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25 giugno 2008 0:00 - er metico
"Ma non confondiamo il proselitismo religioso con l'informazione medico-scientifica."

Io aggiungerei "... e il proselitismo ideologico di enti come l'ADUC".
24 giugno 2008 0:00 - Lorenzo
L'OMS dice che non impedisce l'impianto dell'embrione in utero, poichè non altera l'endometrio. Questo non è sufficiente. Cosa accade tra il momento della fecondazione e quello dell'arrivo in utero? In quell'intervallo di tempo, si possono avere effetti sul normale sviluppo dell'embrione. Se sì, allora la pillola del giorno dopo è abortiva.
24 giugno 2008 0:00 - Useg
... impedisce l'annidamento dell'ovulo fecondato. Più chiaro di così!
24 giugno 2008 0:00 - Sergio
La contraccezione d’emergenza (CE) agisce sui meccanismi dell’ovulazione inibendo la stessa o la fertilizzazione. Non ha alcun effetto sulla gravidanza e non è dimostrato alcun effetto post-fertilizzazione (per esempio impedendo l’impianto dell’ovulo fecondato). In alcuni casi sono state rilevate modificazioni dell’endometrio uterino, ma non si può affermare che queste modificazioni siano responsabili del mancato impianto dell’ovulo fecondato, anche perché solo 1 ovulo fecondato su 5 naturalmente s’impianta avviando la gravidanza.

Il meccanismo d’azione principale della CE è nei confronti del processo ovulatorio.
In sostanza, se assunta prima dell’ovulazione, la CE riduce le probabilità di un ovulo di essere fecondato, ma non è in grado di modificarne il destino, una volta che la fertilizzazione sia avvenuta.

Il problema scientifico non è evidenziare l’esistenza di effetti post-fertilizzazione, ma dimostrare che questi siano sufficienti per bloccare l’evoluzione, o l’impianto, di un ovulo fecondato. Anche se ci fosse un test accurato dopo la fertilizzazione, scoprire che alcuni ovuli fertilizzati non si sono impiantati dopo l’assunzione della CE non significherebbe dimostrare che la CE agisce dopo la fertilizzazione, poiché la maggior parte delle uova fertilizzate naturalmente non si impianta. Quella che si chiede è una prova diabolica.

Coloro che sono contro la CE usano esclusivamente l’argomento della possibilità teorica. Ma se non posso dimostrare che qualcosa influenzi qualcos’altro non posso affermare che ci sia influenza e non posso chiedere di dimostrare la non-influenza perché quest’ultima è una “prova diabolica” per definizione non dimostrabile.
Non potendo fare studi diretti sulle donne, la fase intracorporea tra la fertilizzazione e l’impianto è difficile da accertare in tutti i suoi aspetti oggettivi e soggettivi. L’aspetto è poi complicato dal dato oggettivo che in natura solo 1 ovulo fecondato su 5 s’impianta dando inizio a una gravidanza.

Il CNB non risponde al quesito se la pillola del giorno dopo “interferisca con lo sviluppo embrionale”, ritenendo sufficiente accennare ad una generica possibilità di effetti post-fertilizzazione. Non trattandosi di aborto, il CNB non ha potuto richiamare la legge 194/78, per la quale l’obiezione di coscienza può essere invocata solo dopo l’impianto, in caso di gravidanza diagnosticata. Analogamente, non essendoci la certezza dell’embrione, il CNB non può invocare la legge 40/2004, che riguarda condizioni determinate dal medico, nelle quali l’embrione è una presenza certa.
Così, per pronunciarsi a favore della possibilità di non prescrivere la pillola del giorno dopo, il CNB richiama esclusivamente l’art. 19 del Codice di Deontologia Medica, per il quale il medico “può rifiutare la propria opera” qualora “vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o le sue convinzioni cliniche”, con una interpretazione così estensiva che, se applicata con coerenza, rischia di condurre alla paralisi. Il CNB fa riferimento alla “coscienza” e non esclusivamente al “convincimento clinico”, che implicherebbe una certa plausibilità, mentre per la “clausola di coscienza” è sufficiente un dubbio teorico sui possibili effetti post-fertilizzazione.
Il CNB confonde la non escludibilità teorica che un evento possa accadere, con la probabilità, piccola o grande, ma dimostrabile, che l’evento possa accadere realmente.
“Scienza e coscienza” è cosa molto diversa da “scienza o coscienza”: il CNB ha scelto la seconda formulazione: il medico può far prevalere a sua scelta la scienza o la coscienza; le convinzioni cliniche o la coscienza.
Una “o” al posto di una “e” e cambia tutto il senso di un ragionare.

