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23 giugno 2011 11:43 - giproma
per la cronaca avete mischiato due proverbi:
"fatta la legge trovato l'inganno" e "passata la festa gabbato lo santo"
21 giugno 2011 20:22 - ennio4531
Quando ancora oggi si legge "L'ACQUA ESSENDO PUBBLICA E BENE PRIMARIO DEVE ESSERE PARTE DEL PIANO NAZIONALE STATALE DIRETTO NON 'APPALTATO'", si avverte quanta illusione o demagogia regni ancora... volendo ignorare un debito statale tra i più alti del mondo, una economia asfittica e un controllo sul debito da parte dell'EU e dei mercati finanziari pari a una società in amministrazione controllata.

Ancora oggi c'è chi si illude che basta scrivere su una carta costituzionale di aver diritto a questo o a quello ... per averlo !

Beati loro !
21 giugno 2011 20:05 - ennio4531
Referendum, finita l’euforia ... contiamo i danni.

«È necessario mettere riparo in fretta ai vuoti normativi che si sono aperti», dice Sergio D’Antoni, responsabile dell’organizzazione e delle politiche del Pd sul territorio.

Le preoccupazioni del Pd, uno dei sostenitori del referendum, provengono dalle grida di dolore delle società Hera (Emilia-Romagna) e Publiacqua ( Toscana ) entrambe controllate dagli enti locali nella sfera Pd.

Hera, quotata in borsa, il 13 giugno ha annunciato che non firmerà più la convenzione con gli enti locali che prevedeva investimenti per 70 milioni di euro sulla rete idrica.

In Borsa ha perso circa il 10 per cento del suo valore, bruciando circa 187 milioni di capitalizzazione: per il Comune di Bologna (appena riconquistato dal Pd), che ha il 13% delle quote, si tratta di una perdita secca di 25 milioni e mezzo; 35 i milioni persi dai comuni della provincia.

Fanno seguito le dichiarazioni fatte al Corriere di Bologna, dall’assessore provinciale all’Ambiente della Provincia di Bologna, Emanuele Burgin, che non a caso era schierato per il no: «Serve una nuova legge nazionale, perché siamo in una situazione di stallo. Se a Bologna si fermano 70 milioni di investimenti, con tutte le conseguenze che si possono immaginare anche in termini economici e di occupazione, il dato nazionale è pari a 6 miliardi».

«Quindi — dice Burgin — non sappiamo come fare. I soldi per fare investimenti gli enti locali non li hanno. Rispettiamo la volontà espressa dal referendum, che ha abrogato una norma introdotta dal governo Prodi, ma bisogna dire con altrettanta onestà che il ricorso ai privati era l’unico modo per finanziare gli investimenti».

Erasmo D’Angelis, ex consigliere regionale toscano del Pd e oggi presidente di Publiacqua, la società idrica locale, solleva un altro problema potenzialmente esplosivo: «Da oggi, dopo l’abrogazione del 7%, che bollette mandiamo ai nostri cittadini? Formalmente dovrebbero valere le vecchie tariffe, ma mi aspetto che se non le riducessimo saremmo presto sommersi da una valanga di ricorsi dei consumatori».

E infatti il Codacons già minaccia: «Le bollette devono scendere immediatamente del sette per cento. Siamo pronti ad una class action nel caso i gestori non applichino immediatamente l’esito referendario».

Incalza De Angelis: «Dove li prendiamo adesso i soldi per le infrastrutture? Ce li daranno i sindaci?

Morale: le strade per l'inferno sono lastricate di buone intenzioni ...
21 giugno 2011 16:17 - damabianca
L'ACQUA ESSENDO PUBBLICA E BENE PRIMARIO DEVE ESSERE PARTE DEL PIANO NAZIONALE STATALE DIRETTO NON 'APPALTATO'
16 giugno 2011 11:16 - ennio4531
.. e adesso sull'acqua, cosa succederà ?

Trascrivo quanto pubblicato in rete che, a mio avviso. riassume correttamente la situazione.

IL SI’ AL PRIMO QUESITO - L’approvazione del primo quesito non stravolge il settore dei servizi pubblici locali nè vieta il coinvolgimento di privati nella gestione ma blocca un tentativo di liberalizzazione. Continueranno ad esistere gestioni pubbliche, miste, private assegnate con gara, così come affidamenti diretti a società pubbliche o miste. Se perciò il referendum non cambia quasi niente, ciò vale sia nel bene (quello delle buone gestioni) sia, purtroppo, nel male.

