La cosa peggiore in qualsiasi opinione, discussione,
decisione, è generalizzare. Generalizzare equivale a
credere di voler dire tutto e non dire nulla. Porre tutto e
tutti sullo stesso piano a mo' di statistica del pollo è
quanto di più inutile e fuorviante possa esserci per
arrivare a conclusioni reali.
Che l'italiano pagni 50 euro al mese di corrente elettrica
è un esempio che viene divulgato in uno spot. Altrettanto
deprimente (specie anche perchè pagato con i nostri soldi)
è lo spot della Presidenza del consiglio sugli evasori.
Tutta l'informazione è, ormai, come la favola del
pastorello e del lupo. Imparare qualcosa dai giornali, sulla
recente manovra, è cosa ardua e solo adesso cominciano a
delinearsi alcune informazioni univoche, ma per giorni e
giorni ognuno ci ha bombardato con miriadi di false ed
inventate informazioni.
Quando si parla di rendite finanziarie, per potere discutere
ed accettare un confronto e non solo sentenze univoche e
personali, serve anche stabilire il dove, il come, il
quando, e a chi, se non anche il "Perchè?" e su "cosa".
Come detto i cespiti sono talmente variegati che
generalizzare banalizza ogni tentativo di dare una parvenza
di giustizia ed equità ad una risoluzione.
Volendo proprio generalizzare, le rendite finanziarie sono
il derivato guadagnato (non ricavato) di ogni operazione
avente come oggetto la moneta e tutto ciò che ne
rappresenta un suo utilizzo reale o virtuale a qualsiasi
titolo.
Se non sbaglio, spero che si parli di questo, cioè dei
frutti (volgarmente detti) cioè della resa del capitale.
Perchè il capitale si è formato(salvo che non sia stato
rubato) in tanti modi. Dall'esercizio di impresa, da
reinvestimento di guadagni, da compravendite di qualsiasi
genere, ma spesso da risparmi già tassati in ogni maniera e
distolti dal circolo consumistico per ragioni di previdenza,
acquisti futuri, aiuto a persone improduttive, riserve per
far fronte a problemi sanitari spesso costosissimi,
accantonamenti per fronteggiare problemi inflattivi, costi
di assistenza alla vecchiaia, o a figli studenti e
disoccupati, e mill'altre ragioni compresi fondi per perdite
future.
Semplicemente pazzesco è pensare di tassare pedissequamente
il possesso di questi patrimoni che hanno già subìto
tassazioni alla fonte o in corso d'opera. Questa detenzione,
chiamiamola proprietà o possesso, non è un furto di becera
memoria fallimentare e ottusa.
Corretto è pensare di tassare i valori aggiunti, ma solo
per la parte che che è realmente un utile. In ogni azienda,
un utile diviene "netto" dopo una serie di decurtazioni e
detrazioni legalmente consentite.
Corretto è dire che se possiedo 100000 euro pagati 100%(ma
le commissioni e i bolli e i diritti dovrebbero essere
defalcati) e vendo a 100%(sempre considerando le spese
deducibili) ed ho riscosso per esempio 3 cedole da 5%
cadauna, complessivamente 15% mi aspetterò una imposizione
su questo valore aggiunto, cioè del guadagno puro e
rispettando il capitale, magari raccimolato con infiniti
sacrifici. per di più sostenere il principio che "chi più
ha più deve pagare" è pura follia miope se non prescinde
dalla formazione di quanto posseduto e delle ragioni di
giustezza e correttezza di questo possesso.
Quindi scindere fra il normale guadagno finanziario che non
è giusto supertassare scriteriatamente ma colpire, invece,
duramente il guadagno speculativo.
15 dicembre 2011 19:24 - ennio4531
@pedone
Ribadisco e preciso che alla tassazione dei fondi comuni
sia italiani ( dal 1 luglio 2011 ) che esteri(sicav) è
applicato dal fisco il 'patto leonino' ( .. patto vietato
dal codice civile ), per cui in presenza di guadagno il
fisco pretende la sua parte e in caso di perdita il fisco
gli dice: arrangiati !
