SECONDA
La frutta e la verdura contengono una complessa mistura di
fitocomposti, che possiedono una potente attività
antiossidante, antiproliferativa e protettiva nei confronti
dei tumori. Queste sostanze possono esplicare effetti
cumulativi e sinergici, soprattutto se a partire dai cibi
integrali ([148], [149] e [150]). Questi fitocomposi
interferiscono con molti processi cellulari coinvolti nella
progressione del cancro. Tali meccanismi includono
l'inibizione della proliferazione cellulare, l'inibizione
della formazione di DNA-addotti, l'inibizione di enzimi di
fase 1, l'inibizione dei circuiti di trasduzione del segnale
e dell'espressione degli oncogeni, l'induzione dell'arresto
del ciclo cellulare e dell'apoptosi, l'induzione degli
enzimi di fase 2, il blocco dell'attivazione del fattore
nucleare kappa-B e l'inibizione dell'angiogenesi (149).
Sulla base di quanto riportato nel recente documento del
World Cancer Research Fund (143), frutta e verdura risultano
protettive nei confronti dei tumori del polmone, del cavo
orale, dell'esofago e dello stomaco e in forma minore di
altri siti. Il consumo regolare di legumi fornisce inoltre
una qualche protezione nei confronti dei tumori dello
stomaco e della prostata (143). È stato riportato che le
fibre, la vitamina C, i carotenoidi, i flavonoidi e altri
fitocomposti della dieta sono in grado di esercitare
un'azione protettiva nei confronti di vari tipi di cancro.
Le verdure della famiglia dell'Allium possono proteggere nei
confronti del tumore dello stomaco, e l'aglio risulta
protettivo nei confronti del tumore del colon-retto. È
stato riportato che la frutta ricca del pigmento rosso
lycopene ha azione protettiva nei confronti del cancro della
prostata (143). Recentemente, studi di coorte hanno
suggerito che elevate assunzioni di cereali integrali sono
in grado di fornire una sostanziale protezione nei confronti
di vari tipi di tumore (151). La pratica di regolare
attività fisica fornisce una protezione significativa nei
confronti della maggior parte dei più diffusi cancri (143).
Sebbene frutta e verdura contengano una grande varietà di
potenti fitocomposti, gli studi di popolazione umana non
hanno mostrato grandi differenze nell'incidenza di cancro o
nei tassi di mortalità tra i vegetariani e i
non-vegetariani ([99] e [152]). Probabilmente, sono
necessari dei dati più dettagliati sui consumi alimentari
dal momento che la biodisponibilità e la potenza dei
fitocomposti è dipendente dalla preparazione dei cibi così
come dal consumo dei cibi vegetali in forma cotta o cruda.
Nel caso del tumore alla prostata, un elevato consumo di
latticini è in grado di ridurre l'effetto chemioprotettivo
di una dieta vegetariana. Il consumo di latticini e di altri
cibi ricchi di calcio è stato associato con un rischio
aumentato di tumore alla prostata ([143], [153] e [154]),
sebbene non tutti gli studi supportino questo riscontro
(155). Il consumo di carni rosse e carni trasformate risulta
associato in modo consistente con un aumento del rischio di
cancro del colon-retto (143). Per contro il consumo di
legumi è risultato associato negativamente con il rischio
di tumore del colon nei non-vegetariani (98). In un'analisi
che combina i risultati di 14 studi di coorte, il rischio
aggiustato di cancro del colon è risultato ridotto in modo
sostanziale da consumi elevati di frutta e verdura quando
confrontati con bassi consumi. L'assunzione di frutta e
verdura è risultata associata con un ridotto rischio di
cancro del colon distale ma non di quello prossimale (156).
