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14 febbraio 2017 18:55 - lucillafiaccola1796
a me sembra che perkulando perkulando il Contribuente Italiano, i tre "poteri" che da "costituzionali" sono diventati "privati" ad uso impropriamente proprio del "legislativo" accorpato con lo "e$ecutivo" amico e nemico del "giudiziario" praticamente una tridittatura, spingono il "Popolo" verso l'estrema destra anche quelli che con la mente e con il cuore si trovavano tutto a sinistra. Ora cercano di perpetrarci l'estrema perkulatura: RIFONDARE l'europa, perché si stanno merdelando sotto. Forse non vogliono inculcarsi nel fazioso cervelletto che li abbiamo mandati a quel sedere con brexit, trump, 4 dicembre e prossimamente con lepen marine la e salvini qua. Certo ne pagheremo il fio, ma già lo abbiamo pagato e lo stiamo pagando con i sepolcri sbianchettati demoNIOcristiani. Peggio di così non esiste. I 5 stalle si sono sfankulati con gli alemagnari di pane e pezzette e ortaggi bollentir. Quindi virare tutto a D-EST. La miglio Giustizia è la Vendetta Personale. Fai da te. http://www.ilfattoteramano.com …omissis…
2) Per esempio, chi ha titolo per parlare sono i familiari delle vittime della strada. Il quotidiano Il Centro ha intervistato Pasqua Gina D’Ambrosio, un’insegnante di Colonnella che ha perso il suo unico figlio nel 2008 per colpa di un pirata della strada ad Alba Adriatica: “In questo Paese chi pensa alle vittime? Senza giustizia non c’è pace e noi familiari delle vittime della strada non avremo pace finché non avremo giustizia”. “Senza giustizia non c’è pace”. Parole che interrogano i politici e i magistrati. Specie se si considera che Pasqua Gina ha subito la più crudele delle ingiustizie come sale sulle sue insanabili ferite: infatti il pirata della strada che ha ucciso suo figlio – con una criminale inversione di marcia – non è stato mai processato e l’inchiesta penale è stata archiviata nonostante tre richieste d’opposizione.
Questo accade in Italia. Questo accade in Abruzzo. Non mille anni fa ma proprio oggi. Con le cronache che ci raccontano quotidianamente fatti incomprensibili, come la condanna a 30 anni di galera per la professoressa che in America ha avuto una relazione sessuale con tre suoi studenti (due 17enni e un 16enne), mentre in Italia due pedofili rei confessi sono stati condannati il primo a sei anni di carcere (un pensionato barese che ha abusato ripetutamente di un dodicenne disabile), il secondo ad otto anni di prigione (pedofilo di Savona autore di una violenza sessuale aggravata nei confronti di una bambina di cinque anni).
È evidente che da noi la Giustizia non funzioni a nessun livello, oltre alla straordinaria lentezza che la contraddistingue da decenni, una lentezza che si traduce in ulteriore ingiustizia.
Pasqua Gina spiega molto bene il cancro che attanaglia lo Stato: “io mi chiedo dove sia il confine tra vendetta e giustizia. La sensazione comune di noi familiari delle vittime della strada spesso è quella del più totale abbandono. Sono anni che noi familiari facciamo presente il rischio di farci sopraffare dal desiderio di “farsi giustizia da sé” e purtroppo è accaduto quel che da tempo temevamo. Uno Stato, ed uno Stato di diritto, non può permettere ad una persona di farsi giustizia da sola, ma spesso, anzi quasi sempre, la mancanza di una giusta sanzione impedisce la riconciliazione del reo con i familiari delle vittime e con la società. Io non mi sento in alcun modo di condannare in questa fase Fabio Di Lello. Io credo che oggi in Italia ci sia un eccesso di garantismo: per evitare di punire troppo i colpevoli ci si dimentica delle vittime e non le si tutela. Lo Stato e le istituzioni ignorano il dramma di chi perde un familiare sulla strada e assiste impotente a sentenze di patteggiamento, a imputati che non fanno un giorno di carcere. Ci sono familiari che si sono suicidati per il dolore. A loro chi pensa? I familiari delle vittime della strada vengono lasciati soli e la mancanza di giustizia genera disperazione, quella disperazione che è la causa di questi gesti estremi”.
