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12 settembre 2009 18:46 - lucillafiaccola1796
A cosa serve frequentare ancora le università? Le tasse ed i libri costano, i giovani non hanno lavoro, non si impara niente di pratico... e a quanto pare neanche di teorico informato, si fanno i test-che già di per sé-fanno ridere tipo quoziente d'intelligenza alla statunitense-con risultati errati...dicono oggi i giornali...
Ragazzi facciamo l'idraulic*, l'eletticist*, il/la murator*-costrutt*, il/la ciabattin*, il-la sart* ecc, ecc, ecc, e soprattutto coltiviamoci l'orto sui balconi! Possiamo anche andare avvolti in un lenzuolo o nudi, con le cioce, ma il buon nutrimento magari vegano è irrinunciabile!
5 settembre 2009 16:01 - ivana4309
Per mah: Allora visto che in Italia abbiamo molti immigrati con figli che frequentano la scuola sarebbe il caso di insegnare anche i loro dialetti insieme ai nostri! Sai come verrebbe valorizzata la diversità e si riuscirebbe anche a dare un posto di lavoro a tanti precari.
3 settembre 2009 19:59 - depresso
Italiano e inglese sono sicuramente la base per comunicare dentro e fuori i confini dell'Italia.
Ma spiegatemi come si fa ad imparare l'italiano a scuola?. Già i problemi c'erano prima che arrivasse la Gelmini, ora, con i tagli sulla scuola (37.200 posti di insegnanti in meno solo per il corrente anno scolastico), come si fa ad imparare di più e meglio?
Viviamo in un'epoca nella quale dobbiamo rimpiangere sempre chi c'era prima come nella favola della vecchietta e il tiranno di Siracusa.
La Moratti, quando era Ministro della P.I. aveva capito che non sono i tagli a migliorare la scuola ma una riforma globale dei metodi e dei contenuti e istituì una commissione ad hoc di esperti , la stessa cosa aveva fatto, precedentemente, Berlinguer.
Ricordo bene che, quando Tremonti presentò i tagli, la Ministra (Moratti) minacciò di dimettersi ed era pronta a farlo, e i tagli sparirono quasi del tutto.
La Gelmini si è prostrata. Non un intervento sui contenuti, non un'indicazione sulle metodologie, tagli e basta.
Un insegnante di lettere in 9 ore + 1 di approfondimento settimanali deve insegnare: Italiano, Storia, Geografia, Ed. Civica ed educazione (e basta); aggiungiamo il dialetto (ovviamente per ogni paesino il suo) e magari il latino che è comunque la madre di tutti i dialetti e i nostri ragazzi diventeranno delle schegge.
3 settembre 2009 0:00 - mah
Penso che sarebbe più utile una lingua che unisca la razza umana piuttosto che accentuare le divisioni.
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non si tratta di accentuare divisioni ma di valorizzare diversità, tradizioni, cultura.
lo diciamo dell'immigrazione e poi vogliamo cancellare la nostra?
2 settembre 2009 0:00 - Ivana
Come sono cambiati i tempi: Quando andavo a scuola io gli insegnanti dicevano che non parlavamo bene l'italiano perchè eravamo abituati ad esprimerci in dialetto! Io personalmente parlo molto il dialetto del mio paese, a casa lo parliamo tutti, non ritengo che sia una cosa da studiare a scuola, si impara e basta, ho un collega di Benevento che parla il dialetto veneto come me, conosco una ragazza siciliana che anche lei non scherza, sembra nata qua e potrei continuare con altri esempi, quindi non vedo assolutamente l'utilità di insegnare il dialetto a scuola, inoltre, come è già stato detto da altri il dialetto cambia da un paese all'altro, anche a distanza di pochi chilometri, a volte anche di pochi metri, la scelta di quale forma privilegiare nell'insegnamento non sarebbe facile, inoltre andrebbe a scapito delle altre dello stresso territorio alla faccia della tradizione e delle radici che si vorrebbero salvaguardare. Penso che sarebbe più utile una lingua che unisca la razza umana piuttosto che accentuare le divisioni.