I vegetariani presentano un consumo di fibre nettamente
superiore rispetto ai non-vegetariani. Si suppone che un
elevato consumo di fibre sia in grado di proteggere nei
confronti del tumore del colon, sebbene non tutti gli studi
supportino questa ipotesi. Lo studio EPIC, condotto in 10
paesi Europei, ha riportato una riduzione del 25% del
rischio di tumore del colon-retto nel quartile superiore di
consumo di fibre dietetiche in confronto al quartile
inferiore. Sulla base di questi risultati, Bingham e
collaboratori (157) hanno calcolato che in una popolazione
in cui il consumo di fibre sia basso, il raddoppio
dell'assunzione di fibre potrebbe essere in grado di ridurre
del 40% il cancro del colon-retto. D'altra parte l'analisi
combinata di 13 studi prospettici ha riportato che elevati
consumi di fibre dietetiche non risulterebbero associati con
un rischio ridotto di tumore del colon-retto dopo
aggiustamento per molti altri fattori di rischio (158). È
stato dimostrato che gli isoflavoni della soia e i cibi a
base di soia possiedono proprietà anticancro. Una
metanalisi di 8 studi (uno di coorte e sette caso-controllo)
condotta nella popolazione Asiatica che tipicamente consuma
elevate quantità di soia, ha dimostrato un trend
significativo di riduzione del rischio di cancro della
mammella con l'incremento dell'assunzione di cibi a base di
soia. Al contrario, l'assunzione di soia non è risultata
correlata con il rischio di cancro nella mammella in studi
condotti in undici popolazioni dei paesi Occidentali con
basso consumo di soia (159). In ogni caso, rimane
controversa l'importanza della soia come agente
cancroprotettivo, dal momento che non tutte le ricerche
supportano il suo ruolo protettivo nei confronti del tumore
della mammella (160). D'altra parte, il consumo di carne è
stato associato in alcuni studi, anche se non in tutti, con
un aumento rischio di tumore della mammella (161). Uno
studio ha dimostrato che il rischio di tumore della mammella
aumenta del 50-60% per ogni porzione giornaliera di 100 g di
carne in più (162). Osteoporosi I latticini, i vegetali a
foglia verde e i cibi vegetali fortificati con il calcio
(comprese alcune marche di cereali per colazione, di bevande
di soia, di riso e succhi di frutta) possono fornire molto
calcio dietetico ai vegetariani. Gli studi di popolazione
trasversali e prospettici pubblicati nel corso dell'ultimo
ventennio suggeriscono che non ci sarebbe differenza tra
onnivori e latto-ovo-vegetariani nella densità minerale
ossea (BMD), sia dell'osso trabecolare che di quello
corticale (163). Sebbene esistano pochissimi dati sulla
salute dell'osso dei vegani, alcuni studi suggeriscono che
la densità ossea sarebbe ridotta nei vegani in confronto ai
non-vegetariani ([164] e [165]). Le donne asiatiche vegane
presentavano in questi studi bassissime assunzioni sia di
proteine che di calcio. Un'assunzione non adeguata di
proteine e basse assunzioni di calcio sono state associate
con una perdita di massa ossea e con le fratture del femore
e della colonna negli adulti anziani ([166] e [167]).
Inoltre, lo stato della vitamina D è risultato compromesso
in alcuni vegani (168). I risultati dello studio EPIC-Oxford
forniscono evidenza che il rischio di fratture per i
vegetariani è simile a quello degli onnivori. Il più alto
rischio di fratture nei vegani è risultato essere una
conseguenza delle ridotte assunzioni di calcio. Infatti, i
tassi di frattura nei vegani che consumavano più di 525 mg
di calcio al giorno non sono risultati differenti a quelli
degli onnivori (38). Quando si valuti la salute dell'osso,
vanno comunque considerati altri fattori associati con una
dieta vegetariana, come il consumo di frutta e verdura,
l'assunzione di soia e il consumo di verdura a foglia verde,
ricca di vitamina K. L'osso ha un ruolo protettivo nel
mantenere stabile il pH dell'organismo. È stato visto che
l'acidosi è in grado di sopprimere l'attività degli
osteoblasti attraverso l'espressione genetica di specifiche
proteine della matrice e la diminuzione dell'attività della
fosfatasi alcalina. La produzione di prostaglandine da parte
degli osteoblasti aumenta la sintesi del recettore degli
osteoblasti in grado di attivare il fattore nucleare kappaB
legante. L'induzione acida del recettore dell'attivatore del
fattore nucleare kappaB legante stimola l'attività degli
osteoclasti e il reclutamento di nuovi osteoclasti per
aumentare il riassorbimento dell'osso e tamponare il carico
di protoni (169). Un aumentato consumo di frutta e verdura
esercita un effetto positivo sull'economia del calcio e sui
marcatori del metabolismo osseo (170). L'elevato contenuto
di potassio e magnesio di frutta, frutta di bosco, verdura,
con le loro scorie alcaline, rende questi cibi degli agenti
dietetici preziosi per l'inibizione del riassorbimento osseo
(171). La BMD al collo femorale e alle vertebre lombari di
donne in pre-menopausa è risultata più elevata del 15-20%
per le donne nel quartile superiore di assunzione di
potassio in confronto a quelle del quartile inferiore(172).
