A cosa serve frequentare ancora le università? Le tasse ed
i libri costano, i giovani non hanno lavoro, non si impara
niente di pratico... e a quanto pare neanche di teorico
informato, si fanno i test-che già di per sé-fanno ridere
tipo quoziente d'intelligenza alla statunitense-con
risultati errati...dicono oggi i giornali...
Ragazzi facciamo l'idraulic*, l'eletticist*, il/la
murator*-costrutt*, il/la ciabattin*, il-la sart* ecc, ecc,
ecc, e soprattutto coltiviamoci l'orto sui balconi! Possiamo
anche andare avvolti in un lenzuolo o nudi, con le cioce, ma
il buon nutrimento magari vegano è irrinunciabile!
5 settembre 2009 16:01 - ivana4309
Per mah: Allora visto che in Italia abbiamo molti immigrati
con figli che frequentano la scuola sarebbe il caso di
insegnare anche i loro dialetti insieme ai nostri! Sai come
verrebbe valorizzata la diversità e si riuscirebbe anche a
dare un posto di lavoro a tanti precari.
3 settembre 2009 19:59 - depresso
Italiano e inglese sono sicuramente la base per comunicare
dentro e fuori i confini dell'Italia.
Ma spiegatemi come si fa ad imparare l'italiano a scuola?.
Già i problemi c'erano prima che arrivasse la Gelmini, ora,
con i tagli sulla scuola (37.200 posti di insegnanti in meno
solo per il corrente anno scolastico), come si fa ad
imparare di più e meglio?
Viviamo in un'epoca nella quale dobbiamo rimpiangere sempre
chi c'era prima come nella favola della vecchietta e il
tiranno di Siracusa.
La Moratti, quando era Ministro della P.I. aveva capito che
non sono i tagli a migliorare la scuola ma una riforma
globale dei metodi e dei contenuti e istituì una
commissione ad hoc di esperti , la stessa cosa aveva fatto,
precedentemente, Berlinguer.
Ricordo bene che, quando Tremonti presentò i tagli, la
Ministra (Moratti) minacciò di dimettersi ed era pronta a
farlo, e i tagli sparirono quasi del tutto.
La Gelmini si è prostrata. Non un intervento sui contenuti,
non un'indicazione sulle metodologie, tagli e basta.
Un insegnante di lettere in 9 ore + 1 di approfondimento
settimanali deve insegnare: Italiano, Storia, Geografia, Ed.
Civica ed educazione (e basta); aggiungiamo il dialetto
(ovviamente per ogni paesino il suo) e magari il latino che
è comunque la madre di tutti i dialetti e i nostri ragazzi
diventeranno delle schegge.
3 settembre 2009 0:00 - mah
Penso che sarebbe più utile una lingua che unisca la razza
umana piuttosto che accentuare le divisioni. ---
non si tratta di accentuare divisioni ma di valorizzare
diversità, tradizioni, cultura. lo diciamo
dell'immigrazione e poi vogliamo cancellare la nostra?
2 settembre 2009 0:00 - Ivana
Come sono cambiati i tempi: Quando andavo a scuola io gli
insegnanti dicevano che non parlavamo bene l'italiano
perchè eravamo abituati ad esprimerci in dialetto! Io
personalmente parlo molto il dialetto del mio paese, a casa
lo parliamo tutti, non ritengo che sia una cosa da studiare
a scuola, si impara e basta, ho un collega di Benevento che
parla il dialetto veneto come me, conosco una ragazza
siciliana che anche lei non scherza, sembra nata qua e
potrei continuare con altri esempi, quindi non vedo
assolutamente l'utilità di insegnare il dialetto a
scuola, inoltre, come è già stato detto da altri il
dialetto cambia da un paese all'altro, anche a distanza
di pochi chilometri, a volte anche di pochi metri, la scelta
di quale forma privilegiare nell'insegnamento non
sarebbe facile, inoltre andrebbe a scapito delle altre dello
stresso territorio alla faccia della tradizione e delle
radici che si vorrebbero salvaguardare. Penso che sarebbe
più utile una lingua che unisca la razza umana piuttosto
che accentuare le divisioni.