2 settembre 2009 0:00 - mah
in effetti la cosa terribile è che all'università arrivi (e quindi si laurei) gente quasi analfabeta, gli errori grammaticali fanno spesso ribrezzo!!!
e qui non c'entra nulla l'alternativa col dialetto.
1 settembre 2009 0:00 - paolo simpaticante leghista ma non sempr
nel veneto il 95% della popolazione parla dialetto con varie cadenze da zona a zona ,non concordo per il dialetto come lingua da imparare ma salvaguardare le nostre tradizioni si ..nota dolente l'immigrato che arriva in italia impara prima il dialetto è forse dopo l'italiano
1 settembre 2009 0:00 - Tah Legah
Legate la Lega Slegate la Lega Affogate La Lega Gettate La Lega Chi lega La Lega?
1 settembre 2009 0:00 - castalia
L'italiano! Questo sconosciuto!!
Da una parte ci dicono che dobbiamo imparare i dialetti, dall'altra vogliono fare corsi di recupero di grammatica italiana (ma non dovrebbero insegnarla fin dalle elementari?) per coloro che si iscrivono all'univerisità; mi sembra contradittorio o sbaglio?
Tra l'altro, sia alla televisione sia sui giornali, si sentono e si leggono strafalcioni a non finire da parte di giornalisti che non conoscono affatto il nostro idioma, io credevo che fosse essenziale per questo svolgere questo mestiere conoscere bene la lingua nazionale!! Che ingenua!!!.
1 settembre 2009 0:00 - Uno di passaggio
Premesso che sono contrario all'introduzione dei "dialetti" nel curriculum scolastico, non posso non notare il grave errore del signor Donvito quando dice che "il dialetto, di per sé, ha sempre una derivazione da una lingua madre (altrimenti diventa lingua come quelle in Sardegna, che è un'altra cosa)".
Quello che chiamiamo "lingua italiana" non è altro che il volgare fiorentino letterario standardizzato, sviluppatosi parallelamente agli altri volgari neolatini parlati in Italia e poi assurto a lingua nazionale. Il dialetto barese o il dialetto torinese non sono derivazioni della lingua italiana, sebbene la parola tradizionalmente usata suggerisca questo, ma parlate neolatine storicamente sorelle del fiorentino.
Che la lingua sarda sia considerata lingua a sé non toglie che anche il veneto – per esempio – sia considerato tale: e infatti, anche la lingua veneta è classificata come "lingua" da SIL/Ethnologue [http://www.ethnologue.com/show_language.asp?code=vec]. Questi etnolinguisti riconoscono – pur discutibilmente – come "lingua" ogni continuum dialettale presente in Italia [http://www.ethnologue.com/show_country.asp?name=IT], anche in mancanza di un modello comune di correttezza linguistica, che manca anche alle parlate sarde: tuttavia, l'attuale legge italiana sulle minoranze linguistiche storiche dà rilevanza, tra le due, solo al sardo [http://www.camera.it/parlam/leggi/99482l.htm].
Ma è proprio la mancanza di standardizzazione, la loro grande frammentazione (pur nella raggruppabilità delle parlate) che rende – a mio parere – scarsamente praticabile l'insegnamento delle "lingue locali" o "dialetti"; non certo la loro contrapposizione con l'insegnamento dell'italiano o dell'inglese o di qualsivoglia altra materia.
1 settembre 2009 0:00 - francesco
L'Italia è sempre rimasto una stato diviso, un gruppo di regioni ognuna scollegata dall'altra e ognuna disinteressata al bene collettivo dello stato (come dimostrano le amministrazioni locali)