Il potassio della dieta, un indicatore della produzione
acida endogena netta e del consumo di frutta e verdura, è
risultato in grado di esercitare una modesta influenza sui
marcatori di salute ossea, che nel corso della vita può
contribuire a ridurre il rischio di osteoporosi (173).
Elevate assunzioni di proteine, soprattutto se di origine
animale, possono aumentare la calciuria ([167] e [174]). Le
donne in post-menopausa che consumavano diete ricche di
proteine animali con ridotto contenuto di proteine vegetali,
presentavano un elevato tasso di perdita ossea e un rischio
di frattura del femore molto aumentato (175). Sebbene
un'eccessiva assunzione di proteine possa compromettere la
salute dell'osso, è pure evidente che ridotte assunzioni di
proteine possono aumentare il rischio di una ridotta
integrità dell'osso (176). I livelli ematici di
osteocalcina sottocarbossilata, un marcatore sensibile dello
stato della vitamina K, sono utilizzati per indicare il
rischio di frattura del femore (177) e come predittori della
BMD (178). I risultati di due ampi studi prospettici di
coorte suggeriscono una relazione inversa tra l'assunzione
di vitamina K (e di vegetali a foglia verde) e rischio di
frattura di femore ([179] e [180]). Studi clinici a breve
termine suggeriscono che le proteine della soia, ricche di
isoflavoni, sarebbero in grado di ridurre la perdita di osso
vertebrale nelle donne in post-menopausa (181). In una
metanalisi di dieci studi clinici controllati e
randomizzati, gli isoflavoni della soia hanno dimostrato di
possedere effetti significativamente benefici sulla BMD del
rachide (182). In uno studio clinico controllato e
randomizzato, le donne in post-menopausa che ricevevano
genisteina hanno mostrato una riduzione significativa
dell'escrezione urinaria di deossipiridinolina (un marcatore
del riassorbimento osseo), e un aumento dei livelli ematici
di fosfatasi alcalina osso-specifica (un marcatore di
produzione ossea) (183). In un'altra metanalisi di nove
studi controllati e randomizzati su donne in menopausa, gli
isoflavoni della soia sono risultati in grado di inibire in
misura significativa il riassorbimento osseo e di stimolare
la formazione dell'osso, in confronto al placebo (184). Per
favorire la salute dell'osso, i vegetariani dovrebbero
essere incoraggiati a consumare cibi in grado di fornire
adeguati introiti di calcio, di vitamina D, di vitamina K,
di potassio e di magnesio; quantità di proteine adeguate,
ma non eccessive; e, infine, di consumare generose quantità
di frutta e verdura e prodotti a base di soia, con minime
quantità di sodio. Malattie Renali Elevate e durature
assunzioni di proteine dietetiche (sopra 0.6 g/Kg/giorno per
una persona con insufficienza renale che non necessiti di
dialisi o sopra i Dietary Reference Intake per le proteine
di 0.8 g/kg/giorno per persone con funzionalità renale
normale), sia di origine animale che vegetale, possono
peggiorare un'esistente patologia renale cronica o causare
danni renali in soggetti con normale funzionalità renale
(185). Questo fatto potrebbe essere riferito ai più elevati
tassi di filtrazione glomerulare associati alle più elevate
assunzioni di proteine. Diete vegane a base di soia sembrano
essere nutrizionalmente adeguate per soggetti con nefropatia
cronica e possono rallentare la progressione
dell'insufficienza renale (185). Demenza Un singolo studio
suggerisce che i vegetariani sarebbero a rischio ridotto di
sviluppare demenza rispetto ai non-vegetariani (186). Questo
rischio ridotto potrebbe essere riferibile ai più bassi
valori di pressione arteriosa osservati nei vegetariani o
alle più elevate assunzioni di antiossidanti (187). Altri
possibili fattori in grado di ridurre il rischio potrebbero
includere una ridotta incidenza di malattie cerebrovascolari
e una possibile riduzione nell'uso di ormoni in
post-menopausa. I vegetariani possono comunque presentare
dei fattori di rischio per demenza. Per esempio, uno stato
mediocre della vitamina B12 è stato messo in relazione con
un aumentato rischio di demenza, apparentemente a causa
dell'iperomocisteinemia, che è stata osservata in
condizioni di carenza di vitamina B12 (188). Altri Effetti
Salutistici delle Diete Vegetariane In uno studio di coorte
è stato riportato che i vegetariani di mezza età hanno una
probabilità ridotta del 50% di presentare diverticolite in
confronto ai non-vegetariani (189). Le fibre sono
considerate essere il fattore protettivo più importante,
mentre l'assunzione di carne può aumentare il rischio di
diverticolite (190). In uno studio di coorte di 800 donne di
età compresa tra i 40 e i 69 anni, le donne non-vegetariane
avevano una probabilità più che doppia rispetto alle
vegetariane di soffrire di calcoli della colecisti, anche
dopo controllo per obesità, sesso ed età. Parecchi studi,
condotti da un gruppo di ricerca in Finlandia, suggeriscono
che il digiuno, seguito da una dieta vegana, potrebbe essere
utile nel trattamento dell'artrite reumatoide (192).