3) Terzo aspetto da considerare: è possibile che il fornaio Fabio Di Lello, che era in cura psichiatrica e sotto effetto di psicofarmaci da mesi, girasse armato di pistola senza che nessuno si allarmasse?
Possibile che Fabio abbia potuto acquistare a settembre 2016, cioè due mesi dopo la morte di sua moglie, una calibro 9 senza che nessuno si allarmasse?
Possibile che nessuno gli togliesse il porto d’armi? Possibile che si recasse regolarmente al Poligono di tiro ad esercitarsi a sparare?
Possibile che Fabio il primo dicembre 2016 abbia donato tutti i beni di sua proprietà – fra i quali l’appartamento e la quota del forno – ai suoi familiari, senza che nessuno si allarmasse? Senza che nessuno si preoccupasse di un’ipotesi di suicidio?
Lo Stato dov’era?
4) Quando una legittima richiesta di giustizia si trasforma – attraverso la conoscenza dei numerosi precedenti simili – in manifesta sfiducia nella legge e nelle istituzioni, allora la disillusione, la rassegnazione al peggio e l’odio insopprimibile trasformano un vedovo in un giustiziere.
“La vendetta non è mai giustizia” ha sottolineato l’Arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte. Forse. Ma di certo rappresenta un riequilibrio, un regolamento di conti, una livella contro l’iniquità del caso, una sanzione contro l’imprudenza di chi – accettando il rischio di passare con il semaforo rosso – aveva spezzato una vita umana, anzi due, visto che Roberta era pure incinta e Fabio ha perso anche il figlio oltre alla moglie.
Una sanzione brutale finché si vuole, esagerata finché si vuole, ma comprensibile – benché non giustificabile – in Paesi come il nostro dove la giustizia o non esiste, oppure arriva troppo tardi con il risultato di rivelarsi inefficace, oppure ancora colpisce troppo poco i colpevoli rispetto alla gravità delle loro condotte.
Del resto Di Lello non faceva mistero delle sue angosce: “Mi chiedo dov’è giustizia? Mi rispondo, forse non esiste!”. Ed è proprio così. Dalla quotidiana esperienza che ciascuno matura, è opinione diffusa e condivisa che la giustizia non funzioni e non svolga affatto il suo compito, non già per inerzia o incapacità dei magistrati, bensì per un sistema giuridico troppo orientato al lassismo, al perdono, agli sconti di pena, all’annacquamento delle responsabilità.
UNA QUESTIONE POLITICA CHE GENERA MALESSERE, UNO SQUILIBRIO LEGISLATIVO CHE PUNISCE GLI ONESTI, MA CHE PREMIA I DISONESTI, I FURBI, I FIGLI DI PUTTANA, I LADRI, GLI ASSASSINI, I MALFATTORI DI TUTTE LE RISME, CON CIÒ PUNENDO DUE VOLTE LE VITTIME E I LORO CARI, I QUALI DEVONO SOMMARE DOLORE AL DOLORE, SOFFERENZA AD ALTRA SOFFERENZA.
5) Il Procuratore della Repubblica di Vasto, Giampiero Di Florio, si è sentito accusato sia dall’Arcivescovo Forte (il quale aveva dichiarato che con una giustizia veloce e con una pena esemplare la tragedia si sarebbe potuta evitare), sia dalla rete e dai social (laddove dilagano inneggiamenti all’odio e giustificazioni della vendetta quale metodo di composizione dei conflitti sociali).
Di Florio sostiene che “La giustizia terrena stava facendo mirabilmente il suo corso”, nel senso che la prima udienza per l’omicidio di Roberta era fissata per la fine di febbraio 2017, CIOÈ OTTO MESI DOPO L’ASSASSINIO.
Mi rendo conto che il tribunale di Vasto abbia tempi migliori della media europea, ma credo che sia il caso di ridurre drasticamente le medie europee – rispetto ad esempio a quelle americane – se la totalità della popolazione italiana percepisce una lentezza insopportabile della giustizia.
6) Dal canto suo, Monsignor Bruno Forte ha ribadito che “le lentezze oggettive in tanti casi mettono a rischio prontezza ed efficacia dell’esercizio del potere giudiziario nel nostro Paese. Sul principio che una giustizia lenta non sia più giustizia sono certo che anche il Dr. Di Florio sia d’accordo con me”.