L'Italia la si sarebbe potuta chiamare "le regioni unite d'europa" (parafrasando gli USA) ma il popolo sarebbe insorto affermando che: loro sono unite "per il cavolo" che i marchigiani con quei "terroni" dell'abruzzo non vogliono averci niente a che fare, che i toscani con gli emiliani nemmeno ci parlano, che i veneti non hanno niente da spartire con i pugliesi e con i sardi ... e così via

Il campanilismo e la mancanza di uno stato compatto unito mosso dall'interesse per la collettività nazionale, sono uno dei problemi maggiori dell'Italia (che di problemi ne ha a dismisura) e il dialetto è una cultura morta, una circostanza dettata dalla mancanza di unità e un ulteriore ragione per sentiri meno uniti o fomentare sempre più disunione.

L'Italia è uno degli stati dove lo studio della lingua inglese è dei più approssimativi, dove pochissime persone parlano correttamente l'inglese o navigano nei siti stranieri, dove uno studente del terzo anno di liceo parla (se lo parla) un inglese che è inferiore al livello a cui lo parla uno studente della terza elementare di un'altra nazione. Imparare l'inglese è una priorità. Finito quello c'è sempre il francese, lo spagnolo, il tedesco ... una dozzina di lingue mille volte più importanti e vive di una dialetto obsoleto e culturalmente morto (ormai scriviamo e comunichiamo in italiano universale).Utile sarebbe eliminare le ore di religione e insegnare invece di più agli studenti l'educazione sessuale.Ho parlato.
31 agosto 2009 0:00 - giovanni tirelli
concordo con la Sua nota,puntuale,scritta in modo chiaro,e corretto:dimostrazione che si puo' informare senza urlare,e non dicendo nulla, come molta stampa e telegiornali.Posso condividere,citando la fonte,articoli utili come questo?
Contento di averVi scoperto,Vi ho collocato tra i preferiti e Vi seguiro'.Grazie
30 agosto 2009 0:00 - mah
Già ci sono certi paesi che mettono il cartello col nome del paese in dialetto, già ho sentito impiegate comunali che rispondono al telefono in dialetto, direi che incentivare l'uso del dialetto a scapito della lingua italiana
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ma di cosa parliamo? avete evidenze del fatto che verrà meno l'insegnamento dell'italiano?
allora non insegnamo la lingua straniera per imparare meglio l'italiano!!!!
su, una cosa non esclude l'altra. soprattutto i ragazzi hanno infinite capacità di apprendimento.
30 agosto 2009 0:00 - Lega
Legateli e poi affo ndateli
30 agosto 2009 0:00 - scocciato
Verissimo, Danilo. Quando scrivo non faccio malacopia, vado in diretta. Probabilmente quella frase l'avrei voluta scrivere, a meglio rileggerla, in maniera diversa e l'inciso non ci stava in quanto la frase filava bene come tu l'hai riproposta.
Devo, peraltro, ammettere che non sono un letterato anche se mi piace la lingua italiana e il sentir parlare corretto; come mi piacciono anche le lingue straniere. Entro in questi argomenti non per fare il saputo, ma per dire la mia opinione, meglio se espressa correttamente ed accetto le giuste osservazioni e i miglioramenti. Discorso a parte sono gli errori di digitazione o derivati dallo scrivere in fretta, ma si comprendono.
Per ritornare al tema, la mia impressione sull'introduzione dei dialetti è negativa; il vernacolo della mia zona (Romagna) è ostico, variegatissimo, ricchissimo di sfumature, con pronuncie che possono variare da zona a zona anche su brevi distanze. Che insegnante metteremmo nelle circoscrizioni a cavallo dei confini? Un povero diavolo che ha avuto assegnazioni fuori zona? Il romagnlo che si parla a Brisighella è molto diverso da quello di Modigliana, l'idioma di Faenza si discosta dal Forlivese o dal Cervese, per non parlare del Cesenate o Riminese; i dialetti parlati ai confini con l'Emilia, sono fortemente e completamente differenti da quelli parlati poco oltre e le pronuncie anche peggio.
Insomma l'Italia è una torre di Babele ove non c'è un dialetto unico ed uguale per ogni Regione o Provincia, per cui, a prescindere dall'assoluta inutilità pratica e culturale di questa, quasi di sapore autarchico, proposta, ritengo essa irrealizzabile, fuori luogo e tempo, ingestibile, demagogica, di sapore razzista ed anche piuttosto sciocca.
Come qualcuno ha già detto, le scuole sono e sempre più lo saranno, miscugli di culture le più disparate; cosa servirebbe, a prescindere dalla difficoltà soggettiva sia dell'insegnante che dell'alunno, fare imparare a un cinese, o a un russo, o ad un rumeno, o un ghanese, ma anche a un milanese, un "ma va a morì ammazzado" o un paio di centinaia di parole(e relative pronuncie)di un incomprensibile e "imbastardito" dialetto locale?