15 dicembre 2011 19:10 - ennio4531
@pedone
Richiedere una maggiore tassazione dei redditi da attività
finanziarie per il semplice fatto che alta è la tassazione
sui redditi di lavoro, non mi sembra un argomento
convincente.
Se dovessimo seguire la sua tesi, potremmo stabilire in
modo del tutto opinabile che comunque la pressione sui
redditi di lavoro è sempre alta e quindi giusto è
espropiare il capitale !
Interessante sarebbe fare un confronto con le aliquote
applicate ai redditi di lavoro negli altri paesi europei.
Io ho trovato quelle francesi che sui redditi più alti
battono quelle italiane:
Fino a €4,262 0%
€4,262 - €8,382 6.83%
€8,382 - €14,753 19.14%
€14,753 - €23,888 28.26%
€23,888 - €38,868 37.38%
€38,868 - €47,932 42.62%
oltre €47,932 48.09%
Sui capital gain :
I residenti che ottengono un capital gain su valori
mobiliari devono tassarlo con
un’aliquota del 16% e versare anche le tasse sociali (CSG
e CDRS pari all'8%) ...
Però il governo francese ha previsto delle esenzioni dalla
tassa sul capital gain sia
quando il guadagno deriva dalla vendita di un’abitazione
principale sia quando i
profitti sono al di sotto di un certo ammontare.
Comunque, rimane aperto il mio ultimo interrogativo:
ripristinando il credito d'imposta come ai vecchi tempi , il
fisco complessivamente ci guadagnerebbe o ci perderebbe ?
Io sostengo che in questi ultimi quattro anni c'avrebbe
perso ....
15 dicembre 2011 15:32 - Alessandro_Pedone
@ennio4531
a) sulla tassazione complessiva. Dice benissimo, dobbiamo
guadare alla tassazione complessiva. Infatti dovremo tassare
di più le rendite finanziarie e di meno quelle sui redditi
da lavoro. Il nostro problema non è la tassazione sui
redditi finanziari, ma quelli sul lavoro. Con la tassazione
al 20% ci avviciniamo ad una tassazione giusta (considerate
anche le altre imposte, specialmente se ci fosse una
patrimoniale su questi redditi con aliquota un po' più
sostenuta dello 0,15% e magari progressiva). E' la
tassazione sui redditi da lavoro che è SCANDALOSAMENTE
alta.
b) sulla tassazione dei dividendi le ho dato parzialmente
ragione. E' un caso di doppia tassazione (ci sarebbe da
argomentare un po' perché la materia è più complessa di
come la mette giù lei). Però dobbiamo considerare che la
rendita sulle azioni è solo parzialmente composta da
dividendi ed in larga parte è composta da plusvalenze
(quando ci sono!). Non è corretto dire che la tassazione
sulle azioni supera il 60%.
c) sul discorso dei fondi comuni non so bene a cosa si
riferisce. Forse si riferisce alla distinzione fra rendita
da capitale non compensabile con le minusvalenze. In questo
caso si tratterebbe delle sicav di diritto estero.
se si riferisce a questo, concordo ancora pienamente con
lei. Si tratta di una legislazione letteralmente folle che
consente, talvolta, di applicare una tassazione anche su
investimenti in perdita! Questo è l'aspetto della
tassazione da contestare, non l'aliquota alta, ma la
normativa folle.
Per questo ho apprezzato il cambiamento del super-bollo di
Tremonti che era una vera e propria patrimoniale inversa
odiosa ed orribile nei dettagli.
Tornando al tema centrale dell'articolo. La tassa sulle
transazioni finanziarie è una tassa sulla speculazione. Chi
investe con un'ottica di medio/lungo termine non avrebbe
niente da temere, solo vantaggi.