2 settembre 2009 0:00 - mah
in effetti la cosa terribile è che all'università
arrivi (e quindi si laurei) gente quasi analfabeta, gli
errori grammaticali fanno spesso ribrezzo!!! e qui non
c'entra nulla l'alternativa col dialetto.
1 settembre 2009 0:00 - paolo simpaticante leghista ma non sempr
nel veneto il 95% della popolazione parla dialetto con varie
cadenze da zona a zona ,non concordo per il dialetto come
lingua da imparare ma salvaguardare le nostre tradizioni si
..nota dolente l'immigrato che arriva in italia impara
prima il dialetto è forse dopo l'italiano
1 settembre 2009 0:00 - Tah Legah
Legate la Lega Slegate la Lega Affogate La Lega Gettate La
Lega Chi lega La Lega?
1 settembre 2009 0:00 - castalia
L'italiano! Questo sconosciuto!! Da una parte ci
dicono che dobbiamo imparare i dialetti, dall'altra
vogliono fare corsi di recupero di grammatica italiana (ma
non dovrebbero insegnarla fin dalle elementari?) per coloro
che si iscrivono all'univerisità; mi sembra
contradittorio o sbaglio? Tra l'altro, sia alla
televisione sia sui giornali, si sentono e si leggono
strafalcioni a non finire da parte di giornalisti che non
conoscono affatto il nostro idioma, io credevo che fosse
essenziale per questo svolgere questo mestiere conoscere
bene la lingua nazionale!! Che ingenua!!!.
1 settembre 2009 0:00 - Uno di passaggio
Premesso che sono contrario all'introduzione dei
"dialetti" nel curriculum scolastico, non posso
non notare il grave errore del signor Donvito quando dice
che "il dialetto, di per sé, ha sempre una
derivazione da una lingua madre (altrimenti diventa lingua
come quelle in Sardegna, che è un'altra
cosa)". Quello che chiamiamo "lingua
italiana" non è altro che il volgare fiorentino
letterario standardizzato, sviluppatosi parallelamente agli
altri volgari neolatini parlati in Italia e poi assurto a
lingua nazionale. Il dialetto barese o il dialetto torinese
non sono derivazioni della lingua italiana, sebbene la
parola tradizionalmente usata suggerisca questo, ma parlate
neolatine storicamente sorelle del fiorentino. Che la
lingua sarda sia considerata lingua a sé non toglie che
anche il veneto – per esempio – sia considerato tale: e
infatti, anche la lingua veneta è classificata come
"lingua" da SIL/Ethnologue
[http://www.ethnologue.com/show_language.asp?code=vec].
Questi etnolinguisti riconoscono – pur discutibilmente –
come "lingua" ogni continuum dialettale presente
in Italia
[http://www.ethnologue.com/show_country.asp?name=IT], anche
in mancanza di un modello comune di correttezza linguistica,
che manca anche alle parlate sarde: tuttavia, l'attuale
legge italiana sulle minoranze linguistiche storiche dà
rilevanza, tra le due, solo al sardo
[http://www.camera.it/parlam/leggi/99482l.htm]. Ma è
proprio la mancanza di standardizzazione, la loro grande
frammentazione (pur nella raggruppabilità delle parlate)
che rende – a mio parere – scarsamente praticabile
l'insegnamento delle "lingue locali" o
"dialetti"; non certo la loro contrapposizione con
l'insegnamento dell'italiano o dell'inglese o di
qualsivoglia altra materia.