29 agosto 2009 0:00 - danilo
per scocciato:

cito

"...ma solo per dimostrare che, voler parlare o scrivere bene, è difficile specie se l'essere quasi illetterati non comporta molte conseguenze. "

io non avrei intercalato la frase punteggiando con le virgole: interrompe il senso dello scritto inutilmente, non credi?

-ma solo per dimostrare che voler parlare o scrivere bene è difficile, specie se l'essere quasi illetterati non comporta molte conseguenze.-

per il resto, credo che la proposta idiota dello studio dei dialetti a scuola, oltre ad essere impraticabile ( quale è il titolo di studio richiesto ai docenti, e chi sarebbero costoro ? ),porti alla chiusura totale di scambi culturali tra le varie regioni e tra le genti di questa disgraziata nazione; ed è quello di cui abbiamo meno bisogno, in questo momento.

danilo.
29 agosto 2009 0:00 - Lega

Quando la lega si interessava ad altre cose ...

http://www.youtube.com/watch?v=Rs6HKS92NBA
29 agosto 2009 0:00 - Maria
In linea di massima, sarebbe anche giusto preservare le radici culturali di un territorio, ma pretendere come materia scolatistica lo studio dei dialetti mi sembra francamente una forzatura.
E, comunque, la Lega si rende conto della multirazzialità con cui vengono formate, da un decennio a questa parte le classi a partire dalle elementari?. Ci sono bambini arabi, cinesi, filippini e chi più ne ha più ne metta.
Invece di pretendere che l'insegnamento della lingua italiana sia più rigoroso ed attento, si blatera di studio dei dialetti, che in un mondo sempre più globalizzato non so quanta utilità possa avere nel futuro degli studenti.
Sarei più daccordo con l'insegnamento più serio e capillare della lingua inglese, che per quanto possa suscitare rigurgiti nazionalistici ("Perchè l'inglese? Finiranno per ammazzare le lingue nazionali ecc.ecc.), sicuramente nel futuro lavorativo e nei contatti con altri Paesi consentirebbe ai nostri ragazzi più possibilità ed eviterebbe figure tipo: "noio vulevon savuàr" di decurtisiana memoria.
29 agosto 2009 0:00 - scocciato
La lingua italiana è difficile, ma lo sono anche il tedesco, il francese o il latino lasciando, ovviamente, da parte lingue esotiche. La lingua è come la matematica. Se non ti sono state inculcate, per amore o per forza, le basi, sarai sempre una mezza cartuccia lessicale; purtroppo parlare forbito e senza errori viene considerato quasi un motivo di "fuori tempo". Nessuno considera più una lingua come una "legge" come una sorta di Vangelo(per i credenti) da seguire ed ottemperare ad ogni costo, superando la psicosi che riconduce al concetto di emulazione della trasgressione, della vergogna di essere il solo che parla correttamente, quando il branco, la moda, il mescolamento dei popoli non lo fa più anche se viene accettato il principio della trasformazione e dell'evoluzione della lingua.
Prende sempre più piede il principio secondo cui imparare costa fatica, inutile dedizione, capacità e motivazione troppo onerose, inutilità di imparare cose che risulteranno non determinanti, tanto si capisce lo stesso (esempio sono gli sms); eppoi i "mass-media", i politici, il mondo pubblico che ci circonda ormai sono riusciti ad imporre linguaggi, quasi idiomi, da vergogna e di caratteristiche irreversibili.
Lavinia, nessuno è perfetto, ma va per forza accettata la dura realtà, non per deposizione delle armi, ma perchè il fondamento è derivato da mode che diventano norme.
Tu stessa scrivi: direi che incentivare l'uso del dialetto a scapito della lingua italiana non è una grande idea.
Son d'accordo sul principio, ma io avrei scritto: ....direi che incentivare l'uso del dialetto a scapito della lingua italiana non sia una grande idea.
Questo perchè, benchè il verbo "dire" di norma regga l'indicativo, nel contesto espresso dianzi, proferito come "direi" e quindi con senso di eventualità e di dubbio o di propria impressione, possa essere ricondotto a reggere il congiuntivo.
Non volermene per questa mia impressione; ma solo per dimostrare che, voler parlare o scrivere bene, è difficile specie se l'essere quasi illetterati non comporta molte conseguenze. Speriamo che parte delle nuova riforma della scuola, vista l'ignoranza degli intervistati, che sembrano quasi vantarsene, conduca finalmente a miglior educazione. Certo che, se si potesse fare per confronto virtuale un paragone tra laureati linguistici(che non amazzano nessuno) e laureati medici(per esempio) la nostra salute starebbe, per così dire, in cattive mani.
29 agosto 2009 0:00 - depresso
Ripropongo un post che ho scritto in un forum precedente perché mi sembra che possa adattarsi anche a questo e perché la mia idea non è cambiata