15 dicembre 2011 12:10 - ennio4531
@Pedone
Quando scrive ' Quando alle altre forme di imposte le faccio
presente che la tassazione attuale sulle rendite finanziarie
è largamente inferiore alla tassazione sui redditi da
lavoro e inferiore alla tassazione che c'è, ad esempio in
Inghilterra e negli Stati Uniti. ',
dimentica due aspetti del problema:
a) se parliamo di tassazione, non possiamo limitarci a
confrontare quello che ci accomoda, ma dobbiamo confrontare
il tutto. La pressione fiscale degli USA è pari a quella
italiana ?
Esiste una tassa sui c/c, dossier titoli ?
b)riguardo i dividendi, non possiamo fermarci solo alla
ritenuta prossima del 20%.
Dobbiamo a mio avviso includere anche le imposte pagate
dalla società sull'utile realizzato per avere un quadro
completo della pressione fiscale.
Per esempio: il piccolo azionista dell'Eni, ammesso un utile
netto di 100 in capo alla società, a quanto ammontano le
imposte complessive pagate su detto guadagno ?
Io sostengo che, in questi ultimi 4 anni, la tassazione
complessiva abbia superato il 55% dell'utile netto e che con
la prossima ritenuta si superarà il 60% come conteggi
sottostanti.
anno 2010
risultato ante imposte 16.540,00
imposte societarie 9.157,00
netto da distribuire 7.383,00
ritenuta 20% dividendo 1.476,60
imposte totali % 64,29%
anno 2009
risultato ante imposte 12.073,00
imposte societarie 6.756,00
netto da distribuire 5.317,00
ritenuta 20% dividendo 1.063,40
imposte totali % 64,77%
anno 2008
risultato ante imposte 19.250,00
imposte societarie 9.692,00
netto da distribuire 9.558,00
ritenuta 20% dividendi 1.911,60
imposte totali % 60,28%
In più dovremmo aggiungere l'imposta di bollo sul valore
dei titoli: per me... siamo a livelli di esproprio
mascherato.
Sul lavoro esistono tassazioni così elevate ?
No si deve tralasciare un altro aspetto della questione e mi
riferisco a quel risparmiatore che tratta solo fondi comuni:
allo stato attuale il fisco applica il 'patto leonino' ( ..
patto vietato dal codice civile ), per cui in presenza di
guadagno il fisco pretende la sua parte e in caso di perdita
il fisco gli dice: arrangiati !
Interessante sarebbe ripristinare l'obbligo di includere i
dividendi nella dichiarazione dei redditi e ripristinare il
credito d'imposta.
Non si farà... non si farà.. il fisco ci perderebbe !
15 dicembre 2011 12:09 - Cepu
Perfettamente condivisibile l'articolo di Pedone, ne
approfitto per suggerire ai risparmiatori di investire,
anche indirettamente, in impianti di produzione energia da
fonti rinnovabili. I capitali saranno sottratti alla
golosità della finanza, rientrando in economia, e
producendo reddito in funzione della posizione.
Al momento il comparto è regolato dal quarto conto energia,
ma entro breve il ministro Clini provvederà a proporre
nuova normativa in materia.
15 dicembre 2011 9:51 - savpg8801
ennio4531, hai dimenticato l'imposizione di bollo sui
depositi di titoli e su ogni altro strumento finanziario che
non lo scontava. Il tutto condito in salsa di
commissioni(non sono tasse, ma considerato che la banca le
paga le tasse sulle operazioni di servizi-e le comm.lo sono-
ne fanno parzialmente parte) che già si pagano per la C/V,
salvo quelle dei collocamenti. Poi non ricordo se ci sia
ancora o verrà rimessa quella del fissato bollato.
Insomma, non è così proprio vero che uno acquista un
titolo e lo tiene cinque o dieci anni. Il poveretto che ha
comprato l'unico bot da 5000€ e lo mantiene(rinnovandolo)
per vent'anni, è raro.