Siamo d’accordo tutti, ma non può essere sottaciuto che siccome il sistema non funziona da decenni, nella situazione odierna in Italia non si può affatto biasimare chi si fa giustizia da sé, mettendo a nudo l’incapacità dello Stato di regolare efficacemente i rapporti sociali.
Forte rincara la dose: “è un fatto che la scarsità di organico e a volte la farraginosità di alcune leggi rendono problematico nel nostro Paese il rapporto temporale che esiste fra atti delittuosi e sentenze in merito”. Esatto.
7) La vendetta era una reazione consueta nelle società primitive, ma in Italia le norme sul delitto d’onore sono state abrogate solo 35 anni fa nel 1981, per cui non è illogico che i cittadini pensino insistentemente a fare da sé, visto che lo Stato latita, non difende i deboli, non aiuta i giusti, non ripara i torti.
E ha un bel dire l’Arcivescovo nell’esaltare “il no etico alla vendetta che mostra la sua valenza sul piano delle relazioni sociali e della crescita dell’intera società civile. I populismi si svuotano di senso e di forza quando l’equilibrio è mantenuto e il valore dell’esercizio della magistratura è rispettato, tutelato e promosso. Se la vendetta produce solo altro male, il perdono libera anzitutto chi si sente colpito da quel veleno del risentimento e dell’odio che giunge ad accecare la mente, aiutando a ristabilire non solo la convivenza civile, ma perfino quella collaborazione fra colpevole pentito e vittima, che alla lunga rende migliori tutti e produce un salto di qualità morale nella vita sociale”.
Tutto giusto. Tutto condivisibile. Bruno Forte parla da uomo di Chiesa che invoca il “perdono che non cancella la colpa ma è il riconoscimento che la persona è più grande del male che ha compiuto. È un atteggiamento costruttivo, che porta a sfuggire il rancore e rinunciare alla vendetta. Il sopruso e la mancanza di regole sono causa dell’imbarbarimento”.
Resta il fatto che il perdono è un cammino soggettivo che non sempre si riesce a percorrere, e proprio in quei casi lo Stato dovrebbe assistere le vittime dei soprusi per evitare l’imbarbarimento, dovrebbe punire esemplarmente e velocemente i colpevoli, restituendo dignità alle vittime.
8) Fabio Di Lello ha scelto di degradarsi al livello di chi aveva ucciso sua moglie. Solo che Italo D’Elisa aveva ucciso per colpa e dunque senza volerlo, mentre Fabio ha ucciso deliberatamente e forse anche con premeditazione.
MA NELLA NOSTRA SOCIETÀ TROGLODITA È DIFFICILE DIPINGERLO COME UN ASSASSINO ED È INVECE PIÙ FACILE DIPINGERLO COME UN GIUSTIZIERE VENDICATORE DI SUA MOGLIE E DI SUO FIGLIO.
9) Il sindaco di Vasto, Francesco Menna, ha dichiarato: “C’è bisogno di dire in maniera chiara che la violenza va sempre condannata, che violenza e vendetta non sono mai le strade di una giustizia vera, che non potranno mai costituire la cura di un dolore immenso”.
Fino a qui il sindaco potrebbe anche avere ragione, ma poi prosegue: “Vorrei chiamare tutti al senso di responsabilità, al senso della legalità, che noi adulti abbiamo il dovere di consegnare come fondamento di civiltà ai tanti giovani che, in queste ore, sono spinti a schierarsi, a fare una scelta di campo: dobbiamo respingere con forza una moda distruttiva che ci porta a pensare di conoscere tutto, di poter giudicare tutto”.
E QUI NON CI SIAMO. COME FA UN SINDACO DEL PARTITO DEMOCRATICO, CHE È IL PARTITO CHE DA ANNI HA DATO PIÙ LAVORO ALLE PROCURE DELLA REPUBBLICA DI TUTTA ITALIA, A RICHIAMARSI AL “SENSO DELLA LEGALITÀ”? E vorrebbe insegnarlo ai giovani? Ma stiamo scherzando? Stia zitto Menna, perché la parola legalità applicata al PD è come la luce del sole per un vampiro.