"La scuola è di nuovo al centro dell'attenzione, questo mi fa piacere.
Non è che si parli dei contenuti della cosiddetta riforma o di come rendere la scuola più efficiente, questo no, ma l'importante è che se ne parli.

Il merito va indubbiamente alla lega che ogni tanto tira fuori un coniglio dal cilindro e, via..., tutti a commentare.
Questa volta si parla di dialetto a scuola.

E' il solito modo rozzo di esporre le cose da parte della lega che dà fastidio! Perché deve assumere necessariamente quell'accento razzista che mette istintivamente molte persone contro? Perché lo è o perché ci fa?
Eppure, se analizziamo con più attenzione il significato di questa uscita, sotto un aspetto diverso, possiamo anche essere d'accordo.

Un insegnante,un preside, non importa se del nord o del sud, deve conoscere la sua scuola, i suoi alunni, il contesto in cui opera, la richiesta formativa che viene dal territorio. Se, inizialmente, non ne conosce i contorni, deve colmare subito il gap.
Un insegnante con una forte inflessione o con un intercalare dialettale esagerato, qualunque dialetto si parli, non è il massimo per un corretto insegnamento né dell'italiano né di qualsiasi altra disciplina.

Il dialetto, tuttavia, è una risorsa, ha una sua dignità sempre ma a scuola non può venire prima della lingua nazionale, ex - post, può diventare una riflessione sulla lingua, un'analisi comparata di termini e di costrutti, una ricerca etimologica, un'indagine sulla storia e sulle tradizioni del paese, della città, della regione.
Tutto questo serve per far acquisire conoscenze ed arricchire la formazione degli alunni."
29 agosto 2009 0:00 - Lavinia
mah, perdonami, ma credo si parli di alternative. Come pretendi che dei ragazzi che vivono in italia, che studiano italiano dalla scuola elementare con scarsi risultati(non riconoscono la differenza fra "ha"-v.avere- e "a" -congiunzione-, che non sanno mai dove mettere la i -e scrivono strafalcioni tipo fascie, deficente- e che non hanno la più pallida idea di cosa sia il congiuntivo -sempre più spesso si sentono orrori tipo "se sarei lì" o "se venivo lì")imparino anche il dialetto, e una lingua straniera?(perché sono convinta che nel mondo di oggi almeno l'inglese serva...)
Già ci sono certi paesi che mettono il cartello col nome del paese in dialetto, già ho sentito impiegate comunali che rispondono al telefono in dialetto, direi che incentivare l'uso del dialetto a scapito della lingua italiana non è una grande idea.
E comunque, mi piacerebbe sapere come si troverebbero i famigerati insegnanti di dialetto. Esiste un corso di laurea del genere?
28 agosto 2009 0:00 - mah
roba da non credere, invece di rafforzare lo studio dell'italiano, parlato male soprattutto da giovani ed anche (ahinoi) dai giornalisti, si pensa allo studio del dialetto.
