Naturalmente rispondo che io, Medico di Medicina Generale in pensione, per 44 aa. non dedito a raggiungere il massimale dei pazienti, quanto piuttosto alla Ricerca ed alla pubblicazione (200 articoli e 5 libri, resi possibili da Case Farmaceutiche (!) dirette in modo intelligente e dal mio Editore-amico Ivano Camponeschi di Roma), non mi posso permettere una simile spesa per "un" lavoro. Per tacere della mancanza, ora che sono ricercatore a tempo pieno, di chi mi sponsorizza, come una volta. Invito pertanto la Redazione di The Journal of International Medical a cancellare il mio lavoro dandomene conferma.
(Risposta automatica: l'interessata ritornerà giovedì - 29 novembre 2005 - e mi sarà data ulteriore risposta)
Il mio messaggio desidera - in particolare - ma non solo:
A) evidenziare la difficoltà che incontra uno studioso, "idealista" e, quindi, onesto intellettualmente, che non fornisce strumenti nuovi a possibili industrie perché ne facciano soldi alle spese dei poveracci, per di più malati;
B) rispondere agli amici che "benevolmente" mi scrivono di stampare soltanto "Commenti" a Editoriali sulle celebri riviste mediche straniere. Il motivo è comprensibile a qualsiasi "anima bella": non mi costano nulla e mi permettono di diffondere le mie teorie;
C) rispondere ai vari TUTTOLOGI medici, inclusi i due ex-ministri della Salute e coloro che chiedevano al Maestro (Prof. Luigi Di Bella, ndr,) di nominare le celebri riviste straniere che avevano ospitato i suoi articoli.
Vergogna !
Affermo, con estrema chiarezza, che da 50 aa., ad iniziare dalle mie prime ricerche nella semeiotica fisica nella Clinica Medica dell'Università di Genova (Direttore il mio Maestro Prof. L. Antognetti), io sono perfettamente consapevole di quanto deve necessariamente attendersi chi, senza egoismo, agisce nell'interesse esclusivo dell'Umanità sofferente, per cui detesto il vittimismo in qualsiasi campo.
Leggerò volentieri i commenti sinceri dei frequentatori del Forum, anche privatamente.
By Sergio Stagnaro

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LONDRA - Le più autorevoli riviste internazionali di medicina di otto paesi (tra cui The Lancet, The Journal of the American Medical Association, New England Journal of Medicine, The Annals of Internal Medicine, British Medical Journal), hanno deciso di imporre rigide regole a garanzia dei ricercatori e dei lettori prima di pubblicare i risultati degli studi.

Nel mirino sono le case farmaceutiche che condizionerebbero i risultati delle ricerche, quelle che, scrive in un editoriale The Journal of the American Medical Association, "decidono i parametri di partecipazione agli esperimenti, parametri che non sempre sono stati scelti secondo l'interesse accademico, di quanti partecipano allo studio o del progresso scientifico".
"Nessun problema per quelle case farmaceutiche oneste che non manipolano risultati", si è subito affrettata a chiarire l'editor Catherine De Angelis.
"Gli studiosi", continua l'articolo, "a volte non hanno accesso ai dati e hanno poco potere di interpretazione. Inoltre, anche quando hanno maggiore libertà, se i risultati non vanno a vantaggio del finanziatore-sponsor, può accadere che essi vengano nascosti". Ora, prima della pubblicazione, i ricercatori dovranno firmare un documento che ne attesti la responsabilità su risultati e dati raccolti. "Mai più articoli su studi nei quali gli sponsor hanno il controllo dei dati", affermano le riviste.
"E` sempre più diffusa la pubblicazione di risultati di ricerche manipolate a favore del nuovo prodotto", ha affermato Richard Horton, editor di Lancet, rivista che pubblica sull'ultimo numero un commento dal titolo "Sponsorizzazione, paternità, responsabilità" e le regole del "Conflitto di interessi".
Le iniziative di studio pagate dalle case farmaceutiche sono in crescita rispetto a quelle di università e organismi pubblici: solo 10 anni fa le case farmaceutiche finanziavano il 5 per cento delle ricerche pubblicate, oggi oltre un terzo degli studi editi hanno lo sponsor.