IN CONCLUSIONE, LE COLPE DI QUESTA TRAGEDIA SONO DELLO STATO, SOTTO IL TRIPLICE PROFILO DELLA GIUSTIZIA CHE NON FUNZIONA (NON NEL CASO SPECIFICO, MA SEMPRE), DELL’ASSISTENZA PSICOLOGICA-PSICHIATRICA CHE NON HA FUNZIONATO QUANDO L’ALLARME ERA DIVENTATO ROSSO, NONCHÉ DELLE FORZE DELL’ORDINE E DELLE AUTORITÀ SANITARIE CHE SAREBBERO DOVUTE INTERVENIRE CON I CONTROLLI DEL CASO E LA PREVENZIONE DA GESTI avventati che da mesi si andavano preparando nella mente del vedovo (vedi l’acquisto della pistola, la donazione dei suoi possedimenti ai familiari, il mancato ritiro del porto d’armi, le sessioni di sparo al Poligono di tiro)
Adesso che la tragedia si è consumata e tutto il sangue è stato sparso, non resta che interrogarsi su come la politica e la società possano migliorarsi, essere più efficienti, più umane, più attente ai bisogni e ai problemi delle persone, che sono sempre più sole, sempre più in balia di se stesse, dei propri malesseri, delle proprie sofferenze, ridotte a doversi fare giustizia da sé perché nessuno è in grado di dare sollievo, di fornire una mano, di apportare un aiuto materiale e psicologico, di punire velocemente e adeguatamente i colpevoli restituendo la dignità alle vittime.
14 febbraio 2017 15:06 - albertotettamanti
questo fatto mi ha profondamente impressionato; in primis sono favorevole all'omicidio stradale per colpa dell'evoluzione che questi fatti hanno, negli anni, portato a conclusioni disastrose per i parenti delle vittime, a ciò aggiungo una certa ignavia da parte della corporazione dei magistrati, inquirenti e giudicanti.Ancora di più me ne sono convinto assistendo, casualmente, in televisione, all'intervista fatta al Procuratore della Repubblica italiana di Vasto. La sua difesa é stata in quattro mesi abbiamo fatto il rinvio a giudizio, ecco questo è il problema quattro mesi per rinviare a giudizio il protagonista di questo fatto, sono inammissibili. Le giustificazioni che ho sentito le ho giudicate puerili. Noi di questa Magistratura non abbiamo bisogno. Chiarisci il mio netto pensiero: MEGLIO UN CRIMINALE IN LIBERTà' CHE UN'INNOCENTE IN CARCERE, ma un così lungo lasso di tempo fa sorgere dubbi su tante cose sul funzionamento del terzo pilastro della nostra Costituzione, che forse dovrebbe essere aggiornato e reso più democratico con il coinvolgimento dei cittadini.
8 febbraio 2017 18:26 - lucillafiaccola1796
Sav Grande ed Inoppugnabile
8 febbraio 2017 16:13 - savpg8801
Bei ragionamenti contorti, robertocasiraghi. Tutte deduzioni da poliziotto televisivo che, andando con acute psicoanalisi comportamentali umane, a voler trovare il motivo di ogni azione attribuendolo sempre a qualcosa o qualcuno e in conflitto di interessi.
" Se io sto lavorando alla sistemazione di una finestra all'ultimo piano di uno stabile e mi cade il martello e uccide qualcuno, anche in questo caso, sono stato la causa involontaria della morte di una persona."
No caro signore. Tu hai ammazzato qualcuno a seguito della tua inadempienza a comuni regole di comportamento persino previste dalle norme sulla sicurezza sul lavoro(non solo applicabili a lavoratori in regola ma a chiunque) per cui, avendo un'arma in mano(il martello che hai portato come esempio) l'hai usata senza criterio e senza cervello e senza prendere le comuni precauzioni atte a non creare danni. Non ti sei comportato attuando la "diligenza" prevista. Quindi potresti anche averlo fatto apposta. E non si deve evocare il dubbio cavilloso delle prove non acquisite, che purtroppo, fanno parte di un'andazzo giurisprudenziale spesso abusato, ma, se ben condotto, giusto.
Il fatto è che il martello dici che ti è caduto, ma potresti anche averlo lanciato. Evochi il delitto perfetto contando sulle scusanti, sul fatto che puoi dire di non conoscere l'identità della persona, o suo numero di scarpe, ponendoti, così,ed aggrappandoti su di una ignobile difesa, sulla scusante, sulla casualità del fatto, e sulla creduta non responsabilità perchè vuoi far apparire l'occorso in modo fortuito e privo, quindi, di responsabilità.