Come hanno notato i giudici della tanto citata (a sproposito) sentenza del TAR del Lazio (sentenza n. 8465/2001), la legge 194/1978 regola l’interruzione volontaria di gravidanza. Il sottolineare la volontarietà nell’interrompere il decorso di un evento, mette in evidenza che ci sia consapevolezza dell’evento.
In altre parole, la legge regola i casi in cui una donna, consapevole di essere in gravidanza, possa abortire (dopo l’espletamento dell’iter previsto dalla normativa).
L’assunzione della CE interviene in un momento in cui c’è solo l’ipotesi che possa avvenire la fecondazione. Nulla si sa se essa è avvenuta e se l’eventuale ovulo fecondato stia felicemente navigando verso le ospitali mucose uterine.
Il richiamo alla legge n. 194/1978 è quindi infondato sotto ogni punto di vista. Non si sa se la gravidanza ha avuto inizio, quale che sia il momento dal quale s'intende fare iniziare la gravidanza. Il presupposto di base è il momento dal quale la donna inizia ad avere nozione dello stato di gravidanza: ciò presuppone l’annidamento dell’ovulo fecondato; da questo momento è diagnosticabile lo stato di gravidanza; da questo momento entra in gioco la volontà e la determinazione della donna rispetto alla gravidanza.
Quindi, non c'è aborto perché non c'è certezza della fecondazione e neanche dello stato di gravidanza. I giudici proseguono rilevando che analoghe obiezioni non sono sollevate a proposito di IUD e spirale che certamente hanno la funzione di impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato.
Non c’è pertanto alcuna violazione della normativa vigente, mentre rimane il problema etico che ciascuno è libero di regolare come ritiene più opportuno. O vogliamo che per legge una indicazione etica diventi obbligo per tutti?
Come mai coloro che si affannano tanto contro la CE non hanno la stessa determinazione nei confronti di altri contraccettivi che impediscono l’annidamento dell’ovulo fecondato?

Sempre sul tema della già citata sentenza, ricordo che in quella occasione i giudici hanno semplicemente disposto la riscrittura del foglietto illustrativo: non basta specificare che la CE (in quel caso il Norlevo) agisce "bloccando l'ovulazione o impedendo l'impianto” ma bisogna aggiungere “dell’ovulo fecondato”. L’espressione “impedendo l’impianto” se fosse stata seguita dalle parole “dell’ovulo fecondato” avrebbe soddisfatto ogni esigenza. Ma se tale affermazione, “impedendo l’impianto”, è scritta a conclusione di un testo che descrive l’azione del farmaco, testo in cui si fa riferimento a ovulazione e fecondazione, di quale impianto dovrebbe trattarsi se non dell’ovulo fecondato?
Per dirla “all’americana” ben venga “l’istruzione a prova di cretino”, ma in definitiva di tutto l’impianto accusatorio è rimasta una piccola censura, facilmente risolta, che potrebbe essere estesa a moltissime specialità farmaceutiche ed etichette in genere.
Mi sembra che il rilievo del TAR attenga più all’ambito del diritto del consumatore, a una informazione chiara, semplice e completa, che non alle questioni giuridiche ed etiche sollevate.
Ben venga questa attenzione e auguriamoci che sia estesa a ogni ambito di tutela del consumatore.

A scanso di equivoci, ribadisco che non c’è alcuna prova che la CE agisca impedendo l’impianto dell’ovulo fecondato, ma le aziende farmaceutiche preferiscono assumere questa linea di prudenza e non impegnare ingenti risorse finanziarie in ricerche su ipotetici effetti post-fertilizzazione, poiché, da un lato, non è mai stato affermato in nessun documento scientifico che la CE provochi l’aborto e dall’altro lato agli oppositori non interessano le risultanze scientifiche poiché fanno leva su una convinzione ideale o religiosa. Preferiscono quindi lasciare al consumatore la soluzione di ogni questione etica.

Infine, l’OMS ha inserito la CE nella “classe 1”, in altre parole “senza restrizioni d’uso”, perché soddisfa tutti i criteri che caratterizzano un “prodotto da banco”: tossicità molto bassa, nessun rischio di sovradosaggio, nessuna dipendenza, nessuna necessità di accertamenti medici, né di monitoraggio della terapia, non significative controindicazioni mediche, non teratogeno, facile identificazione del bisogno, semplice da usare, dosaggio preciso, nessuna interazione farmacologica di rilievo, nessun pericolo in caso di assunzione impropria e minime conseguenze in caso di uso ripetuto o ravvicinato nel tempo.
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