J'HO FATTA!
6 ottobre 2010 19:15 - lucillafiaccola1796
pr ben 2 volte non mi è stato inserito
visto che si sta svolgendo la srettimana mondiale
vegetariana, inserisco un'informazione lunga ma
significativa...da parte di gente che vegan certo non è
lo inserisco in due volte...
PRIMA
POSIZIONE DELL'AMERICAN DIETETIC ASSOCIATION: DIETE
VEGETARIANE ADA REPORT
DIETE VEGETARIANE E MALATTIE CRONICHE Malattie
Cardiovascolari (CVD) E' stata utilizzata l'analisi della
letteratura scientifica basata sull'evidenza per valutare lo
stato dell'arte della ricerca sulla relazione tra pattern
dietetici vegetariani e fattori di rischio CVD (96). Sono
state formulate due domande per l'analisi di evidenza: Qual
è la relazione tra dieta vegetariana e cardiopatia
ischemica? Qual è l'assunzione in micronutrienti di una
dieta vegetariana associata con i fattori di rischio CVD?
Cardiopatia ischemica. Due ampi studi di coorte ([97] e
[98]) e una metanalisi (99) hanno trovato che i vegetariani
presentano un rischio inferiore di morte per cardiopatia
ischemica rispetto ai non-vegetariani. La riduzione del
rischio di morte è stata osservata sia nei
latto-ovo-vegetariani che nei vegani (99). La differenza nel
rischio persisteva anche dopo aggiustamento per BMI,
abitudine al fumo e classe sociale (97). Questo appare
particolarmente significativo dal momento che il più basso
BMI comunemente osservato nei vegetariani (99) è un fattore
che può permettere di spiegare la riduzione del rischio di
cardiopatia nei vegetariani. Se questa differenza del
rischio persiste anche dopo aggiustamento per il BMI (NdT:
quindi la differenza nel rischio persiste anche dopo che è
stata eliminata l'influenza del BMI sul rischio stesso),
altri aspetti di una dieta vegetariana possono essere
responsabili della riduzione del rischio, in aggiunta e al
di là di quello che ci si può attendere a causa del
ridotto BMI. EAL Conclusion Statement: una dieta vegetariana
è associata con un ridotto rischio di morte per cardiopatia
ischemica. Grado I=Buono. Livelli ematici di grassi
(lipidi). Il ridotto rischio di morte per cardiopatia
ischemica osservato nei vegetariani potrebbe essere in parte
spiegato dalle differenze nei livelli ematici di lipidi.