Tutto facile, no?
Ma la maggior responsabilità che si riconduce ad un atto ritenuto irresponsabile, è proprio la deviazione congetturale che lo vuole minimizzare cercando di porre sotto luce casuale un reato quale l'omicidio compiuto. Il morto è lì, sulla strada, e se tu ti fossi preso delle precauzioni, non avresti rovinato lui, la sua famiglia, e tutto il suo indotto.
L'omicidio non sarebbe volontario se tu riuscissi a provare che qualcun'altro ti avesse dato una spinta(avendo tu un martello in mano) verso la finestra e questa spinta ti avesse fatto cadere il martello.
8 febbraio 2017 13:39 - robertocasiraghi
Nell'articolo si dice che "si comincia dall'omicidio stradale e si finisce alla giungla". Io invece sostengo che questa legge aberrante è la prova che siamo ormai alla giungla e all'inesistenza di buon senso e raziocinio nella formazione delle leggi.

L'aberrazione consiste nel confondere il risultato di un'azione non voluta con il risultato di un'azione voluta. Le azioni non volute non sono solo di tipo automobilistico. Se io in un ipermercato affollatissimo urto una signora per sbaglio e lei cade, batte la testa e muore io ho compiuto la stessa cosa dell'omicidio stradale ossia sono stato la causa involontaria della morte di una persona. Se io sto lavorando alla sistemazione di una finestra all'ultimo piano di uno stabile e mi cade il martello e uccide qualcuno, anche in questo caso, sono stato la causa involontaria della morte di una persona.

Non è un problema di buonismo o di cattivismo ma del fatto che in questo momento storico i media, i politici e chi li pilota stanno disseminando a piene mani la tolleranza verso un meccanismo psicologico interno a tutti noi che si chiama "capro espiatorio" e che è il tipico modo con cui le persone messe davanti a modalità di vita molto più difficili e stressanti rispetto al recente passato reagiscono istintivamente dando la colpa di tutto a persone o situazioni che vengono utilizzate in modo simbolico per darci modo di sfogare i nostri malumori e le nostre insoddisfazioni quotidiane. Che poi il meccanismo del capro espiatorio abbia determinato storicamente non solo la punizione dei cosiddetti "omicidi" stradali (o la crocifissione di Gesù Cristo) ma anche genocidi e pogrom contro ebrei, armeni, curdi e quant'altro è una cosa di cui forse la gente non si preoccupa perché, innocentemente, pensa sempre di essere dalla parte di chi non dovrà mai subire persecuzioni o a cui non capiterà mai di trovarsi al volante in una giornata di nebbia e di travolgere un passante che non aveva potuto vedere.

La domanda da porsi però è un'altra: perché in questo momento storico proprio i politici si mettono a fare leggi "cattiviste"? Perché i media si mettono ad esercitare la non nobile arte della "crocifissione" mediatica?

La risposta è duplice: da un lato perché così la gente, prendendosela con falsi bersagli, non va a cercarsi quelli giusti, quelli che sono responsabili della sua attuale miseria, dall'altro perché così si comincia a creare un ambiente favorevole alla graduale americanizzazione della giustizia. Se il carcere viene gestito, come in molti stati americani, da aziende private che per ogni detenuto ricevono dallo stato un importo rilevante, è chiaro che le lobby, per aumentare il giro d'affari, cercheranno buoni argomenti per convincere il legislatore ad aumentare il numero dei reati e allungare le pene detentive.

Non per niente in alcuni stati americani vale la regola che al terzo fallo (per esempio nei casi di spaccio) la pena sia il carcere a vita. Carcere a vita significa pagamento a vita delle rette da corrispondere ai gestori privati del carcere da parte dello stato! E, del resto, senza andare tanto lontano, è un fatto che i reati da droga anche da noi sono stati gestiti in modo da riempire le carceri e promuovere tutto un vorticoso giro d'affari che comincia da quello di produttori, importatori e grandi spacciatori, per passare a quello degli avvocati e terminare con gli specialisti della disintossicazione. E chissà quanti di coloro che decine di anni fa avevano applaudito con sincero entusiasmo l'uso della mano forte contro chi si droga hanno poi avuto la vita rovinata da figli o parenti caduti vittima non tanto della droga quanto delle leggi proibizioniste la cui ragione d'essere è sempre politico-economica.