1 settembre 2009 0:00 - francesco
L'Italia è sempre rimasto una stato diviso, un gruppo
di regioni ognuna scollegata dall'altra e ognuna
disinteressata al bene collettivo dello stato (come
dimostrano le amministrazioni locali)
L'Italia la si sarebbe potuta chiamare "le regioni
unite d'europa" (parafrasando gli USA) ma il popolo
sarebbe insorto affermando che: loro sono unite "per il
cavolo" che i marchigiani con quei "terroni"
dell'abruzzo non vogliono averci niente a che fare, che
i toscani con gli emiliani nemmeno ci parlano, che i veneti
non hanno niente da spartire con i pugliesi e con i sardi
... e così via
Il campanilismo e la mancanza di
uno stato compatto unito mosso dall'interesse per la
collettività nazionale, sono uno dei problemi maggiori
dell'Italia (che di problemi ne ha a dismisura) e il
dialetto è una cultura morta, una circostanza dettata dalla
mancanza di unità e un ulteriore ragione per sentiri meno
uniti o fomentare sempre più disunione.
L'Italia è uno degli stati dove lo studio della lingua
inglese è dei più approssimativi, dove pochissime persone
parlano correttamente l'inglese o navigano nei siti
stranieri, dove uno studente del terzo anno di liceo parla
(se lo parla) un inglese che è inferiore al livello a cui
lo parla uno studente della terza elementare di un'altra
nazione. Imparare l'inglese è una priorità. Finito
quello c'è sempre il francese, lo spagnolo, il tedesco
... una dozzina di lingue mille volte più importanti e vive
di una dialetto obsoleto e culturalmente morto (ormai
scriviamo e comunichiamo in italiano universale).Utile
sarebbe eliminare le ore di religione e insegnare invece di
più agli studenti l'educazione sessuale.Ho parlato.
31 agosto 2009 0:00 - giovanni tirelli
concordo con la Sua nota,puntuale,scritta in modo chiaro,e
corretto:dimostrazione che si puo' informare senza
urlare,e non dicendo nulla, come molta stampa e
telegiornali.Posso condividere,citando la fonte,articoli
utili come questo? Contento di averVi scoperto,Vi ho
collocato tra i preferiti e Vi seguiro'.Grazie
30 agosto 2009 0:00 - mah
Già ci sono certi paesi che mettono il cartello col nome
del paese in dialetto, già ho sentito impiegate comunali
che rispondono al telefono in dialetto, direi che
incentivare l'uso del dialetto a scapito della lingua
italiana --- ma di cosa parliamo? avete evidenze
del fatto che verrà meno l'insegnamento
dell'italiano? allora non insegnamo la lingua
straniera per imparare meglio l'italiano!!!! su,
una cosa non esclude l'altra. soprattutto i ragazzi
hanno infinite capacità di apprendimento.
30 agosto 2009 0:00 - Lega
Legateli e poi affo ndateli
30 agosto 2009 0:00 - scocciato
Verissimo, Danilo. Quando scrivo non faccio malacopia, vado
in diretta. Probabilmente quella frase l'avrei voluta
scrivere, a meglio rileggerla, in maniera diversa e
l'inciso non ci stava in quanto la frase filava bene
come tu l'hai riproposta. Devo, peraltro, ammettere
che non sono un letterato anche se mi piace la lingua
italiana e il sentir parlare corretto; come mi piacciono
anche le lingue straniere. Entro in questi argomenti non per
fare il saputo, ma per dire la mia opinione, meglio se
espressa correttamente ed accetto le giuste osservazioni e i
miglioramenti. Discorso a parte sono gli errori di
digitazione o derivati dallo scrivere in fretta, ma si
comprendono. Per ritornare al tema, la mia impressione
sull'introduzione dei dialetti è negativa; il vernacolo
della mia zona (Romagna) è ostico, variegatissimo,
ricchissimo di sfumature, con pronuncie che possono variare
da zona a zona anche su brevi distanze. Che insegnante
metteremmo nelle circoscrizioni a cavallo dei confini? Un
povero diavolo che ha avuto assegnazioni fuori zona? Il
romagnlo che si parla a Brisighella è molto diverso da
quello di Modigliana, l'idioma di Faenza si discosta dal
Forlivese o dal Cervese, per non parlare del Cesenate o
Riminese; i dialetti parlati ai confini con l'Emilia,
sono fortemente e completamente differenti da quelli
parlati poco oltre e le pronuncie anche peggio. Insomma
l'Italia è una torre di Babele ove non c'è un
dialetto unico ed uguale per ogni Regione o Provincia, per
cui, a prescindere dall'assoluta inutilità pratica e
culturale di questa, quasi di sapore autarchico, proposta,
ritengo essa irrealizzabile, fuori luogo e tempo,
ingestibile, demagogica, di sapore razzista ed anche
piuttosto sciocca. Come qualcuno ha già detto, le
scuole sono e sempre più lo saranno, miscugli di culture le
più disparate; cosa servirebbe, a prescindere dalla
difficoltà soggettiva sia dell'insegnante che
dell'alunno, fare imparare a un cinese, o a un russo, o
ad un rumeno, o un ghanese, ma anche a un milanese, un
"ma va a morì ammazzado" o un paio di centinaia
di parole(e relative pronuncie)di un incomprensibile e
"imbastardito" dialetto locale?