Gli operatori economici (in primis banche) convincono a fare
operazioni di arbitraggio, a vendere titoli non più(a loro
detta, spesso non ben conteggiati a guisa personale del
cliente) remunerativi favorendone altri con qualche
centesimo in più o durta maggiore, cosicchè dimostrano un
"rendimento" superiore. Tipo il messaggio spread che fuorvia
molti inconsapevoli.
I giochi sono tanti.
E le operazioni di compravendita sono soggette a
commissioni, sia in acquisto che in vendita, con tutte le
spese accessorie che ne conseguono.
Vero è che uno 0.1% o meno, inciderebbe poco anche sulle
commissioni che viaggiano nell'ordine dell' 0.3 ± 0.6 o
più %, quindi non particolarmente incidente, ma considerato
tutto, e non da ultimo le perdite in conto capitale che ogni
tanto si verificano per vicende di crisi
economico-politiche-speculative, l'aggravio è notevole.
Infatti chi detiene titoli che mediamente si svalutano del
15-20% (btp che tre mesi fa marcavano 102 ora sono a 86)
ccteu che perdono oltre il 20%, altri titoli corporated
anche peggio, azioni non ne parliamo (tipo Finmeccanica che
è sotto dell'86%, non è una balla!).
Se adesso a fine anno io faccio un po' di bilancio e pongo
in minusvalorizzazione tutto ciò, e vado a quantificare
tutte le spese in comm.e tasse e altro indotto sulle
transazioni, anche di numero relativo, mi trovo a vedermi
disinvogliato ad effettuarne ancora, andando a cercare
qualche prodotto (ora ancora più difficile-almeno a botta
fresca, da trovare) che mi dia almeno qualche soddisfazione
in più anche solo garantendomi un misero valore del
capitale investito (mancando frutto, è come dire che il
capitale, comunque, si svaluta ugualmente in relazione
all'inflazione e al costo della vita.
15 dicembre 2011 7:03 - Alessandro_Pedone
@ennio4531
La tassa sulle transazioni finanziarie avrebbe conseguenze
minimi, pressoché nulle per il normale risparmiatore.
Mentre le società finanziarie che fanno milioni di
transazioni all'anno e che rappresentano uno dei grossi
fattori di instabilità del sistema sarebbero costrette a
ridurre le loro transazioni. Se il guadagno medio per
transazione è nell'ordire delle frazioni di punti
percentuali, una tassa dello 0,05% può mangiare la grande
parte dei guadagni.
Se invece l'investimento è visto come dovrebbe essere
(affinché sia utile al complesso della società, oltreché
al singolo, ovvero in investimento detenuto in portafoglio
per anni, non per poche ore quando non minuti) i rendimenti
per ogni operazioni dovrebbero essere nell'ordine di decine
di punti percentuali. Una tassa di pochi millesimi è
sostanzialmente irrilevante.
Si potrebbe anche progettare in modo che escluda
completamente le transazioni effettuate da privati entro un
certo limite (potrebbe essere limite d'importo, limite di
transazioni annue, limite di tempo fra acquisto/vendita).
In ogni caso, se uno acquista un titolo e lo tiene per
alcuni anni (come dovrebbe essere la norma, se il mondo
finanziario fosse normale e non pervaso da logiche assurde
come oggi) e paga un'imposta sulla transazione fra acquisto
e vendita pari allo 0,1% non vedo proprio il danno.
Quando alle altre forme di imposte le faccio presente che la
tassazione attuale sulle rendite finanziarie è largamente
inferiore alla tassazione sui redditi da lavoro e inferiore
alla tassazione che c'è, ad esempio in Inghilterra e negli
Stati Uniti.
L'innalzamento dal 12,5% al 20% (che non vale per i titoli
di stato) ha comunque mantenuto l'aliquota ampiamente al di
sotto della tassazione sui redditi di lavoro (comprese
quelle d'impresa). Sulla "doppia tassazione" sui dividendi
ha parzialmente ragione ed è una delle tantissime storture
di un sistema fiscale totalmente folle poiché frutto di
stratificazioni assurde di norme pensate con i piedi (se
vuole le faccio anche esempi di tassazioni sulle perdite!).