Dire "chi è causa del suo mal pianga sé stesso" sarebbe quanto meno riduttivo perché innanzitutto non viene punito solo il singolo ma anche la sua famiglia (ragione per la quale io sono assolutamente contrario all'esistenza stessa delle prigioni, veri monumenti al sadismo delle società umane) e, secondariamente, perché è dimostrabile che la causa del male quasi sempre non risiede nel singolo ma nello scelte miopi o interessate degli stati (nella fattispecie, lo stato italiano) che per accontentare lobby o masse di cittadini spaventate o stressate ricorre allo strumento del capro espiatorio per nascondere le proprie responsabilità.
6 febbraio 2017 20:11 - savpg8801
Dai Lucy che ce la facciamo contro questi ipocriti! Proprio questi che hanno rovinato l'Italia mandando tutti(quasi) a casa liberi o ai domiciliari e non dando giustizia a chi ha perso affetti, soldi, dignità. Tutti i giorni è di questa. Parti lese che a causa di rei e loro sostenitori, specie avvocati e sapientoni di diritto che altro non sanno fare che infilare una dietro l'altra le pedine di un domino "legale" che dà ogni possibilità e scappatoia, determinati da leggi sempre più permissive e che hanno adottato il "princìpio" informatore che bisogna educare al posto di reprimere. Ma il delinquente incallito, lo strafottente, il mafioso, non si educano.
E mi sorge il pensiero di inquadrare questi comportamenti falsi e buonisti contrari alle logiche d'esame che le associazioni di vittime, della polizia, ed altre di cittadini comuni, mutuate anche dall'ex vituperato Presidente del Consiglio Renzi che sosteneva l'omicidio stradale e sul quale ne hanno dette di cotte e crude e dalle risoluzioni legislative(anche se troppo blande come al solito) e dalle Istituzioni deputate che hanno varato questo provvedimento e provocato la sua promulgazione, dicevo...mi sorge un dubbio che questi buonisti, cavillando e pianificando le loro argomentazioni, siano a caccia di consensi anche non politici, ma di ambizione o di interessi, non da parte delle vittime ovviamente, ma da chi reati vuole proprio commettere. E il mio sospetto è legittimo, visto che ogni tanto mordono.
6 febbraio 2017 18:09 - lucillafiaccola1796
sav: sei grandeeeee!!!!!!
6 febbraio 2017 10:47 - savpg8801
Ma insomma!! Chi viola una norma che impone un comportamento atto ad impedire di uccidere, è un assassino volontario, in quanto conseguenza di una violazione VOLONTARIA (salvo prove certe contrarie).
Tutte le altre argomentazioni sono demagogiche arrampicate sugli specchi e aria fritta.
Ben venga l'omicidio stradale, anche se fare questa differenziazione parrebbe inutile. Sulla strada o in casa, o al bar, o al supermercato, è OMICIDIO.
La formulazione di "omicidio stradale" nasce anche perchè e chissà perchè, chi ammazza o inizialmente ferisce(ma anche altri reati) è stato sempre considerato quasi un incolpevole per ragioni di buonismo e permissività o di cause indipendenti dalla sua volontà; quasi un povero scemo inabile mentale che circola, fa infrazioni inconsapevolmente, o non si rende conto delle sue responsabilità. Quindi un reato di classe B da ascrivere come "colposo"(difetto di attribuzione linguistica- stupidamente legale e in lingua burocratese-perchè se hai colpa sei colpevole e un colpevole deve essere punito secondo la gravità di ciò che ha commesso) è quasi una giustificazione solo perchè è commesso in sede stradale! E chi asserisce che il reato è "solo" frutto di un incidente, con intenzioni derubricative, è in malafede o complice di un andazzo buonistico e mitigatore con sospetto di conflitto di interessi e mania di gioco interpretativo.
Ogni cavillazione serve solo per far prolungare i processi, e sviare la verità.