29 agosto 2009 0:00 - danilo
per scocciato:
cito
"...ma solo
per dimostrare che, voler parlare o scrivere bene, è
difficile specie se l'essere quasi illetterati non
comporta molte conseguenze. "
io non avrei
intercalato la frase punteggiando con le virgole: interrompe
il senso dello scritto inutilmente, non credi?
-ma solo per dimostrare che voler parlare o scrivere bene è
difficile, specie se l'essere quasi illetterati non
comporta molte conseguenze.-
per il resto, credo
che la proposta idiota dello studio dei dialetti a scuola,
oltre ad essere impraticabile ( quale è il titolo di
studio richiesto ai docenti, e chi sarebbero costoro ?
),porti alla chiusura totale di scambi culturali tra le
varie regioni e tra le genti di questa disgraziata
nazione; ed è quello di cui abbiamo meno bisogno, in questo
momento.
danilo.
29 agosto 2009 0:00 - Lega
Quando la lega si interessava ad altre cose ...
http://www.youtube.com/watch?v=Rs6HKS92NBA
29 agosto 2009 0:00 - Maria
In linea di massima, sarebbe anche giusto preservare le
radici culturali di un territorio, ma pretendere come
materia scolatistica lo studio dei dialetti mi sembra
francamente una forzatura. E, comunque, la Lega si
rende conto della multirazzialità con cui vengono formate,
da un decennio a questa parte le classi a partire dalle
elementari?. Ci sono bambini arabi, cinesi, filippini e chi
più ne ha più ne metta. Invece di pretendere che
l'insegnamento della lingua italiana sia più rigoroso
ed attento, si blatera di studio dei dialetti, che in un
mondo sempre più globalizzato non so quanta utilità possa
avere nel futuro degli studenti. Sarei più daccordo
con l'insegnamento più serio e capillare della lingua
inglese, che per quanto possa suscitare rigurgiti
nazionalistici ("Perchè l'inglese? Finiranno per
ammazzare le lingue nazionali ecc.ecc.), sicuramente nel
futuro lavorativo e nei contatti con altri Paesi
consentirebbe ai nostri ragazzi più possibilità ed
eviterebbe figure tipo: "noio vulevon savuàr" di
decurtisiana memoria.
