« PARI E PATTA. O NO? SCHISCIA EL QUATER VITTORIO FELTRI E
UNA MANDRIA DI BUFALE Da L’espresso on line. La prima
patacca accertata è del 1990, ai tempi in cui Vittorio
Feltri dirige “L’Europeo”: un’intervista sul
rapimento Moro a tale Davide, “carabiniere infiltrato
nelle Br” che avrebbe fatto irruzione nel covo di via
Montenevoso. E’ un racconto “esplosivo” su presunti
memoriali e audio di Moro dalla prigionia, con tanto di
dettagli erotici sui brigatisti Franco Bonisoli e Nadia
Mantovani sorpresi nudi a letto. Peccato che sia tutto
falso, dalla prima all’ultima riga, e il “Davide” in
questione non esista neppure. Nasce così, quasi vent’anni
fa, il fenomeno Feltri: un misto di bufale (come quella su
Alceste Campanile “assassinato da Lotta Continua”,
mentre è stato ucciso da Avanguardia nazionale),
rivalutazioni del fascismo (”Peccato che a scuola si
continui a studiare la Resistenza”) e linguaggio da bar
(vale per tutti il titolo sul calcio negli Usa: “Agli
uomini piace, alle donne no, ma i negri non lo
sopportano”, da cui si deduce che i “negri” non
appartengono alla categoria né degli uomini né delle
donne. Nel ‘92 Feltri è contattato da Andrea Zanussi,
editore de “L’indipendente”, al quale spiega che il
quotidiano “ha bisogno di una bella iniezione di merda”.
Detto, fatto. è il periodo di Mani Pulite e lui lo cavalca
proponendo titoli come “Cieco, ma i soldi li vedeva
benissimo”, riferito a un presunto tangentista non
vedente. Segue un falso scoop sulla morte di Pinelli, un
attacco a Indro Montanelli (ӏ arrivato il tuo 25
luglio”), e il linciaggio di Norberto Bobbio (”mandante
morale dell’omicidio Calabresi”), più un po’ di
insulti alla Guardia di Finanza (che in quel periodo sta
indagando sul Cavaliere). Quasi inevitabile nel ‘94 la
promozione al “Giornale”, appena lasciato da Montanelli.
Qui Feltri si fa riconoscere subito per i titoli farlocchi
tra cui un mitico “La lebbra sbarca in Sicilia, contagiati
a Messina quattro italiani” (vero niente). Notevole anche
“Berlusconi vende la Fininvest”, così come la patacca
sui miliardi di Milosevic “trasportati in sacchi di juta
dalla Serbia all’Italia”. Altrettanto sballate le accuse
ai giudici Piercamillo Davigo e Francesco Di Maggio di
essere soci in una cooperativa edilizia con Curtò e
Ligresti. Non mancano nuove “inchieste” revisioniste sul
fascismo, come quella sull’attentato di via Rasella
corredata da una foto falsificata della testa di un bambino
staccata dal tronco: la cosa arriverà alla Cassazione, che
nell’agosto 2007 condannerà il direttore parlando di un
“quadro di vere e proprie false affermazioni”. Avanti
così, e nel ‘95 Feltri si inventa che “la scorta del
presidente Scalfaro ha sparato a un elicottero dei
pompieri” (ovviamente è il periodo dello scontro politico
fra il Quirinale e Berlusconi). Di due anni dopo è
un’intervista taroccata a Francesco De Gregori contro il
Pci, un pezzo per cui il cantante porta Feltri in tribunale
ottenendone la condanna. Sempre nel ‘97 una nuova – più
grave – patacca costa a Feltri il posto: è quella sul
presunto “tesoro” di Antonio Di Pietro, cinque miliardi
di lire che l’ex pm è accusato di aver preso da Francesco
Pacini Battaglia. Dopo parecchie querele, alla fine è lo
stesso direttore a dover ammettere che si tratta di “una
bufala”. Segue per Feltri un periodo al “Borghese” e
al gruppo Riffeser, fino alla fondazione di “Libero”,
dove chiama a scrivere il puparo di Calciopoli Luciano Moggi
e l’ex agente del Sismi Renato “Betulla” Farina. Per
lanciarsi, il quotidiano ha bisogno di fuochi artificali: di
qui la falsa notizia che un centro sociale milanese è un
covo dell’Eta basca, di qui uno “scoop” su Donna
Rachele titolato “Mussolini era cornuto”. Poi arrivano
le accuse trasversali a Sergio Cofferati per l’omicidio
Biagi (”La Cgil indica i bersagli da colpire”) e un
altro falso scoop su Berlusconi (”Vuole lasciare la
politica”). Ma non basta, e allora Feltri parla di
pedofilia pubblicando cinque foto di preadolescenti nudi in
pose inequivocabili (con conseguente radiazione
dall’Ordine, poi tramutata in “censura”). Di questa
fase resta però ai posteri soprattutto l’elegante prima
pagina con un disegno di Prodi nudo a quattro zampe e con il
sedere alzato, pronto a farsi sodomizzare da un tappo di
champagne con la faccia di Berlusconi. Richiamato in agosto
al “Giornale”, Feltri parte subito con la campagna più
desiderata dal suo editore, puntando a tre obiettivi:
intimidire i giornalisti non allineati (occhio che se
critichi il premier ma poi paghi la colf in nero o non versi
gli alimenti all’ex moglie, io lo scrivo in prima pagina);
livellare tutti nel fango per provare che Berlusconi non è
peggiore di chi lo attacca, in base al “così fan tutti”
autoassolutorio; far fuori quanti nella Chiesa osano
criticare il premier. Così in poche settimane “il
Giornale” diventa una fabbrica di linciaggi in serie: da
Eugenio Scalfari a Enrico Mentana, da Gustavo Zagrebelsky a
Concita De Gregorio, da Dino Boffo a Ezio Mauro, fino a Ted
Kennedy e Gianni Agnelli (a Feltri infatti piace sparare
anche sui morti). A proposito: negli ultimi anni di vita,
Indro Montanelli diceva che non riconosceva più il suo
“Giornale”, gli sembrava “un figlio drogato”. Adesso
pare entrato in un’overdose senza ritorno.