Sulla base della valutazione dei livelli ematici di lipidi
in un ampio studio di coorte, l'incidenza di cardiopatia
ischemica è stata stimata essere inferiore del 24% nei
vegetariani dalla nascita e del 57% nei vegani dalla nascita
rispetto ai carnivori (97). Tipicamente, gli studi trovano
ridotti livelli di colesterolo totale e di colesterolo
legato alle lipoproteine a bassa densità (LDL) nei
vegetariani ([100], per esempio). Studi di intervento hanno
ottenuto la riduzione dei livelli di colesterolo totale e
LDL quando i soggetti sono stati passati dalla loro dieta
usuale alla dieta vegetariana (101, per esempio). Sebbene
esista una limitata evidenza che una dieta vegetariana sia
associata con più elevati livelli di colesterolo legato a
proteine ad alta densità (HDL) o con più elevati o più
bassi livelli di trigliceridi (TG), una dieta vegetariana
risulta associata in modo consistente con ridotti livelli di
colesterolo LDL. Altri fattori, come la variazione del BMI e
il tipo di cibi consumati o evitati nel contesto di una
dieta vegetariana, oppure differenze nello stile di vita,
possono spiegare almeno in parte la mancata consistenza dei
risultati che riguardano i livelli ematici dei lipidi. I
fattori che in una dieta vegetariana possono esercitare
effetti benefici sui livelli ematici di lipidi includono: le
più elevate quantità di fibre, il consumo di frutta secca
e di soia, la presenza degli steroli vegetali e i ridotti
contenuti di grassi saturi. I vegetariani consumano tra il
50% e il 100% in più di fibre rispetto ai non-vegetariani,
con i vegani che presentano assunzioni maggiori dei
latto-ovo-vegetariani (12). È stato ripetutamente
dimostrato che le fibre solubili sono in grado di ridurre i
liveli ematici di colesterolo totale e -LDL e di ridurre il
rischio di malattia coronarica (17). Una dieta ricca di
frutta secca riduce in modo significativo i livelli ematici
di colesterolo totale e -LDL (102). Gli isoflavoni della
soia possono avere un ruolo nella riduzione dei livelli di
colesterolo-LDL e della suscettibilità delle lipoproteine
LDL all'ossidazione (103). Gli steroli vegetali, che si
trovano nei legumi, nella frutta secca e nei semi
oleaginosi, nei cereali integrali e negli olii vegetali e in
altri cibi vegetali, sono in grado di limitare
l'assorbimento di colesterolo (NdT: dal tubo digerente) e
ridurre i livelli ematici di colesterolo (104). Fattori
associati con le diete vegetariane che possono influenzare
il rischio di CVD. Altri fattori presenti nelle diete
vegetariane possono influenzare il rischio CVD
indipendentemente dagli effetti sui livelli di colesterolo.
I cibi che ricorrono in modo frequente nella dieta
vegetariana e che possono offrire protezione nei confronti
della CVD includono le proteine della soia (105), frutta e
verdura, cereali integrali e frutta secca ([106] e [107]). I
vegetariani, inoltre, sembrano consumare più fitocomposti
dei non-vegetariani dal momento che una importante
percentuale dell'energia della loro dieta deriva da cibi
vegetali. I flavonoidi e altri fitocomposti sembrano
possedere effetto protettivo come antiossidanti e come
agenti antiinfiammatori, inoltre sarebbero in grado di
ridurre l'aggregazione piastrinica e la formazione di
trombi, e migliorare la funzione endoteliale ([108] e
[109]). È stato osservato che i latto-ovo-vegetariani
evidenziano una risposta vasodilatatrice significativamente
migliore, suggerendo un effetto favorevole della dieta
vegetariana sulla funzione dell'endotelio vascolare (110).
L'analisi dell'evidenza è stata condotta per esaminare come
la natura dei macronutrienti delle diete vegetariane possa
essere correlata ai fattori di rischio cardiovascolari. EAL
Conclusion Statement: non è stata identificata nessuna
ricerca che soddisfi i criteri di inclusione e che esamini
l'assunzione in micronutrienti delle diete vegetariane e i
fattori di rischio cardiovascolare. Grado V=Non valutabile.
Non tutti gli aspetti delle diete vegetariane sono associati
con una riduzione del rischio per cardiopatia. I più
elevati livelli di omocisteina plasmatica che sono stati
riportati in alcuni vegetariani, apparentemente
riconducibili a inadeguate assunzioni di vitamina B12,
possono aumentare il rischio CVD ([111] e [112]), sebbene
non tutti gli studi supportino questo dato (113). Le diete
vegetariane sono state utilizzate con successo nel
trattamento della CVD. Un regime dietetico quasi-vegano (che
permetteva l'inclusione solo di limitate quantità di
latticini magri e di albume d'uovo) a contenuto di grassi
molto ridotto (inferiore o uguale al 10% dell'energia
totale), associato a esercizio fisico, cessazione del fumo
di sigaretta e controllo dello stress, è stato in grado di
ridurre i livelli ematici di lipidi, la pressione arteriosa,
il peso corporeo e di migliorare la qualità dell'esercizio
fisico (114). Una dieta quasi-vegana ricca di fitosteroli,
fibre viscose, frutta secca e proteine della soia ha
dimostrato di essere efficace quanto una dieta a basso
contenuto di grassi saturi e il trattamento con statine nel
ridurre i ivelli ematici di colesterolo LDL (115).