29 agosto 2009 0:00 - scocciato
La lingua italiana è difficile, ma lo sono anche il
tedesco, il francese o il latino lasciando, ovviamente, da
parte lingue esotiche. La lingua è come la matematica. Se
non ti sono state inculcate, per amore o per forza, le basi,
sarai sempre una mezza cartuccia lessicale; purtroppo
parlare forbito e senza errori viene considerato quasi un
motivo di "fuori tempo". Nessuno considera più
una lingua come una "legge" come una sorta di
Vangelo(per i credenti) da seguire ed ottemperare ad ogni
costo, superando la psicosi che riconduce al concetto di
emulazione della trasgressione, della vergogna di essere il
solo che parla correttamente, quando il branco, la moda, il
mescolamento dei popoli non lo fa più anche se viene
accettato il principio della trasformazione e
dell'evoluzione della lingua. Prende sempre più
piede il principio secondo cui imparare costa fatica,
inutile dedizione, capacità e motivazione troppo onerose,
inutilità di imparare cose che risulteranno non
determinanti, tanto si capisce lo stesso (esempio sono gli
sms); eppoi i "mass-media", i politici, il mondo
pubblico che ci circonda ormai sono riusciti ad imporre
linguaggi, quasi idiomi, da vergogna e di caratteristiche
irreversibili. Lavinia, nessuno è perfetto, ma va per
forza accettata la dura realtà, non per deposizione delle
armi, ma perchè il fondamento è derivato da mode che
diventano norme. Tu stessa scrivi: direi che
incentivare l'uso del dialetto a scapito della lingua
italiana non è una grande idea. Son d'accordo sul
principio, ma io avrei scritto: ....direi che incentivare
l'uso del dialetto a scapito della lingua italiana non
sia una grande idea. Questo perchè, benchè il verbo
"dire" di norma regga l'indicativo, nel
contesto espresso dianzi, proferito come "direi" e
quindi con senso di eventualità e di dubbio o di propria
impressione, possa essere ricondotto a reggere il
congiuntivo. Non volermene per questa mia impressione;
ma solo per dimostrare che, voler parlare o scrivere bene,
è difficile specie se l'essere quasi illetterati non
comporta molte conseguenze. Speriamo che parte delle nuova
riforma della scuola, vista l'ignoranza degli
intervistati, che sembrano quasi vantarsene, conduca
finalmente a miglior educazione. Certo che, se si potesse
fare per confronto virtuale un paragone tra laureati
linguistici(che non amazzano nessuno) e laureati medici(per
esempio) la nostra salute starebbe, per così dire, in
cattive mani.
29 agosto 2009 0:00 - depresso
Ripropongo un post che ho scritto in un forum precedente
perché mi sembra che possa adattarsi anche a questo e
perché la mia idea non è cambiata
"La
scuola è di nuovo al centro dell'attenzione, questo mi
fa piacere. Non è che si parli dei contenuti della
cosiddetta riforma o di come rendere la scuola più
efficiente, questo no, ma l'importante è che se ne
parli.
Il merito va indubbiamente alla lega che
ogni tanto tira fuori un coniglio dal cilindro e, via...,
tutti a commentare. Questa volta si parla di dialetto a
scuola.
E' il solito modo rozzo di esporre le
cose da parte della lega che dà fastidio! Perché deve
assumere necessariamente quell'accento razzista che
mette istintivamente molte persone contro? Perché lo è o
perché ci fa? Eppure, se analizziamo con più
attenzione il significato di questa uscita, sotto un aspetto
diverso, possiamo anche essere d'accordo.
Un
insegnante,un preside, non importa se del nord o del sud,
deve conoscere la sua scuola, i suoi alunni, il contesto in
cui opera, la richiesta formativa che viene dal territorio.
Se, inizialmente, non ne conosce i contorni, deve colmare
subito il gap. Un insegnante con una forte inflessione
o con un intercalare dialettale esagerato, qualunque
dialetto si parli, non è il massimo per un corretto
insegnamento né dell'italiano né di qualsiasi altra
disciplina.
Il dialetto, tuttavia, è una
risorsa, ha una sua dignità sempre ma a scuola non può
venire prima della lingua nazionale, ex - post, può
diventare una riflessione sulla lingua, un'analisi
comparata di termini e di costrutti, una ricerca
etimologica, un'indagine sulla storia e sulle tradizioni
del paese, della città, della regione. Tutto questo
serve per far acquisire conoscenze ed arricchire la
formazione degli alunni."