Commento NdR: e dopo questi documenti confermativi, e' certo che avere come riferimenti di verita' in medicina, le riviste mediche specializzate, e' molto ma molto difficile !
Quindi consigliamo a tutti i medici SERI, di uscire da questo circolo vizioso: "se una tecnica medica non e' pubblicata sui refères (riviste) specializzati, non e' validata", ma di INIZIARE a provare, a fare cio' che sentono ormai raccontare da qualche decennio, dai pazienti guariti con altre tecniche dette alternative !

Solo le dimostrazioni pratiche sono utili in medicina, le teorie sono soltanto mezzi per comprendere meglio i meccanismi che intervengono nella pratica di soluzioni, anche alternative, che possono guarire il malato, ovvero imparare ad utilizzare tutte le tecniche sanitarie possibili.

G. Paolo vanoli - www.mednat.org
16 dicembre 2007 0:00 - Christian Boiron

Primo atto - Il Lancet, noto per essere una rivista scientifica, pubblica una serie di articoli non scientifici nei quali denuncia "l'inefficacia" dell'omeopatia.
A sostegno di questa denigrazione dell'efficacia dell'omeopatia presenta in modo del tutto falso le conclusioni di cinque meta-analisi che afferma essere del tutto
negative; al contrario, giungono tutte alla stessa conclusione: la positività relativa, ma indubitabile, dell'omeopatia. Non si tratta quindi di una nuova pubblicazione
scientifica, come è stato dichiarato sul Corriere della Sera, ma di una distorsione vergognosa della verità. Questa incredibile menzogna da parte di una rivista
teoricamente scientifica testimonia il partito preso della redazione del Lancet per farsi leader della propaganda anti-omeopatica. Questa attitudine calunniosa e
menzognera il Lancet l'ha già avuta due anni fa, quando ha intitolato in modo polemico "La fine dell'omeopatia", prendendo come pretesto uno studio scientifico che
presentava al contrario conclusioni essenzialmente favorevoli.
Secondo atto - Per evitare la diffusione generale di queste menzogne, Boiron emette immediatamente un comunicato (pubblicato su "Omeopatia33" del 29 novembre scorso,
ndr) destinato a tutti i giornali per attirare la loro attenzione sulla vicenda.
Terzo atto - Il Corriere, malgrado il comunicato di Boiron, rafforza le menzogne del Lancet. Mette in prima pagina il titolo "E' provato: l'omeopatia è inutile":
questo concetto di inutilità non è mai stato citato dal Lancet, dove al contrario, l'omeopatia viene considerata utile al di là della questione dell'efficacia. Presenta
l'articolo come una nuova pubblicazione scientifica, mentre si tratta di un articolo polemico a proposito di vecchie pubblicazioni. Insiste sull'importanza scientifica
della rivista non tenendo in alcun modo in considerazione le informazioni comunque chiare fornite da Boiron. Deforma completamente le nostre parole, rendendole faziose
e incomprensibili.
Epilogo - Cosa ne possiamo dedurre? Che vi è collusione tra il Corriere della Sera e il Lancet, i quali sfruttano la loro notorietà per sviluppare la loro "omeofobia"
incomprensibile, a meno che non si consideri che sono manipolati da lobby dell'industria farmaceutica, infastidite dal successo che l'omeopatia ha presso medici
e pazienti? In che altro modo interpretare questa grave trasgressione dell'etica da parte di due giornali che godono di fama e se ne approfittano spudoratamente
per schiacciare una terapia che pure è così minoritaria? Dov'è finita la ricerca della verità che è il fondamento della stampa?
16 dicembre 2007 0:00 - Reset
Occorre fare un pò di chiarezza.
Cosa s'intende per medicina omeopatica?
Molte persone risponderanno:"Medicina che tende di curare con rimedi naturali".
Bene. Quella NON è la Medicina omeopatica: è medicina FITOTERAPICA o NATUROTERAPICA!!
E' diverso.
La fitoterapia o la naturoterapia, ovvero la terapia che si basa sui principi attivi (farmacologicamente riconosciuti), contenuti in estratti di piante, fiori, bacche, piante officinali, secreti di animali, siero di animali precedentemente immunizzati, dall'uso di molecole o di ormoni prodotti dall'uomo stesso ecc.ecc. non è certo acqua fresca.
Sarebbe appena sufficiente notare come anche nella medicina ufficiale si usino quotidianamente prodotti, molecole farmacologiche derivate da principi naturali per poter affermare questo: la digitale, alcuni sieri, l'insulina (fino a pochi anni fa di estrazione animale, oggi di estrazione umana), l'estratto della Botrops jararaca, la melatonina, le gonadotropine ipofisarie estratte dalle urine di donne in menopausa, gli estratti di alcune alghe, l'atropina, i derivati della ruta, gli estratti delle bacche rosse, del mirtillo, sono tutt'oggi impiegati nella farmacopea ufficiale con buoni risultati, clinicamente evidenti e supportati da evidenze scientifiche.
La medicina omeopatica è ancora un'altra cosa.
Essa pretende di curare la malattia seguendo gli stessi percorsi fisiopatologici (perciò la radice OMEO nel proprio nome) di quest'ultima, senza tentare (come invece fa la medicina cosiddetta ufficiale) di riportare alla normalità biochimica, biofisica e molecolare prima posseduta dall'organismo (prima della malattia s'intende), lo stato di cose alterato dal male.
Credo che questo sia il senso giusto dell'intervento su "The Lancet".
L'intervento, credo, vada nel senso di QUESTA forma di medicina e non contro la medicina fitoterapica e naturoterapica che hanno dimostrato di rispondere ai criteri farmacologici che ogni molecola deve possedere affinchè pssa essere utilizzata nell'ambito dell'armamentario terapeutico del medico.
15 dicembre 2007 0:00 - DE pravato
Signora Luana, quanto è dolce, commovente, appassionato, il suo intervento.