Ipertensione Uno studio trasversale e uno studio di coorte
hanno dimostrato la presenza di ridotti tassi di
ipertensione tra i vegetariani rispetto ai non-vegetariani
([97] e [98]). Analoghi risultati sono stati riportati negli
Avventisti del Settimo giorno delle Barbados (116) e in
risultati preliminari della coorte dell'Adventist Health
Study-2 (117). I vegani evidenziano ridotti tassi di
ipertensione rispetto anche agli altri vegetariani ([97] e
[117]). Parecchi studi hanno riportato ridotti valori di
pressione arteriosa nei vegetariani rispetto ai
non-vegetariani ([97] e [118]), sebbene altri studi abbiano
osservato minime differenze nella pressione arteriosa tra
vegetariani e non-vegetariani ([100], [119] e [120]).
Almeno uno degli studi che hanno riportato ridotti valori di
pressione arteriosa nei vegetariani ha indicato il BMI, più
che la dieta, come maggior determinante della variazione,
aggiustata sull'età, della pressione arteriosa (97). I
vegetariani tendono ad avere ridotti valori di BMI rispetto
ai non-vegetariani (99); perciò, l'influenza della dieta
vegetariana sul BMI può almeno in parte determinare le
differenze riportate nella pressione arteriosa tra
vegetariani e non-vegetariani. La variabilità nelle
assunzioni dietetiche e nello stile di vita all'interno dei
gruppi di vegetariani studiati può limitare la forza delle
conclusioni sulla relazione fra dieta vegetariana e
pressione arteriosa. I fattori di una dieta vegetariana che
possono essere responsabili di una riduzione dei valori
pressori, includono l'effetto cumulativo di vari composti
benefici presenti nei cibi vegetali come potassio, magnesio,
antiossidanti, tipo di grassi della dieta e fibre ([118] e
[121]). I risultati dello studio DASH (Dietary Approaches to
Stop Hypertension), nel quale i soggetti consumavano una
dieta a basso contenuto di grassi, ricca di frutta, verdura
e latticini, suggeriscono come notevoli quantità dietetiche
di potassio, magnesio e calcio rivestano un ruolo importante
nella riduzione dei livelli di pressione arteriosa (122).
L'assunzione di frutta e verdura è risultata responsabile
di circa la metà della riduzione dei valori di pressione
arteriosa della dieta DASH (123). Inoltre, nove studi hanno
riportato come il consumo di 5-10 porzioni di frutta e
verdura sia in grado di ridurre in modo significativo la
pressione arteriosa (124). Diabete E' stato riportato che
gli Avventisti vegetariani hanno tassi di diabete inferiori
rispetto agli Avventisti non-vegetariani (125).
Nell'Adventist Health Study, il rischio di sviluppare
diabete, aggiustato per età, è risultato il doppio nei
non-vegetariani in confronto ai coetanei vegetariani (98).
Sebbene l'obesità aumenti il rischio di diabete di tipo 2,
l'assunzione di carne e di suoi prodotti trasformati si è
dimostrata un fattore di rischio importante per il diabete
anche dopo aggiustamento per il BMI (126). Anche nel Women's
Health Study, gli Autori hanno osservato un'associazione
positiva tra assunzione di carne rossa e prodotti
trasformati e rischio di diabete, dopo aggiustamento per
BMI, calorie totali e attività fisica (127). Un rischio
significativamente aumentato di diabete è risultato più
evidente in seguito al frequente consumo di carne
trasformata come pancetta e hot dog. Questi risultati si
mantengono significativi anche dopo un ulteriore
aggiustamento per il contenuto di fibre, magnesio, grassi e
il carico glicemico della dieta (128). In un ampio studio di
coorte, il rischio relativo per il diabete di tipo 2 nelle
donne, per ciascun incremento di assunzione di una porzione,
è risultato 1.26 per la carne rossa e 1.38-1.73 per la
carne trasformata (128). Inoltre, più elevate assunzioni
di verdura, cibi a base di cereali integrali, legumi e
frutta secca sono stati tutti associati con un rischio
sensibilmente ridotto di insulino-resistenza e diabete di
tipo 2 e con un miglior controllo glicemico, sia in
individui normali che in individui con insulino-resistenza
([129], [130], [131] e [132]). Studi osservazionali hanno
trovato che diete ricche in cibi a base di cereali integrali
risultano associate con un miglioramento della sensibilità
all'insulina. Questo effetto può essere in parte mediato
dai significativi livelli di magnesio e fibre dei cereali
contenuti nei cibi a base di cereali integrali (133).