29 agosto 2009 0:00 - Lavinia
mah, perdonami, ma credo si parli di alternative. Come
pretendi che dei ragazzi che vivono in italia, che studiano
italiano dalla scuola elementare con scarsi risultati(non
riconoscono la differenza fra "ha"-v.avere- e
"a" -congiunzione-, che non sanno mai dove mettere
la i -e scrivono strafalcioni tipo fascie, deficente- e che
non hanno la più pallida idea di cosa sia il congiuntivo
-sempre più spesso si sentono orrori tipo "se sarei
lì" o "se venivo lì")imparino anche il
dialetto, e una lingua straniera?(perché sono convinta che
nel mondo di oggi almeno l'inglese serva...) Già
ci sono certi paesi che mettono il cartello col nome del
paese in dialetto, già ho sentito impiegate comunali che
rispondono al telefono in dialetto, direi che incentivare
l'uso del dialetto a scapito della lingua italiana non
è una grande idea. E comunque, mi piacerebbe sapere
come si troverebbero i famigerati insegnanti di dialetto.
Esiste un corso di laurea del genere?
28 agosto 2009 0:00 - mah
roba da non credere, invece di rafforzare lo studio
dell'italiano, parlato male soprattutto da giovani ed
anche (ahinoi) dai giornalisti, si pensa allo studio del
dialetto. --- ma perchè "invece"? chi
ha mai parlato di alternative? continuate a ragionare
come se una cosa escludesse l'altra, come se non fosse
utile studiare matematica perchè bisogna studiare
l'italiano! comunque hai già fatto un passo oltre,
in realtà. il problema sta nel trovare e pagare gli
insegnanti?
28 agosto 2009 0:00 - giuseppe amato
SONO DACCORDO CON LO STUDIO DEI DIALETTI, NON PERCHE'
E' UN'IDEA DELLA LEGA, MA UNA MIA OPINIONE. IO SONO
DEL SUD E AL SUD E' PIU' RADICATO L'USO DEL
DIALETTO MA COL TEMPO COSI' COME STA SUCCEDENDO AL NORD
ANDREMO MAN MANO VERSO LO STESSO PROBLEMA CHE NON
RICORDEREMO PIU' LE NOSTRE RADICI, PER L'INGLESE
PENSO CHE ANCHE SE LO PARLO NON DEBBA ESSERE LA LINGUA
DOMINANTE. PENSO COL TEMPO A CAUSA DELL'INGLESE,
PERDEREMO MOLTO DELLA NOSTRA LINGUA.
28 agosto 2009 0:00 - manar
roba da non credere, invece di rafforzare lo studio
dell'italiano, parlato male soprattutto da giovani ed
anche (ahinoi) dai giornalisti, si pensa allo studio del
dialetto. In Italia ci sono poco meno di 9000 piccole e
grandi città dove vige un proprio dialetto, anche se queste
città appartengono alla stessa Regione ed anche alla stessa
Provincia, ebbene dovremo assumere poco meno di 9000
insegnanti di dialetto per poi far cosa? Per continuare a
parlare in dialetto nella propria città? Ma Bossi non ha un
programma un po più serio ed utile?
27 agosto 2009 0:00 - Piero
E' triste constatare che, avvicinandosi il 2011 in cui
celebreremo 150 anni dall'unità d'Italia, la nostra
lingua, che della nostra unità è frutto e simbolo, è
ormai stata massacrata dai vari tecnicismi, dalla TV e
recentemente dalla voga degli sms e della posta elettronica.
Ho una certa invidia per i francesi che chiamano
"ordinateur" un PC et "courrier" una
e-mail. Invece della conoscenza dei dialetti (patrimonio
culturale di grande valore solo se non disgiunto dalla
cultura preindustriale in cui si è sviluppato), credo che
l'iscrizione obbligatoria all'Accademia della Crusca
per tutti i nostri docenti sarebbe un buon antidoto contro
l'imbarbarimento e l'impoverimento apparentemente
irreversibili della nostra lingua. A provocazione rispondo
con provocazione di uguale portata.
27 agosto 2009 0:00 - mah
che nesso c'è tra il sapere l'inglese e il
dialetto? una cosa esclude l'altra? ci impegniamo
tanto per salvaguardare tradizioni e cultura degli immigrati
e poi vogliamo annullare le nostre? perchè? siamo proprio
un popolo curioso e autolesionista.
l'informazione di Stato in dialetto --- questa
cosa è proprio curiosa... da dove deriva?