5 febbraio 2017 20:49 - lucillafiaccola1796
http://ilcentro.gelocal.it/pescara/cronaca/2017/02/02/news/t ravolta-in-moto-al-semaforo-cosi-e-morta-la-smargiassi-
maledetto il primo luglio 2016. Roberta Smargiassi, 33 anni quella sera perde la vita in un drammatico incidente stradale all’incrocio fra corso Mazzini e via Giulio Cesare. La donna era in sella al suo scooter. Alle 23,40 viene investita da una Fiat Punto. Al volante c’è Italo D’Elisa. La moto finisce contro un semaforo, il corpo di Roberta viene catapultato sull’asfalto. Roberta muore. Qualcuno sostiene che avesse appena scoperto di essere in attesa di un bimbo. Ma questo particolare non è stato mai chiarito. La città è sconvolta. I genitori di Roberta chiedono giustizia. Per il marito di Roberta, Fabio Di Lello inizia l’inferno.
sto cercando,ma non trovo dati definitivi e chiari. Sembra che l'omicida stradale se la cavi perché non era né ubriaco, né drogato, e si tratta di un "volontario". In ogni caso neanche una lacrima di pietà da parte dei "midia" per Roberta Smargiassi.
Pare che in luglio a vasto ci sia stato anche un altro incidente stradale mortale.
Resta il fatto che per sbatterla contro il semaforo, la deve aver tamponata. Era notte, sembra. Bisognerebbe saperne di più, ma è quasi impossible avere informazion i precise. Comunque è morta un ragazza ed ora ne è morto un altro.
5 febbraio 2017 20:19 - lucillafiaccola1796
le cose non stanno come la raccontano. Ad agorà oggi hanno mentito spudoratamente tutti ed il povero conduttore ex bello ora bianco raso io gillette non sapeva più come barcamenarsi fra le bugie che gli avevano imposto di dire. Ben informati da fonti oneste, mi dicono che il ragazzo cui è stato sparato intanto non era su un'auto [parlano di scatola nera, ma sulle moto la scatola nera non c'è e neanche su tutte le auto ancora] è passato col rosso a gran velocità ed ha ammazzato la Signora Roberta che stava attraversando sulle strisce pedonali col semaforo verde per Lei. L'assassino motociclista si è fermato perché è caduto ed è finito anche lui all'ospedale, mentre la Roberta è finita all'obitorio. Io li conosco bene quelli che passano con queste moto a tutta velocità per le strade di Roma Centro e se non ce la fanno a fermarsi in tempo, ammazzano la gente che passa sulle strisce pedonali, tanto come si vede, anche ora che hanno inasprito le pene per l’omicidio “stradale” come fosse un omicidio di basso livello. Che differenza fa se mi ammazza uno che non è ubriaco, drogato, o altro? Mi ammazza comunque. Io, li stramaledico. Anche oggi neanche una lacrima per la Vera Vittima, La Signor Roberta. Tutti ad inveire contro il Marito. Ma come fanno a scusare l'origine di tutto questo male? Il motociclista. E pare anche che sbeffeggiasse il vedovo scorrazzando davanti al forno dove questo lavorava. Io lo so che non ce la raccontano MAI giusta. Ma io voglio andare a fondo delle cose e ci vado. A tutti i costi.
4 febbraio 2017 18:15 - lucillafiaccola1796
il Saggio sav. Mino: anch'io preferisco Caino, in quanto Agricoltore, non allevatore a fini cannibalistici, mobbizzato dall'"angelico" fratello. Abele ed il camerata di merende a botte di agnellini sgozzati e cucinati mi stanno sommamente sul "Gioiello", per non parlare di quella "renzista" di eva, che se avesse aspettato, la mela si sarebbe maturata e sarebbe caduta sulla testa dic. di adamo e tutto il parapiglia non sarebbe accaduto. Voi Maschi non avreste sudato lavorando e noi Femmine avremmo partorito senza dolore. Che renziate che ci propinano fin dall'infanzia...PN! Poracci Noi. Ma poi ci prendiamo un bel caffé e ci svegliamo dal Sonno della Ragione che genera renzi$. Fece più disastri codesto in 3 anni che Attila il Flagello di Z'Io in 8. In ogni caso ancora non si sa la verità dei fatti di come sia avvenuto l'omicidio stradale.