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ma perchè "invece"? chi ha mai parlato di alternative?
continuate a ragionare come se una cosa escludesse l'altra, come se non fosse utile studiare matematica perchè bisogna studiare l'italiano!
comunque hai già fatto un passo oltre, in realtà.
il problema sta nel trovare e pagare gli insegnanti?
28 agosto 2009 0:00 - giuseppe amato
SONO DACCORDO CON LO STUDIO DEI DIALETTI, NON PERCHE' E' UN'IDEA DELLA LEGA, MA UNA MIA OPINIONE. IO SONO DEL SUD E AL SUD E' PIU' RADICATO L'USO DEL DIALETTO MA COL TEMPO COSI' COME STA SUCCEDENDO AL NORD ANDREMO MAN MANO VERSO LO STESSO PROBLEMA CHE NON RICORDEREMO PIU' LE NOSTRE RADICI, PER L'INGLESE PENSO CHE ANCHE SE LO PARLO NON DEBBA ESSERE LA LINGUA DOMINANTE. PENSO COL TEMPO A CAUSA DELL'INGLESE, PERDEREMO MOLTO DELLA NOSTRA LINGUA.
28 agosto 2009 0:00 - manar
roba da non credere, invece di rafforzare lo studio dell'italiano, parlato male soprattutto da giovani ed anche (ahinoi) dai giornalisti, si pensa allo studio del dialetto.
In Italia ci sono poco meno di 9000 piccole e grandi città dove vige un proprio dialetto, anche se queste città appartengono alla stessa Regione ed anche alla stessa Provincia, ebbene dovremo assumere poco meno di 9000 insegnanti di dialetto per poi far cosa? Per continuare a parlare in dialetto nella propria città? Ma Bossi non ha un programma un po più serio ed utile?
27 agosto 2009 0:00 - Piero
E' triste constatare che, avvicinandosi il 2011 in cui celebreremo 150 anni dall'unità d'Italia, la nostra lingua, che della nostra unità è frutto e simbolo, è ormai stata massacrata dai vari tecnicismi, dalla TV e recentemente dalla voga degli sms e della posta elettronica. Ho una certa invidia per i francesi che chiamano "ordinateur" un PC et "courrier" una e-mail. Invece della conoscenza dei dialetti (patrimonio culturale di grande valore solo se non disgiunto dalla cultura preindustriale in cui si è sviluppato), credo che l'iscrizione obbligatoria all'Accademia della Crusca per tutti i nostri docenti sarebbe un buon antidoto contro l'imbarbarimento e l'impoverimento apparentemente irreversibili della nostra lingua. A provocazione rispondo con provocazione di uguale portata.
27 agosto 2009 0:00 - mah
che nesso c'è tra il sapere l'inglese e il dialetto? una cosa esclude l'altra?
ci impegniamo tanto per salvaguardare tradizioni e cultura degli immigrati e poi vogliamo annullare le nostre? perchè? siamo proprio un popolo curioso e autolesionista.

l'informazione di Stato in dialetto
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questa cosa è proprio curiosa... da dove deriva?
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