Come ho scritto altre volte
(http://www.aduc.it/articolo/riforma+radicale+fisco_19516.ph
p) io sarei per una riforma radicale del fisco basato su due
sole tasse, una sulle transazioni monetarie ed una sul
possesso dei beni. Via le imposte sui redditi e via anche le
imposte sui consumi. Imposte da applicare in modo totalmente
automatico, aliquote assolutamente minime (nell'ordine
dell'1%). Via ogni forma di complicazione. Aboliamo anche la
tassa implicita costituita dai professionisti di fatto
obbligatori che servono per districarsi nella giungla delle
norme, oltreché i costi assurdi che lo stato deve
sopportare per incassare queste tasse.
Come ho dimostrato nell'articolo sopra citato, i numeri per
fare una cosa del genere, ci sono.
Le uniche altre forme di tasse diverse che "tollererei" sono
appunto le tasse "piguviane" che hanno non tanto lo scopo di
avere gettito, quanto quelle di scoraggiare comportamenti
che danneggiano la società (come inquinare l'ambiente,
provocare malattie, destabilizzare il sistema finanziario,
ecc.).
Capisco che la parola "tasse" fa venire il sangue al
cervello a molti, ma provi a ragionarci un po' su. Non tutto
ciò che si chiama "tassa" è necessariamente negativo.
Dipende da cosa si tassa. Se si tassa una cosa positiva, la
tassa è negativa, se si tassa una cosa negativa, la tassa
è positiva. Ci pensi su.
15 dicembre 2011 0:19 - ennio4531
Se passerà anche la Tobin tax, mi domando quale incentivo
ci sarà a risparmiare, investire e rischiare in Italia
quando finanza e aziende saranno complessivamente
assoggettate alle seguenti imposte:
- Tobin tax sulla compravendita dei titoli;
- imposte a carico delle società sugli utili;
- ritenuta sulla parte di utili distribuiti;
- ritenuta su eventuali capital gain;
- imposta sul valore del titolo detenuto .
14 dicembre 2011 22:22 - savpg8801
Come sappiamo, è materia altamente e da sempre
controversa.
Che il premier, con molta titubanza- non so se reale o
misuratamente e convintamente espressa - ne abbia accennato,
non significa che stia sulla linea del precedente
sostenitore.
Come dice Pedone è di difficile realizzazione e dovrebbe
essere pressochè universale.
Tutto il mondo speculativo la vede ovviamente con
preoccupazione, ma molto di più chi opera diciamo
"normalmente" rasentando la speculazione, cioè si accoda al
trading sfruttando le onde emotive create ad hoc in
conseguenza di vicende ad esse propedeutiche.
Tuttavia sono molto restio a credere che una ulteriore tassa
potrebbe (pur anche riducendo la globalità delle
transazioni finanziarie, almeno agli inizi e sino a quando
non vengano messi in moto meccanismi di compensazione o
occulte contromisure) nel tempo, mortificare i mercati,
specie quelli "importanti" speculativi i quali
assorbirebbero facilmente l'imposta, traslandola.
Più verosimilmente, andrebbe, come al solito, a colpire le
comuni transazioni effettuate da comuni investitori, tipo
retail, che la pagherebbero comunque, appoggiandosi, essi,
di norma a operatori più grossi che, per operatività
possono ricadere nell'ambito di una eventuale
discrezionalità impositiva fatta apposta per loro.
Quel principio semplicemente riportato del "concetto che chi
più inquina paga" è altamente iniquo e discriminatorio in
quanto prevede l'esercizio del "lusso" di inquinare a chi ha
i soldi. Inquinare COMUNQUE, quindi parziale o nulla
risoluzione del problema. Come similitudine universale.