Soggetti con elevati livelli di glucosio ematico possono
ottenere un miglioramento dell'insulino-resistenza e un
abbassamento della glicemia a digiuno dopo il consumo di
cereali integrali (134). Le persone che consumano circa 3
porzioni al giorno di cibi a base di cereali integrali hanno
una probabilità ridotta del 20-30% di sviluppare diabete di
tipo 2 rispetto a chi ne consuma in quantità inferiori
(meno di 3 porzioni alla settimana) (135). Nel Nurses'
Health Study, il consumo di frutta secca è risultato
inversamente associato con il rischio di diabete di tipo 2
dopo aggiustamento per BMI, attività fisica e molti altri
fattori. Il rischio di diabete per coloro che consumavano
frutta secca cinque o più volte alla settimana è risultato
ridotto del 27% rispetto ai soggetti con un consumo vicino
allo zero, mentre il rischio di diabete per gli individui
che consumavano burro di arachidi almeno cinque volte alla
settimana (equivalenti a 150 g di burro di arachidi alla
settimana) è risultato ridotto del 21% rispetto a coloro
che non ne consumavano mai (129). Poiché i legumi
contengono carboidrati a lenta digestione e sono ricchi di
fibre, è prevedibile che siano in grado di migliorare il
controllo glicemico e ridurre l'incidenza di diabete. In un
ampio studio prospettico, è stata evidenziata nelle donne
cinesi la presenza di un'associazione inversa tra
l'assunzione totale di legumi, arachidi, soia e altri legumi
e l'incidenza di diabete di tipo 2, dopo aggiustamento per
BMI e altri fattori di rischio. Il rischio di diabete di
tipo 2 è risultato inferiore del 38% e del 47% per le donne
che consumavano elevate quantità totali di legumi e soia
rispettivamente, in confronto a coloro che presentavano
assunzioni ridotte (132). In uno studio prospettico, il
rischio di diabete di tipo 2 è risultato inferiore del 28%
per le donne nel quintile superiore di consumo di verdura,
ma non di frutta, in confronto a quelle nel quintile
inferiore di consumo di verdura. I singoli gruppi di verdura
sono risultati tutti inversamente e significativamente
associati con il rischio di diabete di tipo 2 (131). In un
altro studio, il consumo di verdura a foglia verde e di
frutta, ma non di succhi di frutta, è risultato associato
con un ridotto rischio di diabete (136). Le diete vegane
ricche di fibre si caratterizzano per un ridotto indice
glicemico e un basso o moderato carico glicemico (137). In
uno studio clinico randomizzato di cinque mesi, una dieta
vegana a basso contenuto di grassi ha dimostrato di essere
in grado di migliorare in modo considerevole il controllo
glicemico in pazienti con diabete di tipo 2, permettendo al
43% dei soggetti di ridurre la terapia antidiabetica (138).
Questi risultati hanno superato quelli ottenuti nello stesso
studio dalla dieta consigliata nelle Linee Guida della
American Diabetes Association (norme dietetiche
individualizzate basate sul peso corporeo e sulle
concentrazioni ematiche di lipidi; 15%-20% di proteine;
6 ottobre 2010 18:46 - Plet
E ora di finirla con gli zoo e soprattutto con gli animali
al circo. Gli animali non devono essere rinchiusi e
maltrattati facendoli esibire per il profitto dei gestori
dei circhi.
6 ottobre 2010 11:09 - Uranya
Salve a tutti.
Si legge: "la rivoluzione che nel mondo e' stata messa in
atto con l'abolizione della schiavitu' umana, si rinnovi
anche nei confronti di quella animale. Per ora a partire da
zoo e circhi."
Ed aggiungo: ed in seguito (che preferirei fosse ora)
continuando con l'abolizione di quei lager che sono gli
allevamenti e di quelle scatole nere senz'anima che sono i
mattatoi.
La carne è un inutile forma di sofferenza e di spreco delle
risorse. Rinunciando a questo massacro il pianeta potrebbe
sfamare senza problemi anche 15 miliardi di persone...
Informiamoci sempre, e non beviamoci le assurdità del
sistema economico che dà più valore al profitto che alla
vita.