IL SI’ AL SECONDO QUESITO - Si elimina dalla formula di calcolo della tariffa del servizio idrico integrato la remunerazione del capitale investito. La conseguenza di ciò è che la tariffa permetterà di ripagare solo i costi operativi e gestionali, mentre tutto quanto viene investito in nuovi impianti e reti o nella manutenzione/sostituzione delle vecchie infrastrutture sarà a fondo perduto. Chi sosterrà questi costi? Nessuno, ad eccezione dello Stato o degli enti locali. Quindi: nuove tasse ?

QUALI SONO I COSTI? - Attualmente sono previsti 64 miliardi di investimenti nel servizio idrico integrato (Bluebook 2010). Questa cifra si può spiegare, in parte, per l’obsolescenza delle reti di acquedotto, che in media, in Italia, perdono il 37% dell’acqua immessa, con punte ben al di sopra del 50%. Ma non solo. L’acqua è distribuita in maniera non omogenea sul territorio: perchè sia un bene “pubblico”, e non solo di chi ne ha già in abbondanza, necessita di reti di captazione e distribuzione per raggiungere aree del Paese (come parti della Puglia e della Sicilia) dove ancora esistono problemi di fornitura regolare.

IL CONTRACCOLPO - Resta il problema di come far fronte a numerosi investimenti già stanziati per i quali le imprese si erano impegnate a far fronte contando proprio sulla tariffa come forma di remunerazione: proprio società con forte carattere pubblico, come Hera in Emilia Romagna o Publiacqua in Toscana, hanno denunciato in questi giorni il rischio di collasso relativo ai milioni di euro di investimento già in atto o previsti nel prossimo futuro.
15 giugno 2011 10:53 - ennio4531
A kimimela sfugge il fatto che con questa maggioranza di SI abbiamo conferito il monopolio assoluto di gestire una buona fetta di servizi locali ad una nomenclatura politico-burocratica-sindacale che si sentirà ancora più autorizzata a fare il cavolo che vuole ( clientelismo, parentopoli, contratti sindacali sganciati dalla produttività e dal merito, favoritismi negli appalti... ) in quanto inamovibile.

Quando kimimela scrive "Insieme, uniti si può e si DEVE cambiare il sistema." sono affermazioni di principio che sentiamo ripetere da una vita, ma che hanno il difetto di non proporre nulla sul come realizzarle in modo effettivo.

Il CANCRO sarà anche a Roma, ma non è che in provincia si scherza sulle prebende e gli intrallazzi ... che alimentano il CANCRO nazionale.

Vogliamo ricordare le migliaia di guardie forestali fasulle in Calabria , le migliaia di netturbini in Campania assunti per fare nulla, i lavori socialmente utili e le prebende da nababbi dei parlamentari della regione in Sicilia, gli appalti pilotati in Emilia Romagna, le perdite record d'acqua dell'acquedotto pugliese ecc. ecc. ecc. ....
15 giugno 2011 9:40 - Kimimela
Scusate, ma i comuni sono già presenti nella gestione dei servizi pubblici come l'acqua e la nettezza urbana attraverso le famose-famigerate "municipalizzate"... Resteranno loro, no? Almeno con i 2 Sì abbiamo impedito un maggiore guadagno ed arraffa-arraffa... o no?
Che poi in Italia si cambi la forma per avere una sostanza anche peggiore è purtroppo lo schifo caratteristico e che non vorrei vedere più!

Insieme, uniti si può e si DEVE cambiare il sistema.

Io sono anni che dico che il CANCRO è a Roma e che bisogna togliere tutti i vergognosi privilegi della casta parlamentare intoccabile che si fa le leggi AD CASTAM. Devono versare 40 anni di contributi come noi, andare in pensione a 65 anni e solo allora beccare la pensione (non faraonica come i loro sontuosi e scioccanti stipendi) etc.
14 giugno 2011 19:38 - lucillafiaccola1796
malgrado tutti i loro trukkucci son restati spiaccicati... 4 si l'hanno abrogatiiiiiiiiii!"!!!!!!!!!!!!!!!!
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