E quanto romanticamente delicato il suo accostare bimbi, e mamme, e malati in auspicio di una più fausta rinascita...
Congratulazioni!... il molcire l'anima certamente è di giovamento anche per il corpo.

Ma mi perdoni l'ardire, Signora, parlando di omeopatia e medicina (omeopatica o tradizionale che sia), si intende dire "medicamento", cura, intervento per la guarigione!... non è certo sufficiente (a meno che non voglia essere ironica, la sua espressione!) dire che "un bicchiere d'acqua non fa male"!
Perché vede, i detrattori dell'omeopatia sostengono proprio quello!... che si tratti di tanti bicchieri di buona acqua pochissimo inquinata da principi innocui... e tanto effetto placebo!

Molti ossequi a lei, ed infinite affettuosità al suo bimbo.

Ed un sereno Natale a tutti (Toppo compreso!)
15 dicembre 2007 0:00 - Armando
Da farmacista dico, ben venga la medicina omeopatica anche in regime mutualistico, ma finquando non saranno condotti degli studi imparziali che dimostrino l'efficacia terapeutica ritengo ingiusto dover dividere le già sottili risorse del SSN.

PS da tecnico anche una polemica. Chi controlla la qualità dei prodotti omeopatici?
15 dicembre 2007 0:00 - Enrico
Il problema dell'accettazione delle cure omeopatiche è quello di dover sottostare ai protocolli della medicina allopatica. Si dimentica che l'efficacia della medicina omeopatica risiede soprattutto nel prevenire i disturbi anziché curare i sintomi. In ogni caso si ignorano gli accurati lavori scientifici di Benveniste e di ricercatori italiani che hanno chiaramente dimostrato che restano tracce "memoria" nelle molecole d'acqua e quindi rimangono gli effetti terapeutici.
Scandaloso poi l'attacco che venne portato al dr. Di Bella che aveva solo il torto di sostenere che per guarire occorreva stimolare le risorse del malato e non propinargli costosi farmaci più dannosi dei rimedi.
Visto che ci si lamenta delle forti spese sanitarie, perché non viene adottata una norma che consenta di utilizzare ufficialmente le medicine alternative, con presumibile risparmio sulle finanze pubbliche?
Soprattutto bisogna insistere sulla libertà di cura e non scaricarsi la coscienza con il cosiddetto consenso informato.
15 dicembre 2007 0:00 - luana
ho conosciuto l'omeopatia quando è nato mio figlio ed ho capito che siamo derubati di un diritto di scelta: i bambini e le bambine crescono meglio, le mamme in attesa hanno solo da guadagnarci, i malati terminali migliorano la qualità della loro vita ecc...e a chi critica dico: " si è mai visto qualcuno a cui ha fatto male un bicchiere di acqua fresca? No, anzi ha comunque trovato giovamento!". Nel mio piccolo continuo e continuerò a parlare bene dell'omeopatia sperando che le mie parole sia piccole macchie di olio che si allargano...oggi più che mai, in questo sistema frenetico, c'è bisogno di una medicina che curi anche l'anima.
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