4 febbraio 2017 10:21 - minotauro5801
" La Pietà è ASSASSINA se Perdona chi ha UCCISO "
Che nessuno tocchi Abele, Caino va SCANNATO all' istante.
3 febbraio 2017 21:44 - savpg8801
Ben detto Minot e Lucilla; a parte che siete troppo spinti nell'osanna del giustiziere. La faccenda di chi uccide l'uccisore è roba da tempi andati, ma non di molto, anche se ancora in vigore ai tempi nostri in qualche realtà.
Ma chi si ostina a veder sempre derubricate le colpevolezze, a voler sempre difendere anche i colpevoli come fanno gli avvocati per mestiere, è altrettanto complice.
Si sa che punire il colpevole di qualcosa, non risolve mai il problema. Punire non fa resuscitare il morto. Ma punire serve a molti scopi, sia psicologici che morali, nonchè di giustizia.
E, come al solito, questo articolo ricomincia, come in passato, a fare sempre dei distinguo di finezze cavillose e irreali.
Se ne è parlato a lungo al tempo in cui si cominciò a cercare di introdurre questo reato, anche se si potevano già utilizzare altre definizioni esistenti. Anche in altri ambienti fuori di qui.
Ma c'è sempre il cavillista che ha l'idea di sostenere che uno debba avere la volontà esplicita che ammazzare qualcun'altro sia reato solo se ce l'ha nel mirino specificatamente; nome cognome, e numero di scarpe. Non è così.
Quando uno va in giro armato e spara nel mucchio non va per sparare a qualcuno in particolare. Il reato deriva nella sua massima espressione già dal fatto che vada lì armato e che non abbia la remora morale di premere il grilletto. E l'auto è un'arma. Poi drogato o alcoolizzato o deficiente o cieco, non ha importanza. Lì non ci doveva proprio essere.
L'art. 141 del C.d.S. riguardo alle norme comportamentali dell'automobilista(o di chiunque sia utente della strada) devono essere tali che non porti danno o nocumento ad altri(persone o cose). Punto. Altrimenti è passibile di intervento determinante azioni punitive. Se il substrato è questo, uno che ammazza un altro in regime già di per se punibile, è reo a tutti gli effetti di assassinio volontario per il semplice fatto che ha la coscienza di aggravare il suo già stato di punibilità e reità. Non c'entra proprio un emerito tubo che questo doppio reo volessse uccidere proprio quello che gli è capitato davanti. E' assassino e basta e pure con aggravanti. E va tolto, come minimo, di mezzo, dato che, come dicono i magistrati, potrebbe anche reiterare il reato. Quello che con l'auto si infila in un gruppo di persone e le uccide anche se non le conosceva, cos'è un benefattore delle imprese funerarie magari da premiare perchè fa incassare l'iva dallo stato?
3 febbraio 2017 19:02 - lucillafiaccola1796
radio3 “tutta la città ne parla”. Questo era l'argomento di oggi. Questi sinistri buonisti avessero detto una parola di pietà per la ragazza uccisa dall'omicida "stradale". Tutti a prendersela con il secondo omicida "giustiziere". Non si è venuti a capo della Verità: cioè come si svolse l'omicidio stradale. Sembra che dalle telecamere, l'omicida stradale fosse passato col rosso a forte velocità... Hanno parlato per un'ora di "fuffa" all'italiana e quando ha telefonato una signora narrando quanto accaduto a sua cugina assassinata sulle strisce pedonali, l'hanno con fastidio liquidata in 4 e 4 Otto. Io non mi sento proprio di dare torto al "giusiziere". Se non ci difende nessuno dagli arroganti prepotenti che non rispettano alcuna regola, la giustizia ce la dobbiamo fare da soli. Io sono convinta che la migliore Giustizia sia "cocchio per cocchio, dante per dante". Vorrei proprio indagare, ma non ne ho i mezzi, su come si svolsero in REALTA' i fatti dell'"incidente" stradale. Omicidio colposo è solo quando qualcuno ti si butta all'improvviso sotto le ruote, perché si vuole suicidare. Quindi la Migliore Giustizia è la Giusta Vendetta.
3 febbraio 2017 14:11 - minotauro5801
La Jungla e' quella delle leggi italiane, i selvaggi sono quelli che le interpretano.
All' omicida, medaglia d' Oro al valore Civile e Pensione subito.
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